Volontà popolare
10 Aprile 2016
laFonteTV (3191 articles)
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Volontà popolare

“La strada si scopre solo facendola”: queste parole lette non ricordo più dove mi tornavano in mente con insistenza sull’autobus che riportava a casa noi molisani resistenti dall’assemblea nazionale dei comitati per i referendum sociali.

Il lavoro di informazione per il referendum del 17 aprile contro le trivelle in mare era già iniziato per noi, ma ieri abbiamo capito in modo inequivocabile che questo appuntamento sarà solo l’avanguardia di una stagione difficile ed esaltante. Eravamo circa 200, ieri, in un cinema occupato di Roma, a condividere una scommessa quasi obbligata, il cui senso si è fatto sempre più chiaro man mano che si susseguivano gli interventi delle tante realtà territoriali. E poco a poco nella sala buia sullo schermo abbiamo visto comporsi il messaggio da cui partire: questo non è un paese pacificato, è un paese pieno di conflitti dove un popolo cui la parola è stata negata ora chiede con forza che essa gli sia resa. E lo chiede scegliendo gli strumenti archetipici della democrazia partecipata: il referendum, la legge di iniziativa popolare, la petizione pubblica. Tutti e tre saranno infatti proposti dalle associazioni in tutti i luoghi d’Italia dove chi ci governa ha creduto di poter espropriare gli abitanti del diritto di prendere parola per decidere il futuro della loro terra.

Volti, età, esperienze diversissime si sono confrontati ieri in un dibattito a volte tagliente, che non ha mai perso, però, un tratto distintivo raro: ognuno, nel rappresentare il suo problema, il suo conflitto, la sua lotta ha cercato con sincerità di comprendere anche la lotta, il conflitto, il problema dell’altro. Perché in tutti noi è chiara l’esigenza più pressante di questa nuova stagione: mettere insieme rivendicazioni e richieste per creare una confluenza di intenti, e arrivare ad una “democrazia ad alta intensità”, superando il senso di impotenza sgomenta che ci ha pervasi.

I quesiti referendari illustrati ieri (quattro per smontare gli aspetti più odiosi della “buona scuola” renziana, uno per fermare le trivelle in terra e in mare, uno per bloccare i 14 nuovi inceneritori previsti, uno per fermare le privatizzazioni dei servizi ora gestiti dai comuni) non sono semplicemente la reazione a emergenze sociali diverse: sono la rappresentazione concreta della volontà di ritrovare voce e diritti, ricostruire una speranza collettiva ricucendo la trama dei rapporti, inserendo in una cornice comune le storie dei territori saccheggiati e dando vita ad una vasta alleanza sociale.

Perché Ombrina ci ha insegnato che le battaglie si possono anche vincere, e che oggi parlare di devastazione dei territori significa parlare di chi decide su che cosa, di giustizia sociale, di organizzazione politica, di democrazia partecipata. Un attacco sistemico ci sta chiudendo in una gabbia dove vincono solitudine e isolamento, dove è facile farci credere che sia più semplice, dopotutto, aderire acriticamente alle idee di chi pensiamo abbia il potere: e allora la condivisione delle esperienze territoriali è l’unica strada per superare la solitudine e costruire un percorso comune che ci ridia la parola.

volontà popolareIl referendum del 17 aprile, quelli di cui si è parlato ieri a Roma, ma anche gli altri in via di definizione sul Jobs Act e quelli istituzionali sono le pietre miliari di un cammino impegnativo ma esaltante, in cui gli abitanti dei territori tornano protagonisti; si riprendono insieme il diritto di scegliere, dalle piazze in cui si raccoglieranno le firme costruiscono una nuova modalità di responsabilità sociale, sciolgono i lacci di un liberismo becero che pensa di poter vendere tutto.

È ovvio che l’entusiasmo di non essere soli e di scoprire in tanti altri la stessa urgenza di cambiamento, ieri, non ci illude sulla reale portata di questa impresa: chi ha voluto aggredire l’istruzione, la sanità, il diritto ad un ambiente sano e tutelato, le basi stesse della Costituzione non starà a guardare, e userà le armi demagogiche e mistificanti di distorsione della verità che stiamo già vedendo in atto sui media per il referendum del 17 aprile, vergognosamente anticipato e isolato senza curarsi dei tanti soldi sprecati con questa manovra. Ripeterà ossessivamente che si rischiano posti di lavoro, che il cambiamento non può essere fermato, che bisogna risparmiare, razionalizzare, innovare…

Ma noi useremo l’allegria e i colori che caratterizzarono la campagna per l’acqua pubblica, smaschereremo il mondo triste e menzognero che vogliono farci abitare e saremo capaci di spiegare che si può decidere da soli e volere un mondo altro: perché “la unica lucha que se pierde es la que se abandona”.☺

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