Caro frattura
4 Marzo 2015 Share

Caro frattura

Nella serie dedicata alle dichiarazioni programmatiche pronunciate dal presidente Frattura nella fatidica sera di maggio di due anni orsono, non abbiamo ancora trattato del tema “ricostruzione post sisma”, nonostante le sollecitazioni dei nostri lettori. Non lo abbiamo fatto per dimenticanza ma più semplicemente perché non c’era nulla da raccontare. Dopo dieci anni di fallimenti, di cattivi ricordi, di inciuci, ci saremmo aspettati, non dico le scuse delle istituzioni ai terremotati che ancora vivono nelle baracche ma almeno una qualche spiegazione, una giustificazione, un impegno, un “faremo”, come di prassi: niente, non una sola parola sul terremoto. Nel silenzio assordante di maggioranza e opposizione, una sorta di bolla di sapone dove tutti gli interessi si ricompongono, qualcuno, quella sera, tra i banchi del pubblico, rivolto al presidente gli sussurrò la parola terremoto, lui sorrise e garbatamente ringraziò per quello che aveva ritenuto un apprezzamento. In realtà per tutti fu chiaro, oratore compreso, che non si trattava delle lusinghe di un ammiratore ammaliato dall’eloquio dell’oratore ma dell’invito a parlare dei problemi irrisolti della ricostruzione. Il governatore non si fece travolgere dall’entusiasmo, parlare delle tragedie causate dal terremoto in quella memorabile sera di maggio gli sarà sembrato di cattivo gusto, e alla realtà tragica preferì il racconto della favola. L’evento che ha cambiato il destino di migliaia di persone nelle zone interne del Molise centrale non aveva lasciato alcun segno nella memoria del presidente Frattura, né abbiamo trovato indizi riconducibili alla risoluzione del problema nelle sue dichiarazioni programmatiche approvate, senza modifiche, dalla maggioranza di centro sinistra. Non hanno fatto nulla quando erano “contro” Iorio, a parte qualche scaramuccia sulla natura dell’ARPC, beghe di potere senza sostanza, si preparavano, ora che erano maggioranza, ad ignorare il problema.

A distanza di due anni dall’ insediamento in consiglio regionale, bisogna riconoscere, sono stati di parola. L’unico punto del programma sul quale non hanno cambiato idea è appunto l’assenza di un impegno sulla ricostruzione post terremoto: non c’era nel programma di governo, non c’è nell’azione di governo. Il partito della nazione ha cambiato idea sulla realizzazione dell’Autostrada, sostituendola con la metropolitana leggera di Matrice; sulle dismissioni delle società partecipate della regione, ancora tutte di proprietà della stessa; sui presidi della sanità, tutti meritevoli di esistere quando a gestirli sono gli altri, sul terremoto sono invece rimasti fedeli agli impegni non presi. In quella particolare occasione e anche dopo, avremmo preferito sapere quali sono stati i problemi che hanno impedito ai terremotati di fare rientro nelle loro abitazioni dopo dodici anni e perché gli stessi non sono stati rimossi. Purtroppo, il presidente Frattura, quando incontra i suoi interlocutori politici ama iniziare il suo intervento con un ritornello: “non parliamo del passato, ma solo del presente e del futuro” e così, il suo interlocutore, che deve farsi perdonare tante cose, accetta senza riserva alcuna di farsi condonare tutto, con il risultato che a fare le spese del loro fair play siamo sempre noi, i destinatari delle loro decisioni.

Caro presidente capisco che lei abbia un passato politico imbarazzante e non ami parlarne, ma fare politica ignorando il passato – tutto ciò che è accaduto, quali sono le vittime rimaste sul terreno, chi le ha causate – non aiuta a costruire un futuro né migliore né peggiore. Noi, intanto, visto che lei non l’ha fatto e non intende farlo, ci limiteremo a dirle cosa avremmo voluto ascoltare: ci sono circa 800 sottoprogetti di classe A su 1266 che attendono da dodici anni di essere finanziati con soldi veri e realizzati con calce e mattoni. Lei, sig. presidente, in un incontro con i baraccati di Bonefro, mosso da una forte spinta emotiva è giunto a minacciare, un po’ Tsipras un po’ Grillo, di non rispettare i vincoli imposti dalla legge di stabilità pur di trovare una soluzione al problema. Non le chiediamo di suicidarsi, ma è così difficile risparmiare un po’ di soldi per finanziare autonomamente la ricostruzione? Invece di affidarsi agli improbabili parlamentari indigeni che tutti insieme valgono la modica cifra di 15 milioni di euro e centinaia di comunicati stampa in due anni di attività pro terremotati, perché non si impegna a costruire una proposta credibile da offrire a chi vive lo stesso dramma in altre regioni italiane? Non vuole saperne del passato, ma ha mai chiesto ai suoi collaboratori a cosa sono serviti quei due miliardi di euro registrati sotto le generiche voci di ricostruzione e ripresa produttiva? Avrebbe scoperto che anche in questa vicenda ci sono tante vittime che chiedono giustizia, non oblio. Si è chiesto ancora, presidente, perché gli oltre 500 milioni di euro assegnati alla regione per la ricostruzione in fascia A non sono più sufficienti a risarcire gli sventurati in egual misura? Se solo qualcuna di queste domande l’avesse inquietata, avrebbe scoperto che indagare il passato aiuta a comprendere gli errori commessi da chi l’ha preceduta, oltre che a indicare il percorso attraverso il quale le tante vittime lasciate per strada possano finalmente avere giustizia, in buona sostanza possano diventare più uguali agli altri.

La ricostruzione è praticamente ferma da anni e in tutto questo grande pasticcio lei, presidente, rischia di essere ricordato, non per aver dato velocità al processo di ricostruzione ma per aver rimosso il dirigente della protezione civile sborsando, con soldi nostri e non suoi, due stipendi per un solo posto – della serie paghi due e ne prendi uno – oltre che per aver coperto le nefandezze del passato. ☺

 

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