dignità del lavoro  di Alessia Mendozzi
30 Maggio 2012 Share

dignità del lavoro di Alessia Mendozzi

 

La giornata del Primo Maggio, anche quest'anno, è passata con il classico programma: cortei in qualche piazza, comizi dei sindacati, parole, retorica, speranze, sventolii di bandiere. Poi è arrivato il concertone in Piazza San Giovanni a Roma, altre parole, altra retorica, tanta musica. C'è chi ne ha approfittato per passare la giornata in completo relax, chi ha fatto una scampagnata con gli amici e chi è stato costretto a lavorare, in barba alla festa stessa.

L'impressione che ho, però, è che non ci siamo fermati abbastanza a ragionare sull'attuale situazione lavorativa, sui diritti conquistati dai nostri predecessori, sulle lotte, proteste e manifestazioni, sui movimenti passati e presenti, sulla partecipazione attiva che ha permesso di migliorare le cose. Dobbiamo riflettere anche su ciò che abbiamo perso, in parte per colpa di un generale disinteresse o semplicemente per l'illusione che i diritti, una volta acquisiti, restino stabili. Nulla di più sbagliato.

Un tempo il lavoro, anche il più umile, aveva una sua dignità. Oggi, molto spesso, il lavoro è tutto fuorché dignitoso. Si studia, ci si forma, si lavora e si fanno sacrifici, per poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano, con stage non retribuiti, lavori sottopagati, richieste di flessibilità continua, seri dubbi sulla possibilità di ricevere una pensione e tanta, tantissima frustrazione.

Tempo fa un cameriere esperto diceva ai giovani camerieri alle prime armi: "Ricordati che devi servire, ma che non sei un servo". Questa frase, per me, simboleggia perfettamente il senso del lavoro, come dovrebbe essere visto, come dovrebbe essere vissuto. Quell'uomo, che faceva il cameriere come secondo lavoro quando ne aveva l'occasione, mi ha insegnato a impegnarmi sempre, anche se il lavoro che faccio non  mi piace molto. Mi ha insegnato che la cosa che conta è darsi da fare, impegnarsi, con umiltà e dedizione, ma senza rinunciare alla dignità, senza farsi calpestare. Un insegnamento, il suo, che mi accompagna ogni giorno. Mi è di conforto nei momenti di smarrimento, mi dà la forza di reagire, di restare umile andando avanti, al tempo stesso, a testa alta nei momenti difficili.

Quel cameriere era mio padre. A lui, che ha lavorato instancabilmente per una vita intera, sempre con il sorriso sulle labbra e con la voglia di fare, ho dedicato la giornata del Primo Maggio.

alessiamendozzi@yahoo.it

 

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