Futura generazione
4 Marzo 2021
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Futura generazione

Next Generation Eu [pronuncia: next generescion i-u] è il nome – incoraggiante, forse pretenzioso – del programma di ripresa economica dell’Unione Europea per far fronte ai danni causati dalla pandemia da covid-19. Il ‘pacchetto’ da 750 miliardi di euro dovrebbe consentire alla Commissione Europea di avviare nei diversi paesi membri tutte quelle iniziative volte a rendere l’Europa più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future.

Approvato nel luglio scorso, questo provvedimento non ha precedenti nella storia dell’Unione e consentirà agli Stati di usufruire di prestiti e sovvenzioni per alcuni anni. E le cifre messe in campo sono anch’esse da capogiro. L’Italia – com’è noto – sarà una delle nazioni beneficiarie. Sembrerebbe la soluzione ottimale per uscire dalla profonda stagnazione determinata dalla pandemia!

“Futura Generazione Europea” è la denominazione del progetto, se lo traduciamo in italiano. Nello specifico, l’aggettivo next indica in inglese ‘prossimo, successivo’ ma per estensione può essere tradotto con il più suggestivo ‘futura’ che veicola l’idea di prospettiva, di percorso verso il domani. E la parola ‘generazione’ immediatamente rimanda al mondo giovanile, ai tanti ragazzi e ragazze che calcheranno il suolo del continente e saranno chiamati ad abitare la nuova stagione con le aspettative di cui caricheranno il proprio domani.

Per l’avvio di questa lodevole iniziativa è necessario, però, seguire alcune prescrizioni: innanzitutto per ottenere i fondi gli Stati membri dovranno elaborare e presentare propri piani di spesa nazionali che la Commissione e il Consiglio Europeo successivamente approveranno. La Commissione ha inoltre previsto delle specifiche raccomandazioni che costituiscono il riferimento per la valutazione dei suddetti piani: si richiede particolare attenzione a quelle riforme che migliorino il potenziale di crescita, occupazione e resilienza economica e sociale.

La denominazione del progetto europeo contiene in sé idee di futuro che appaiono in netto contrasto con lo status attuale del nostro continente. L’Europa degli anni 2000, che mette in campo iniziative come la Next Generation, sembra risvegliarsi e ci si augura non soltanto per combattere le conseguenze della pandemia. A ben vedere “l’espressione ‘vecchio mondo’ riferita all’Europa è del tutto appropriata: siamo vecchi ed è con occhi vecchi che guardiamo al futuro. Le ragioni sono diverse, ma la prima è banalmente demografica: il tasso di natalità europeo è [rappresentato da] un numero che gli studiosi di demografia ritengono essere la soglia minima di sopravvivenza di un popolo”. Così Michela Murgia (Futuro interiore). E se guardiamo agli anni prossimi, dove sono i giovani? “L’Europa che verrà, che sta già venendo, avrà forse più welfare per affrontare la problematica delle malattie da invecchiamento, ma molte meno scuole e asili, diventando un posto più difficile per chi i figli vorrebbe continuare a farli”.

In Italia l’invecchiamento della popolazione risulterà progressivo nei prossimi decenni. Come sottolinea la sociologa Chiara Saraceno “manca un effettivo investimento sia sui giovani che ci sono sia su quelli che lo diventeranno nei prossimi anni, i bambini di oggi. Al punto che siamo al paradosso di avere una percentuale di laureati tra le più basse d’Europa, ma li scoraggiamo tanto da persuadere un buon numero ad emigrare, senza essere in grado di compensare l’uscita con un’immigrazione qualificata”.

Al di là degli aspetti prettamente economici, vale a dire le cifre in denaro che ogni Paese potrebbe ricevere e quindi investire, Next Genera- tion sembra partire da meritevoli premesse per quanto attiene alle finalità di crescita, soprattutto culturale ed ecologica, dell’Unione. Purtroppo, in Italia soprattutto, la materia messa in campo non viene trattata con la necessaria riflessione: sentiamo attraverso i media una valutazione approssimativa e fintamente “sentimentale” dei temi posti all’attenzione. Sarebbe stato opportuno parlare di Next Genera- tion Eu in un momento diverso dall’attuale, in una prospettiva di positiva attesa e di speranza per la realizzazione di alcuni degli obiettivi suggeriti, prendendo in considerazione proposte fattive e programmi strutturati. Al momento la classe politica, invece di accingersi a mettere mano ai reali problemi della collettività, è tutta intenta a guardare ad un futuro più prossimo – il “suo” futuro! – vale a dire l’immagine da costruire e da spendere (egoisticamente) forse per la partecipazione alla prossima competizione elettorale – non così lontana…

La Next Generation italiana sembra una meta lontana: il progetto non ha ancora mosso i primi passi. E la partenza è contornata da ombre e visioni pessimistiche. Programmare è però attività positiva, che non va accantonata né eliminata: facciamo nostra “la convinzione ostinata che non ci sono colpe del passato né pesi nel presente che possano esimerci dal prenderci la responsabilità di sognare il futuro” (Murgia). ☺

 

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