E’ in libreria l’ultimo romanzo di Paola Presciuttini per i tipi di Alberto Gaffi Editore di Roma del quale si è già discusso nell’ultima Fiera del Libro di Torino e che il 23 del corrente mese sarà presentato a Roma, presso la Libreria Tuba.
Coerentemente con il suo percorso interiore e letterario, l’autrice affronta argomenti scottanti e dibattuti in questo nostro tempo che si sta faticosamente globalizzando.
Dopo aver trattato temi come la malattia mentale, la povertà e la guerra nell’Italia del secolo scorso, l’emarginazione di genere e le discriminazioni di varia natura, il degrado ambientale spesso legato agli interessi delle multinazionali, ne Il ragazzo orchidea ci troviamo di fronte al delicato intreccio del rapporto fra un regolarmente immigrato marocchino, che si è ormai quasi naturalizzato nel nostro paese, e Beatrice, giovane e colta single fiorentina, che si appresta ad affrontare un cruciale momento dell’esistenza in cui le viene chiesto di dare un nuovo indirizzo alle proprie scelte di vita.
Il loro incontro del tutto casuale, durante il solito porta a porta di Nazim per vendere le tovaglie da cui dipende il sostentamento suo, in parte dei fratelli, e soprattutto della madre e delle due mogli che lo aspettano in Marocco insieme ai figli, è destinato a produrre una serie di eventi significativi per entrambi. Beatrice si offre di insegnare a Nazim l’alfabeto e la scrittura per lui completamente sconosciuti. Le lezioni si fanno una piacevole consuetudine e attraverso di esse entrano in contatto due mondi tanto differenti ma pienamente comunicanti fra loro.
È un’umanità felice di allargare gli orizzonti per accrescersi con la conoscenza dell’altro, con lo scambio reciproco del dono, quell’umanità che pulsa nelle pagine del libro e dà un senso anche alla sofferenza che può necessariamente esserci quando si è decisi a vivere fino in fondo, e genuinamente, una esperienza.
Nazim porta con sé le abitudini della società contadina in cui è nato e cresciuto, per tanti versi non così diversa dalle nostre radici rurali presto dimenticate, quando non rinnegate, tanto velocemente e maldestramente sostituite dalla società del benessere consumistico, della felicità comprata a buon mercato e spesso costruita sull’infelicità altrui.
Al piccolo mondo egoistico in cui vive ognuno di noi si rivolge la lettera accorata di Nazim, che citiamo, e non solo a Beatrice che in un certo senso ha fatto la sua parte con coraggio e responsabilità anche se non è bastato: da attori si può essere relegati in un batter d’occhio a spettatori impotenti, nonostante i nostri desideri ci chiamino altrove.
Con uno stile asciutto, ed estremamente efficace, l’autrice ci guida attraverso l’intreccio dei sentimenti dei personaggi in un arguto affresco dei luoghi e dei tempi di un esistere quotidiano, dove si riconoscono le schizofrenie dell’uomo contemporaneo alla ricerca di una identità e di una appartenenza etnica di cui perde costantemente le tracce nell’insicurezza e nella confusione dell’oggi.
Ne Il ragazzo orchidea c’è quel tanto di tragico, quel tanto di saggio e di ironico che fa di questo libro un viaggio e di questo viaggio conserveremo molto più di ciò che è stato messo in valigia. Buona lettura.☺
lisarizzoli@aliceposta.it
E’ in libreria l’ultimo romanzo di Paola Presciuttini per i tipi di Alberto Gaffi Editore di Roma del quale si è già discusso nell’ultima Fiera del Libro di Torino e che il 23 del corrente mese sarà presentato a Roma, presso la Libreria Tuba.
Coerentemente con il suo percorso interiore e letterario, l’autrice affronta argomenti scottanti e dibattuti in questo nostro tempo che si sta faticosamente globalizzando.
Dopo aver trattato temi come la malattia mentale, la povertà e la guerra nell’Italia del secolo scorso, l’emarginazione di genere e le discriminazioni di varia natura, il degrado ambientale spesso legato agli interessi delle multinazionali, ne Il ragazzo orchidea ci troviamo di fronte al delicato intreccio del rapporto fra un regolarmente immigrato marocchino, che si è ormai quasi naturalizzato nel nostro paese, e Beatrice, giovane e colta single fiorentina, che si appresta ad affrontare un cruciale momento dell’esistenza in cui le viene chiesto di dare un nuovo indirizzo alle proprie scelte di vita.
Il loro incontro del tutto casuale, durante il solito porta a porta di Nazim per vendere le tovaglie da cui dipende il sostentamento suo, in parte dei fratelli, e soprattutto della madre e delle due mogli che lo aspettano in Marocco insieme ai figli, è destinato a produrre una serie di eventi significativi per entrambi. Beatrice si offre di insegnare a Nazim l’alfabeto e la scrittura per lui completamente sconosciuti. Le lezioni si fanno una piacevole consuetudine e attraverso di esse entrano in contatto due mondi tanto differenti ma pienamente comunicanti fra loro.
È un’umanità felice di allargare gli orizzonti per accrescersi con la conoscenza dell’altro, con lo scambio reciproco del dono, quell’umanità che pulsa nelle pagine del libro e dà un senso anche alla sofferenza che può necessariamente esserci quando si è decisi a vivere fino in fondo, e genuinamente, una esperienza.
Nazim porta con sé le abitudini della società contadina in cui è nato e cresciuto, per tanti versi non così diversa dalle nostre radici rurali presto dimenticate, quando non rinnegate, tanto velocemente e maldestramente sostituite dalla società del benessere consumistico, della felicità comprata a buon mercato e spesso costruita sull’infelicità altrui.
Al piccolo mondo egoistico in cui vive ognuno di noi si rivolge la lettera accorata di Nazim, che citiamo, e non solo a Beatrice che in un certo senso ha fatto la sua parte con coraggio e responsabilità anche se non è bastato: da attori si può essere relegati in un batter d’occhio a spettatori impotenti, nonostante i nostri desideri ci chiamino altrove.
Con uno stile asciutto, ed estremamente efficace, l’autrice ci guida attraverso l’intreccio dei sentimenti dei personaggi in un arguto affresco dei luoghi e dei tempi di un esistere quotidiano, dove si riconoscono le schizofrenie dell’uomo contemporaneo alla ricerca di una identità e di una appartenenza etnica di cui perde costantemente le tracce nell’insicurezza e nella confusione dell’oggi.
Ne Il ragazzo orchidea c’è quel tanto di tragico, quel tanto di saggio e di ironico che fa di questo libro un viaggio e di questo viaggio conserveremo molto più di ciò che è stato messo in valigia. Buona lettura.☺
E’ in libreria l’ultimo romanzo di Paola Presciuttini per i tipi di Alberto Gaffi Editore di Roma del quale si è già discusso nell’ultima Fiera del Libro di Torino e che il 23 del corrente mese sarà presentato a Roma, presso la Libreria Tuba.
Coerentemente con il suo percorso interiore e letterario, l’autrice affronta argomenti scottanti e dibattuti in questo nostro tempo che si sta faticosamente globalizzando.
Dopo aver trattato temi come la malattia mentale, la povertà e la guerra nell’Italia del secolo scorso, l’emarginazione di genere e le discriminazioni di varia natura, il degrado ambientale spesso legato agli interessi delle multinazionali, ne Il ragazzo orchidea ci troviamo di fronte al delicato intreccio del rapporto fra un regolarmente immigrato marocchino, che si è ormai quasi naturalizzato nel nostro paese, e Beatrice, giovane e colta single fiorentina, che si appresta ad affrontare un cruciale momento dell’esistenza in cui le viene chiesto di dare un nuovo indirizzo alle proprie scelte di vita.
Il loro incontro del tutto casuale, durante il solito porta a porta di Nazim per vendere le tovaglie da cui dipende il sostentamento suo, in parte dei fratelli, e soprattutto della madre e delle due mogli che lo aspettano in Marocco insieme ai figli, è destinato a produrre una serie di eventi significativi per entrambi. Beatrice si offre di insegnare a Nazim l’alfabeto e la scrittura per lui completamente sconosciuti. Le lezioni si fanno una piacevole consuetudine e attraverso di esse entrano in contatto due mondi tanto differenti ma pienamente comunicanti fra loro.
È un’umanità felice di allargare gli orizzonti per accrescersi con la conoscenza dell’altro, con lo scambio reciproco del dono, quell’umanità che pulsa nelle pagine del libro e dà un senso anche alla sofferenza che può necessariamente esserci quando si è decisi a vivere fino in fondo, e genuinamente, una esperienza.
Nazim porta con sé le abitudini della società contadina in cui è nato e cresciuto, per tanti versi non così diversa dalle nostre radici rurali presto dimenticate, quando non rinnegate, tanto velocemente e maldestramente sostituite dalla società del benessere consumistico, della felicità comprata a buon mercato e spesso costruita sull’infelicità altrui.
Al piccolo mondo egoistico in cui vive ognuno di noi si rivolge la lettera accorata di Nazim, che citiamo, e non solo a Beatrice che in un certo senso ha fatto la sua parte con coraggio e responsabilità anche se non è bastato: da attori si può essere relegati in un batter d’occhio a spettatori impotenti, nonostante i nostri desideri ci chiamino altrove.
Con uno stile asciutto, ed estremamente efficace, l’autrice ci guida attraverso l’intreccio dei sentimenti dei personaggi in un arguto affresco dei luoghi e dei tempi di un esistere quotidiano, dove si riconoscono le schizofrenie dell’uomo contemporaneo alla ricerca di una identità e di una appartenenza etnica di cui perde costantemente le tracce nell’insicurezza e nella confusione dell’oggi.
Ne Il ragazzo orchidea c’è quel tanto di tragico, quel tanto di saggio e di ironico che fa di questo libro un viaggio e di questo viaggio conserveremo molto più di ciò che è stato messo in valigia. Buona lettura.☺
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