il tionfo del vero
27 Aprile 2010 Share

il tionfo del vero

 

In una delle sue Lezioni americane (ciclo di conferenze progettate nel 1985) Italo Calvino  dimostra l’impossibilità della scrittura senza il materializzarsi di una preesistente immagine motrice e generatrice; una storia ha bisogno di un’immagine, quasi un guizzo di luce, che la metta in moto, come la poesia di un’emozione. Ogni storia, ogni fatto si irradia da questa immagine, inizialmente schizzo, abbozzo, poi via via forma più definita.

Due secoli fa la scrittura, sotto forma di novella o romanzo, ci ha proposto la realtà “oggettiva” delle cose, non edulcorata né camuffata. Il trionfo del vero, si disse.

Così dovrebbe poter succedere anche oggi a chi, professionalmente e passionalmente, per l’impegno civile che avverte, per il piacere e per il bisogno, ma soprattutto l’urgenza di comunicare e informare, ordina i pensieri nel tentativo di darsi e dare risposte.

La realtà ci è di fronte e ci restituisce le sue immagini. Chiede di essere decodificata, raccontata, interpretata.

Quanto c’è di vero nella bella favola (perché un tempo anche le favole avevano un fondo di verità) di un bambino che esce da scuola e tutti immagineremmo sereno, quando quello stesso bambino è tenuto a pane e acqua o lasciato a terra dallo scuolabus?

Quanto c’è di vero nella rappresentazione, il più delle volte spensierata, di un adolescente, quando quello stesso adolescente, inavvedutamente e senza alcuna colpa, rimane vittima di una mina antiuomo?

Quanto c’è di vero nello stereotipo del lavoratore, quando dietro di lui sempre più frequentemente fanno comparsa la precarietà, lo sfruttamento, la notizia di una morte bianca?

Quanto c’è di vero nella figura dell’uomo politico che tutti vorremmo a tutela dei diritti faticosamente conquistati, quando ci si accorge che il desiderio primario che lo possiede è soddisfare il proprio narcisistico egoismo?

Se la forza della scrittura risiede proprio nella capacità di denudare l’ipocrisia di una società al collasso, di denunciarne i mali, di sollevare il velo solo apparentemente sfolgorante e dorato, disteso a mascherare il vuoto e ammantare ogni valore, perché, a giustificazione del negativo che avanza, si adducono le motivazioni più insensate? Perché il degrado, la decomposizione o la regressione diventano normalità? Non ci accorgiamo che nell’idea rassicurante di “normalità” rientrano ormai solo immagini lacerate, scomposte, sezionate? La linearità della storia si è ormai spezzata e frantumata.

Alle maglie di un’informazione sempre più controllata sfugge ancora la notizia dell’arresto di tre italiani di un’organizzazione non governativa il cui torto è stato mantenere fede al Giuramento di Ippocrate; tende a prevalere però l’idea che quegli stessi uomini rappresentino una forza politica di estrema sinistra, e siano quindi guerrafondai, non operatori sanitari di un ospedale in zona di guerra. Vorremmo cancellare, come si fa con un incubo notturno, l’avere assistito, grazie alle televisioni, alla conferenza stampa tenuta dal Premier a Palazzo Chigi, laddove, affiancato da autorevoli ministri, ha definito fiction la narrazione documentata di fenomeni di criminalità organizzata e di illegalità.

La realtà è stata sempre posseduta dall’inferno inteso come negatività del mondo, ma quanto più l’uomo ha cercato di descriverlo, questo inferno, tanto più è riuscito anche a superarlo e a sconfiggerlo. Un esempio eccellente ancora oggi riproposto alle nuove generazioni? Nel Trecento Dante Alighieri non si limitò ad indicare ai contemporanei le brutture di una realtà fiorentina ed europea lacerata da guerre e divisioni, ma seppe contrapporre soluzioni politiche ed etiche, peraltro inascoltate. Nel presente plaudiamo ad intellettuali come Roberto Saviano affinché ci insegnino a denunciare l’inferno della realtà odierna per acquisire, tutti, strumenti di interpretazione e di risoluzione dei problemi che il vivere insieme ci pone.

“Una cosa è certa: io, come molti altri, continueremo a raccontare. Userò la parola come un modo per condividere, per aggiustare il mondo, per capire” (Roberto Saviano).☺

annama.mastropietro@tiscali.it

 

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