l’architettura sacra
20 Febbraio 2010 Share

l’architettura sacra

Gli elementi nei quali è possibile leggere l’espressione più nitida del barocco napoletano nell’architettura sacra  sono: il sagrato rialzato, che rappresenta un simbolico riferimento all’ascensione divina, le drammatiche facciate, il portale, le piante, le cupole.

La scala

La scala è un elemento molto importante degli edifici sia rinascimentali che barocchi. La scala barocca si innesta nel cortile divenendo lo scenografico punto di fuga della visuale d’insieme del palazzo. Nel Seicento la scala è ancora relegata ad un compito essenzialmente funzionale alla struttura; quella decorativa e simbolica si presenta nei sagrati delle chiese, dove la scala segnava il dislivello tra sacro e profano, sapienza ed ignoranza, ricchezza e povertà. Solo nel Settecento si sviluppò il modello barocco della scala aperta, che si sovrappone, nella maggior parte dei casi, a strutture già esistenti. Il maggior progettista di scale aperte fu il nobile Ferdinando Sanfelice che ideò vere e proprie quinte teatrali, in cui emerge la fitta rete strutturale delle volte che scaricano il peso sui pilastri. Il motivo della scala aperta sanfeliciana fu ripreso anche da architetti di successiva formazione, fino al XIX secolo. Ciononostante non fu l’unica soluzione adottata, poiché verso la metà del Settecento si svilupparono le scale a loggiato dell’architetto Giuseppe Astarita che riprende progetti preesistenti di Giovanni Francesco Mormondo.

La scala e il sagrato

Molti edifici sacri sono preceduti da una scala-sagrato, una soluzione dovuta ad aspetti simbolici e tecnici. Dal punto di vista simbolico essa rappresenta il distacco tra il mondo laico e profano dell’esterno e il mondo spirituale e sacro della chiesa o del convento. L’aspetto tecnico invece fa della scala l’elemento con il quale è possibile superare le naturali pendenze del suolo cittadino; infatti, a causa della scoscesa morfologia, sia partenopea sia del territorio molisano, le chiese furono realizzate su veri e propri terrazzamenti, raccordati al livello inferiore mediante una serie di rampe.

Allo stesso modo le scalinate potevano servire a dare ulteriore slancio alla struttura, accentuandone sia il livello architettonico che quello simbolico.

La chiesa del Santissimo Salvatore a Toro (Cb) presenta una doppia scalinata avvolgente (fino agli anni cinquanta la scala destra era riservata alle donne, quella di sinistra agli uomini), elemento che esalta la monumentalità della facciata pur nella  povertà della decorazione del portale che è di un edificio precedente.

A Monacilioni (Cb) nella parte del paese distrutto da una frana è visibile la stessa struttura di scala di accesso alla chiesa a doppia rampa con loggiato.

La facciata

Le facciate barocche offrono un notevole repertorio di composizioni, favorite dalla cospicua presenza degli ordini monastici. Molto ricorrente è la facciata doppia, un espediente che cela dietro ad un prospetto in vista l’altra facciata. Nel complesso le facciate più monumentali risultano molto semplici, ma presentano una evidente ricchezza decorativa e risultano lievemente mosse dalle lesene, come nella chiesa dei Gerolamini. L’impianto di questa facciata si ritrova in diverse chiese del Molise, come la parrocchiale di S. Martino in Campodipietra,  e a Ripabottoni. (Si propone come prototipo la chiesa dei Gerolamini).

Il portale

Il portale, anche quando si sovrappone ad edifici già esistenti, risulta parte organica della chiesa poiché, dal punto di vista architettonico, così come nell’architettura civile, conferisce importanza e monumentalità alle facciate a causa della presenza di strade e vicoli di anguste dimensioni. In particolare il portale del XVII secolo è piuttosto semplice; è formato quasi sempre da una cornice con fasce e trabeazione che si conclude con o senza timpano. La conclusione con il timpano prevede più modalità di chiusura: quella classica ha un timpano triangolare o arcuato, ma non mancano timpani a sesto spezzati ai lati, e portali contornati da composizioni formate da linee sinuose che terminano in volute arricciate con al centro una nicchia o decorazione marmorea.

La cupola

A Napoli, la cupola ha origini cinquecentesche, ma nel XVII e XVIII secolo ne furono progettate un gran numero. La cupola napoletana subì l’influsso delle cupole romane, anche se quelle partenopee sono più semplici nelle membrature e poco ritmate da tamburi poligonali e da lanterne bizzarre.

 Le prime cupole barocche partenopee furono erette tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento; tra i primi progettisti sono da ricordare i gesuiti Giuseppe Valeriano e Pietro Provedi, entrambi impegnati nella fabbrica del Gesù Nuovo.

Le cupole più importanti risalgono alla metà del Seicento, tra il 1630 e il 1660. In questo periodo la personalità di spicco è Cosimo Fanzago, artista indiscusso del Seicento napoletano.☺

jacobuccig@gmail.com

 

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