lasciatemi sognare   di Antonio Di Lalla
30 Marzo 2013 Share

lasciatemi sognare di Antonio Di Lalla

 

L’elezione di un papa, e di questo in particolare, il 266° della storia, non può passare inosservata. Dopo il papa polacco che, col suo dinamismo accentratore, aveva finito per far identificare la chiesa con la sua immagine e di quello tedesco che aveva fatto temere seriamente fin dall’inizio l’implosione della struttura chiesa, con questo argentino osiamo sperare che sia come un raggio di sole che annuncia ormai imminente la primavera per una chiesa che è viva solo nella misura in cui è capace di rinnovarsi.

Il primo paradosso è l’elezione: il papa è un monarca assoluto, ma viene scelto democraticamente, anche se discutibilmente, da un ristretto collegio di cardinali che portano il marchio indelebile dei papi che li hanno insigniti dell’onorificenza. Se il papa è il vescovo di Roma, e il neo eletto lo ha positivamente sottolineato, non sarebbe giunto il momento che si scrolli di dosso il titolo di capo dello Stato Vaticano con tutto quello che comporta? Recupererebbe una libertà di azione che i rapporti diplomatici impediscono e, come fastidiose nubi spazzate dal vento, scomparirebbero nunziature e ambasciatori perché la buona novella non ha bisogno di filtri o di corsie privilegiate elaborate in corti mondane (negli anni bui della dittatura, per fare un esempio, il nunzio in Argentina giocava settimanalmente a tennis con il repressore!).

Dopo la felice decisione di papa Benedetto di dimettersi perché le forze gli impedivano una sana e soprattutto personale guida della chiesa, i cardinali hanno scelto ancora un anziano, già oltre l’età canonica consentita ai vescovi, perché in questa fase interlocutoria della storia sia solo di transizione, e allora ecco che mi attendo una profonda e radicale riforma strutturale perché si recuperi la freschezza del messaggio di cui la chiesa è portatrice e poi potrà tranquillamente farsi da parte anche lui.

A 50 anni dal Concilio Vaticano II è necessario riprendere tra le mani i documenti per proseguire con coraggio il rinnovamento auspicato ma purtroppo ancora solo agli inizi, a causa di continue frenate, nostalgie e pastoie di chi vuole mantenere la barca di Pietro incagliata tra le secche di comode spiagge perché ha paura del mare aperto. La domanda costante da porsi è: le scelte che si fanno sono somiglianti, per forma e stile, a quelle di Cristo e degli apostoli? La mastodontica curia vaticana, nata per aiutare il papa a svolgere il suo compito, è diventata palla al piede se non cappio al collo, zeppa come è di legulei e azzeccagarbugli il cui compito è quello di occludere ogni più piccolo spiffero di novità. Ripulirla ed essenzializzarla, riuscendo a farla franca, è la prima fatica di Ercole! La vera riforma si attua solo nella fedeltà alle origini rimuovendo le incrostazioni storiche. A mille e settecento anni dall’editto di Costantino, ci chiedevamo nel numero scorso, quanto ancora la chiesa è in connubio con il potere? Al papa che ha scelto il nome di Francesco, con chiara allusione alla povertà, tocca liberare la chiesa da privilegi materiali e politici. I concordati con gli stati, se possono avere senso in presenza di regimi dittatoriali, oggi sono già di per sé inconcepibili tanto più se rimettiamo in discussione l’esistenza di uno stato della chiesa, la personalità giuridica internazionale della Santa Sede (che designazione infelice!).

La chiesa non è terza tra Dio e il mondo, ma è chiamata ad animare proprio questo mondo amato appassionatamente dal Dio di Gesù Cristo e perciò “molti trovano ridicola l’esibizione di quei segni onorifici che potevano anche avere un loro senso in altri tempi – scrive il noto teologo Dianich. Ma soprattutto, di fronte allo spettacolo impressionante della spaventosa miseria di masse enormi di uomini, ridotti alla fame e al degrado, nessuno oggi è più capace di tollerare manifestazioni di ricchezze là dove si predica il vangelo”. Che credibilità hanno quegli ordini religiosi dove gli aderenti rasentano la miseria, non disponendo di niente, ma la struttura è così ben dotata che può garantire loro necessario e superfluo? Al povero si può rubare una sola cosa: la povertà; alla chiesa l’hanno sottratta, perciò fa fatica ad essere credibile. Non è antitetica al vangelo una banca come lo IOR? E se il contraccettivo impedisce una nuova vita, il denaro ivi custodito non soffoca la vita già nata del povero?

Un papa che come primo gesto chiede la benedizione del popolo, prima di accordare la sua, dice relazione nuova tra fedeli e gerarchia, perché questa si spiega e ha senso solo all’interno del popolo di Dio. Se il primato, così come progressivamente se lo sono cuciti addosso i papi, è la vera pietra d’inciampo nel dialogo ecumenico, ecco che bisogna andare verso la convivialità delle differenze, verso una sinodalità diffusa a cominciare dalle parrocchie, dalle diocesi fino al papato. In un mondo complesso una persona sola non può pensare di poter fare a meno del confronto con gli altri prima di arrivare a una decisione. Non sarebbe male perciò se il papa cominciasse a vivere insieme con un rappresentante (maschio o femmina che sia) di ogni continente e con questi dialogasse prima di qualsiasi pronunciamento.

Da una chiesa di divieti e di obblighi, disciplinata dal codice di diritto canonico, sogno che si debba andare, senza frapporre tempo, verso una chiesa che, poggiando sul vangelo, indichi mete ambiziose, ma che non giudichi e condanni quelli che si fermano, si attardano per strada o addirittura tornano indietro, una chiesa in cui tutti si sentano accolti e amati (divorziati risposati, omosessuali, trans, ecc.).

Solo sogni? No. Se fatti insieme sono già realtà.☺

 

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