Liberi di crescere
4 Settembre 2014 Share

Liberi di crescere

“So che tutti mi amano perché lo dimostrano in ogni cosa, ovunque e in ogni rapporto che ci unisce, ma per l´amore che nutrite per me e che io nutro per voi, vorrei che mi deste la possibilità di essere libero di crescere nel modo più naturale possibile, libero di giocare per l´amore del gioco, libero da tutti gli obblighi del vostro mondo. Lasciatemi essere un bambino. Non desiderate che io raggiunga mete che forse saranno importanti per il futuro: cercare di raggiungerle adesso potrebbe farmene mancare altre che oggi considero più importanti. Lasciatemi vivere l´età che ho, perché sarò bambino una volta sola. Non cercate di programmare troppo la mia vita o la mia personalità, non disperatevi per le mie sconfitte, o, peggio ancora, non sentitevene colpevoli. La tristezza che provo dopo la sconfitta scompare automaticamente non appena mi si asciugano le lacrime e la dimentico del tutto appena ritorno in campo, felice di giocare di nuovo e di essere un bambino. Non cercate di trionfare tramite me, non cercate di modellarmi a vostra immagine e di farmi fare quello che non siete riusciti a fare, non sprecate tempo prezioso, sono un bambino, felice di esserlo e di restarlo.

Cari genitori se desidero praticare uno sport, scegliete una società sportiva che mi piaccia, dove un allenatore mi insegnerà ad essere un buon giocatore, ma non oggi, perché adesso voglio fare quello che mi piace e quello che so fare. Non cercate di fare di me un grande ragazzo, fate di me un buon bambino, un bambino felice. So che soffrite quando gioco, ma non è necessario, perché io in quel momento sono felice proprio perché gioco. Ogni tanto mi sembra che siano gli altri, fuori dal campo, a battersi per noi, come se i genitori, dirigenti e allenatori, fossero gelosi gli uni degli altri, come se soffrissero per una vittoria che non è stata ottenuta o per un gioco che sembrerebbe perfetto, ma che io non posso dare loro. Datemi tempo e cercate di capire che adesso le cose debbono andare così e che nello sport, come in ogni altra cosa della vita, tutto giunge a tempo debito. Per favore, lasciatemi giocare da solo, lasciate che mi diverta a modo mio. Sono un bambino, non dimenticatelo, soltanto un bambino… e sarò un bambino soltanto una volta nella mia vita” (G. Basso, M.G. Pugliese, Ed. La meridiana, Bari 2004).

“In principio era la competizione”. Ogni momento della nostra vita obbedisce a questa semplice legge di cui lo sport è solo una possibile declinazione. Atleti, Allenatori, Genitori, Psicologi, Organizzatori, Squadre, in modi diversi, affrontano tutti le medesime sfide e ricorrono quindi ad un’unica risorsa: l’Intelligenza Agonistica, ossia l’insieme delle competenze insite nella naturale tendenza dell’essere umano a progettare, affrontare, superare e prevedere le sfide con se stesso, con gli altri e con l’ambiente.

Si è ormai concordi sulla necessità di favorire non solo una maturazione fisica dei piccoli atleti ma anche psicologica, o meglio, una maturazione psico-fisica sia dal punto di vista sportivo che da quello evolutivo, attraverso un percorso formativo atto a coinvolgere le figure adulte di riferimento, che hanno un’influenza consistente sulla crescita educativa del bambino.

Risulta, pertanto, di fondamentale importanza offrire alle famiglie informazioni utili sul profondo significato educativo dello sport e su come favorire nei figli lo sviluppo dell’autostima e la gestione dell’ansia da prestazione con modalità sperimentali che non hanno più al centro l’esperto ma i genitori con le loro esperienze e i loro vissuti.

Questi ultimi, infatti, nonostante siano orientati a desiderare il meglio per i loro figli e a non commettere errori, sono essere umani e perciò fallibili, nonostante le intenzioni. Sarebbe auspicabile, a tal fine, supportare i genitori nella comprensione dell’importanza dell’attività sportiva a scopo evolutivo, poiché lo sport non è solo movimento, ma anche educazione, rispetto, cultura, valori, benessere, stare insieme, condividere, accettazione dei propri limiti, valorizzazione delle proprie risorse, collaborare, mettersi alla prova, autocritica, obiettivi da raggiungere e da condividere. È amicizia, fratellanza, sana competizione. Insegna a gioire della vittoria e ad accettare l’amarezza della sconfitta, a cadere per poi rialzarsi, a vivere le emozioni.

Tutto questo è cultura sportiva e la psicologia può essere il veicolo per valorizzare la vera essenza dello sport, al fine di supportare i piccoli atleti attivamente in un processo di creazione non di campioni nel gioco ma di campioni nella vita.☺

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