è già nostalgia Carolina Mastrangelo | La Fonte TV
La scuola è appena terminata ed è già nostalgia. Seduta in giardino apro il mio scrigno di carta fiorita per rileggere le letterine che i miei piccoli alunni mi hanno scritto, letterine grondanti arcobaleni, gabbiani, aquiloni, cuori trafitti e tenerissime espressioni: Non te ne andare, maestra. Tu sei giovane!…
Guardo il fumetto di un bambino che mi fa dire: – Non ti preoccupare, non me ne vado, non ti lascio – e mi commuovo pensando che lui ha sperimentato l’abbandono. Risento la bella voce di Francy che mi regala un’ultima canzone, la mia preferita: “… i due camminavano, il giorno cadeva, il vecchio parlava e insieme piangeva, con l’anima assente, con gli occhi bagnati, seguiva il ricordo di miti passati…” e mi sfilano davanti agli occhi, come in un flashback, immagini, colori, atmosfere e tutto il possibile che ho cercato di imprimere nella mia mente per non dimenticare: i volti, i sorrisi, i litigi, le urla, il pacificante scambio di figurine; noi accoccolati per terra a parlare, ad ascoltarci; i primi fiocchi di neve, la pioggia che riga i vetri delle finestre, le giornate di sole e di azzurro … ma mi vedo scomparire inesorabilmente, col mio codazzo di nani e folletti; fatina o piccola strega trascinante drappi di numeri e stelle, parole e silenzi di cose non dette.
Per chi non ci lavora, i problemi della scuola sono di natura burocratica, organizzativa, economica, sociale… per chi ci lavora, ci mette passione e ci crede, nonostante i tempi avversi, il problema è principalmente di natura emozionale. Per ora sto male pensando ai bambini a cui non insegnerò mai più; pensando che non sono più una maestra, anche se Eugenia continua a ripetermi: Sei la nostra maestra per sempre.
Si legge nell’intramontabile Lettera ad una professoressa: “le maestre sono come i preti e le puttane, si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo per piangere” perché ci saranno altre da amare. Sarà vero? Non lo so, so solo che ora sto male anche se per consolarmi mi ripeto che come ogni educatore ho piantato alberi alla cui ombra non siederò mai ma devo rallegrarmi perché ad essi i bimbi legheranno altalene.☺
carolinamastrangelo51@gmail.com
La scuola è appena terminata ed è già nostalgia. Seduta in giardino apro il mio scrigno di carta fiorita per rileggere le letterine che i miei piccoli alunni mi hanno scritto, letterine grondanti arcobaleni, gabbiani, aquiloni, cuori trafitti e tenerissime espressioni: Non te ne andare, maestra. Tu sei giovane!…
Guardo il fumetto di un bambino che mi fa dire: – Non ti preoccupare, non me ne vado, non ti lascio – e mi commuovo pensando che lui ha sperimentato l’abbandono. Risento la bella voce di Francy che mi regala un’ultima canzone, la mia preferita: “… i due camminavano, il giorno cadeva, il vecchio parlava e insieme piangeva, con l’anima assente, con gli occhi bagnati, seguiva il ricordo di miti passati…” e mi sfilano davanti agli occhi, come in un flashback, immagini, colori, atmosfere e tutto il possibile che ho cercato di imprimere nella mia mente per non dimenticare: i volti, i sorrisi, i litigi, le urla, il pacificante scambio di figurine; noi accoccolati per terra a parlare, ad ascoltarci; i primi fiocchi di neve, la pioggia che riga i vetri delle finestre, le giornate di sole e di azzurro … ma mi vedo scomparire inesorabilmente, col mio codazzo di nani e folletti; fatina o piccola strega trascinante drappi di numeri e stelle, parole e silenzi di cose non dette.
Per chi non ci lavora, i problemi della scuola sono di natura burocratica, organizzativa, economica, sociale… per chi ci lavora, ci mette passione e ci crede, nonostante i tempi avversi, il problema è principalmente di natura emozionale. Per ora sto male pensando ai bambini a cui non insegnerò mai più; pensando che non sono più una maestra, anche se Eugenia continua a ripetermi: Sei la nostra maestra per sempre.
Si legge nell’intramontabile Lettera ad una professoressa: “le maestre sono come i preti e le puttane, si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo per piangere” perché ci saranno altre da amare. Sarà vero? Non lo so, so solo che ora sto male anche se per consolarmi mi ripeto che come ogni educatore ho piantato alberi alla cui ombra non siederò mai ma devo rallegrarmi perché ad essi i bimbi legheranno altalene.☺
La scuola è appena terminata ed è già nostalgia. Seduta in giardino apro il mio scrigno di carta fiorita per rileggere le letterine che i miei piccoli alunni mi hanno scritto, letterine grondanti arcobaleni, gabbiani, aquiloni, cuori trafitti e tenerissime espressioni: Non te ne andare, maestra. Tu sei giovane!…
Guardo il fumetto di un bambino che mi fa dire: – Non ti preoccupare, non me ne vado, non ti lascio – e mi commuovo pensando che lui ha sperimentato l’abbandono. Risento la bella voce di Francy che mi regala un’ultima canzone, la mia preferita: “… i due camminavano, il giorno cadeva, il vecchio parlava e insieme piangeva, con l’anima assente, con gli occhi bagnati, seguiva il ricordo di miti passati…” e mi sfilano davanti agli occhi, come in un flashback, immagini, colori, atmosfere e tutto il possibile che ho cercato di imprimere nella mia mente per non dimenticare: i volti, i sorrisi, i litigi, le urla, il pacificante scambio di figurine; noi accoccolati per terra a parlare, ad ascoltarci; i primi fiocchi di neve, la pioggia che riga i vetri delle finestre, le giornate di sole e di azzurro … ma mi vedo scomparire inesorabilmente, col mio codazzo di nani e folletti; fatina o piccola strega trascinante drappi di numeri e stelle, parole e silenzi di cose non dette.
Per chi non ci lavora, i problemi della scuola sono di natura burocratica, organizzativa, economica, sociale… per chi ci lavora, ci mette passione e ci crede, nonostante i tempi avversi, il problema è principalmente di natura emozionale. Per ora sto male pensando ai bambini a cui non insegnerò mai più; pensando che non sono più una maestra, anche se Eugenia continua a ripetermi: Sei la nostra maestra per sempre.
Si legge nell’intramontabile Lettera ad una professoressa: “le maestre sono come i preti e le puttane, si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo per piangere” perché ci saranno altre da amare. Sarà vero? Non lo so, so solo che ora sto male anche se per consolarmi mi ripeto che come ogni educatore ho piantato alberi alla cui ombra non siederò mai ma devo rallegrarmi perché ad essi i bimbi legheranno altalene.☺
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