Recuperiamo la vita
8 Settembre 2019
laFonteTV (3191 articles)
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Recuperiamo la vita

Ogni giorno cerchiamo risposte ai tanti perché dell’esistenza attraverso l’evoluzione del pensiero umano. Nelle società dei secoli scorsi si cercavano le risposte nella speculazione filosofica; alle nuove generazioni, fin dalla tenera età, veniva insegnato il senso e il valore di ogni cosa. I ragazzi crescevano con una idea, più o meno consapevole, di cosa significava vivere. Il senso della vita, il senso della morte, l’idea di famiglia rivolta ai discendenti e agli avi, il senso del lavoro e dei soldi, la conoscenza del benessere e della sofferenza. Ognuno, arrivato all’età anagrafica adulta (21 anni), sapeva il da farsi e senza remore, diremmo oggi incoscientemente, lo faceva. Quanti ragazzi sono partiti dignitosamente verso terre sconosciute e quanti ancora hanno avuto il coraggio e la perseveranza di investire nella terra nativa. Una filosofia di vita che portava all’introspezione ed aiutava a conoscere se stessi. Oggi siamo tutti più o meno coinvolti dalla negazione del pensiero ossia i social network. Un tarlo virtuale è entrato in ciascuno di noi e il pensiero sta pagando dazio. Si vive in funzione di un like, e se qualcuno osa esprimere un proprio parere, anziché apprezzare, si discute in modo animato fino a togliere “l’amicizia” a chi ha osato esprimere una propria considerazione. Anche la politica nazionale ultimamente pensa di accattivarsi una fetta di elettorato usando i social e proponendo discorsi populisti per innalzare il proprio consenso.

La bellezza dei social, una su tutte, quella di arrivare in ogni angolo del mondo in tempo reale, ha assunto, purtroppo, un ruolo marginale. Nell’Europa del ‘700, le persone capaci di sganciarsi consapevolmente dalla cultura dominante e cercare di pensare in modo autonomo, venivano chiamati Spiriti Forti poiché ci voleva davvero tanta forza a ragionare per conto proprio. L’uomo incapace di riflettere è solo un vuoto “simulacro”, senza intelletto: è il pensiero che rende l’uomo tale. Ed è per questo che il pensiero può essere considerato il “motore” delle attività economiche e sociali, ma anche di quelle politiche. Le nuove generazioni, bombardate dai social, fanno fatica a contrastare, con un proprio pensiero, lo scandire del tempo. Nasce l’idea dello scontro piuttosto che quello del confronto. Non esiste più un pensiero omologato, un tabù ideologico; si può pensarla diversamente su qualsiasi argomento: dalla squadra di calcio più forte a chi è Dio! Si può pensare tutto ciò che si vuole: è severamente vietato pensare che esista un pensiero obbligatorio!

Che i tempi siano cambiati lo si vede dalla percezione che abbiamo oggi della fatica e del dolore. Fino a qualche decennio fa la fatica era parte del quotidiano. Non esisteva nell’immaginario una macchina che potesse “faticare” al posto dell’uomo. Fatica fisica e fatica mentale, tutto era impregnato di sudore. Poi la gestione del dolore che, grazie allo sviluppo scientifico, è diventato solo un ricordo, illudendo così l’uomo di poter vivere senza doverlo mai affrontare: nessun tipo di dolore, anche quello interiore, che può essere gestito con metodologie e tecniche che ne spostano la soglia di percezione.

Scrolliamoci di dosso l’apatia, il preconfezionato, il senso di onnipotenza indotta. Torniamo a pensare, torniamo ad interrogarci sul senso della vita, prendiamo il nostro io per mano e conduciamolo verso livelli emotivi dignitosi. Preoccupiamoci del nostro essere per preoccuparci concretamente dell’essere altrui. Ad ogni bisogno rispondiamo con soluzioni concrete, senza piangere sui social per avere centinaia di like! Nonostante i tanti “mi piace” il bisogno resta perché nessuno di quelli che hanno messo il pollice o hanno condiviso il post si farà carico del nostro problema. Una comunità, civile o religiosa che sia, ha il compito di difendere i propri membri da questo appiattimento voluto e decretato da chi ci vuole sudditi di una tecnologia non produttiva ma distruttiva. Recuperiamo la filosofia, l’educazione civica, l’educazione musicale, le applicazioni tecniche (la manualità delle cose), recuperiamo il bello perché l’uomo di questo ha bisogno per poter crescere sempre più anche rispetto alle tecnologie, che, anziché renderci liberi, ci hanno schiavizzato.

Recuperiamo il libero pensiero che ci fa ancora arrossire quando ci sentiamo inadeguati, recuperiamo la natura che ancora sa regalarci meraviglie, recuperiamo la nostra identità perché è intrisa di “profumato” sudore. Recuperiamo la vera amicizia, non quella virtuale ma quella che è presente nei momenti belli e nei momenti brutti di ognuno di noi. Leggiamoci dentro, interroghiamoci, leggiamo il nostro territorio e cerchiamo di comprendere di cosa ha bisogno per progettare, programmare il presente e il futuro delle nostre comunità. Eliminiamo dal nostro essere “politici” la funzione del copia e incolla. Ogni territorio ha una sua storia: dalla sua costituzione geologica a chi ha calcato quel suolo e lo ha reso abitabile e produttivo.

Ognuno di noi, nel suo piccolo, dia il proprio contributo lasciando da parte vanagloria e  superbia! ☺

 

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