DON’T BE A MAYBE [pronuncia: donbì a meibì]. La scritta a caratteri neri campeggiava sul fondo bianco dei grandi tabelloni pubblicitari che costeggiano le strade delle città europee: in Svizzera come in Germania, nazioni in cui l’inglese si parla abitualmente, l’“asciutto comando” attirava l’attenzione dei pedoni e degli automobilisti. La perplessità non durava che una frazione di secondo: a seguire, un secondo candido tabellone riportava BE [pronuncia: bì] accanto alla gigantesca immagine di un pacchetto di sigarette di una notissima multinazionale. Terminava così, per un non fumatore quale lo scrivente, l’attesa di un messaggio che dalle premesse sembrava carico di aspettative.
A tutti è noto che l’espressione citata è costruita su uno dei verbi essenziali della grammatica di tutte le lingue, il verbo essere, che in inglese è appunto be.
“Non essere un può essere… sii…”: questa la traduzione letterale dello slogan pubblicitario, dove don’t introduce un comando negativo e may [pronuncia: mei] traduce il verbo “potere” nel senso di avere la possibilità; per completezza d’informazione faccio notare che la voce maybe [pronuncia: meibì], diffusissima sul piano colloquiale, è proprio la versione inglese del nostro “forse”.
Nel messaggio pubblicitario la lingua inglese consente, a livello sia fonico sia grafico, un gioco di rime che nella versione italiana non si potrebbe rendere allo stesso modo in quanto be traduce i modi infinito (essere) e imperativo (sii), resi dall’identico suono.
Non essere un “forse”!
Confesso che il messaggio sotteso alla trovata pubblicitaria non mi ha lasciato indifferente: come mai, in maniera assertiva, ad un anonimo passante debba giungere un ordine così congegnato?
Al di là del mero contenuto di offerta di un prodotto di consumo, mi è sembrato di ritrovare in questa affermazione una delle direttrici (ahimè) che caratterizzano questo nostro tempo. La frenesia e la corsa sono dominanti e una delle qualità neglette sembra essere proprio l’indecisione.
Siamo bombardati ormai da continue proposte commerciali che ci invitano, ad esempio, a cambiare la compagnia telefonica di cui ci serviamo entro un limite di tempo stabilito, pena la perdita di numerosi vantaggi tariffari; ci consigliano di stipulare contratti per la fornitura di energia con gestori diversi, nel giro di pochi giorni o addirittura ore; siamo spinti ad acquistare prodotti in offerta senza pensarci un solo minuto… Tante volte rifiutiamo perché non abbiamo il tempo di riflettere; non ci è consentita l’indecisione! Per non parlare delle offerte last minute, antidoto a pause e ripensamenti, che nel volgere di pochi secondi vorrebbero vederci schizzare, bagaglio pronto, da un luogo ad un altro, noncuranti delle stagioni, dei climi, delle latitudini…
“Forse”, parola che sembra scomparsa dal vocabolario degli anni 2000!
Sono convinto che molti, come me, non sopportino i rinvii, i tentennamenti, i continui ripensamenti, e ancora le deroghe e le pause di certa politica nostrana, il ritardare qualsiasi tentativo di rinnovamento, il non assumere responsabilità chiare; credo però che una giusta dose di cautela, sia personale che collettiva, non possa che fare del bene. Dibattere, confrontarsi, scambiarsi pareri, fare previsioni, non sono tutte azioni ascrivibili alla categoria del “forse”, della riflessione pacata che alla fine partorisce la scelta?
“Forse”: nella nostra lingua può significare poca cosa, ma nella lingua di Shakespeare maybe rievoca proprio il famoso e mai risolto enigma: to be or not to be [pronuncia: tubì or not tubì], essere o non essere!
Amleto non rimane fermo, imprigionato dal “suo” dubbio. La sua è stata una scelta drammatica, motore della tragedia che ha reso immortale il principe di Danimarca, accostandolo simbolicamente ad ognuno di noi.
Indecisi, incerti, perplessi come lui, ma umani, con tanti “forse” che dobbiamo accettare e comprendere senza restarne schiavi.
Guardare però all’obiettivo è l’unica strada possibile… forse!☺
dario.carlone@tiscali.it
DON’T BE A MAYBE [pronuncia: donbì a meibì]. La scritta a caratteri neri campeggiava sul fondo bianco dei grandi tabelloni pubblicitari che costeggiano le strade delle città europee: in Svizzera come in Germania, nazioni in cui l’inglese si parla abitualmente, l’“asciutto comando” attirava l’attenzione dei pedoni e degli automobilisti. La perplessità non durava che una frazione di secondo: a seguire, un secondo candido tabellone riportava BE [pronuncia: bì] accanto alla gigantesca immagine di un pacchetto di sigarette di una notissima multinazionale. Terminava così, per un non fumatore quale lo scrivente, l’attesa di un messaggio che dalle premesse sembrava carico di aspettative.
A tutti è noto che l’espressione citata è costruita su uno dei verbi essenziali della grammatica di tutte le lingue, il verbo essere, che in inglese è appunto be.
“Non essere un può essere… sii…”: questa la traduzione letterale dello slogan pubblicitario, dove don’t introduce un comando negativo e may [pronuncia: mei] traduce il verbo “potere” nel senso di avere la possibilità; per completezza d’informazione faccio notare che la voce maybe [pronuncia: meibì], diffusissima sul piano colloquiale, è proprio la versione inglese del nostro “forse”.
Nel messaggio pubblicitario la lingua inglese consente, a livello sia fonico sia grafico, un gioco di rime che nella versione italiana non si potrebbe rendere allo stesso modo in quanto be traduce i modi infinito (essere) e imperativo (sii), resi dall’identico suono.
Non essere un “forse”!
Confesso che il messaggio sotteso alla trovata pubblicitaria non mi ha lasciato indifferente: come mai, in maniera assertiva, ad un anonimo passante debba giungere un ordine così congegnato?
Al di là del mero contenuto di offerta di un prodotto di consumo, mi è sembrato di ritrovare in questa affermazione una delle direttrici (ahimè) che caratterizzano questo nostro tempo. La frenesia e la corsa sono dominanti e una delle qualità neglette sembra essere proprio l’indecisione.
Siamo bombardati ormai da continue proposte commerciali che ci invitano, ad esempio, a cambiare la compagnia telefonica di cui ci serviamo entro un limite di tempo stabilito, pena la perdita di numerosi vantaggi tariffari; ci consigliano di stipulare contratti per la fornitura di energia con gestori diversi, nel giro di pochi giorni o addirittura ore; siamo spinti ad acquistare prodotti in offerta senza pensarci un solo minuto… Tante volte rifiutiamo perché non abbiamo il tempo di riflettere; non ci è consentita l’indecisione! Per non parlare delle offerte last minute, antidoto a pause e ripensamenti, che nel volgere di pochi secondi vorrebbero vederci schizzare, bagaglio pronto, da un luogo ad un altro, noncuranti delle stagioni, dei climi, delle latitudini…
“Forse”, parola che sembra scomparsa dal vocabolario degli anni 2000!
Sono convinto che molti, come me, non sopportino i rinvii, i tentennamenti, i continui ripensamenti, e ancora le deroghe e le pause di certa politica nostrana, il ritardare qualsiasi tentativo di rinnovamento, il non assumere responsabilità chiare; credo però che una giusta dose di cautela, sia personale che collettiva, non possa che fare del bene. Dibattere, confrontarsi, scambiarsi pareri, fare previsioni, non sono tutte azioni ascrivibili alla categoria del “forse”, della riflessione pacata che alla fine partorisce la scelta?
“Forse”: nella nostra lingua può significare poca cosa, ma nella lingua di Shakespeare maybe rievoca proprio il famoso e mai risolto enigma: to be or not to be [pronuncia: tubì or not tubì], essere o non essere!
Amleto non rimane fermo, imprigionato dal “suo” dubbio. La sua è stata una scelta drammatica, motore della tragedia che ha reso immortale il principe di Danimarca, accostandolo simbolicamente ad ognuno di noi.
Indecisi, incerti, perplessi come lui, ma umani, con tanti “forse” che dobbiamo accettare e comprendere senza restarne schiavi.
Guardare però all’obiettivo è l’unica strada possibile… forse!☺
DON’T BE A MAYBE [pronuncia: donbì a meibì]. La scritta a caratteri neri campeggiava sul fondo bianco dei grandi tabelloni pubblicitari che costeggiano le strade delle città europee: in Svizzera come in Germania, nazioni in cui l’inglese si parla abitualmente, l’“asciutto comando” attirava l’attenzione dei pedoni e degli automobilisti. La perplessità non durava che una frazione di secondo: a seguire, un secondo candido tabellone riportava BE [pronuncia: bì] accanto alla gigantesca immagine di un pacchetto di sigarette di una notissima multinazionale. Terminava così, per un non fumatore quale lo scrivente, l’attesa di un messaggio che dalle premesse sembrava carico di aspettative.
A tutti è noto che l’espressione citata è costruita su uno dei verbi essenziali della grammatica di tutte le lingue, il verbo essere, che in inglese è appunto be.
“Non essere un può essere… sii…”: questa la traduzione letterale dello slogan pubblicitario, dove don’t introduce un comando negativo e may [pronuncia: mei] traduce il verbo “potere” nel senso di avere la possibilità; per completezza d’informazione faccio notare che la voce maybe [pronuncia: meibì], diffusissima sul piano colloquiale, è proprio la versione inglese del nostro “forse”.
Nel messaggio pubblicitario la lingua inglese consente, a livello sia fonico sia grafico, un gioco di rime che nella versione italiana non si potrebbe rendere allo stesso modo in quanto be traduce i modi infinito (essere) e imperativo (sii), resi dall’identico suono.
Non essere un “forse”!
Confesso che il messaggio sotteso alla trovata pubblicitaria non mi ha lasciato indifferente: come mai, in maniera assertiva, ad un anonimo passante debba giungere un ordine così congegnato?
Al di là del mero contenuto di offerta di un prodotto di consumo, mi è sembrato di ritrovare in questa affermazione una delle direttrici (ahimè) che caratterizzano questo nostro tempo. La frenesia e la corsa sono dominanti e una delle qualità neglette sembra essere proprio l’indecisione.
Siamo bombardati ormai da continue proposte commerciali che ci invitano, ad esempio, a cambiare la compagnia telefonica di cui ci serviamo entro un limite di tempo stabilito, pena la perdita di numerosi vantaggi tariffari; ci consigliano di stipulare contratti per la fornitura di energia con gestori diversi, nel giro di pochi giorni o addirittura ore; siamo spinti ad acquistare prodotti in offerta senza pensarci un solo minuto… Tante volte rifiutiamo perché non abbiamo il tempo di riflettere; non ci è consentita l’indecisione! Per non parlare delle offerte last minute, antidoto a pause e ripensamenti, che nel volgere di pochi secondi vorrebbero vederci schizzare, bagaglio pronto, da un luogo ad un altro, noncuranti delle stagioni, dei climi, delle latitudini…
“Forse”, parola che sembra scomparsa dal vocabolario degli anni 2000!
Sono convinto che molti, come me, non sopportino i rinvii, i tentennamenti, i continui ripensamenti, e ancora le deroghe e le pause di certa politica nostrana, il ritardare qualsiasi tentativo di rinnovamento, il non assumere responsabilità chiare; credo però che una giusta dose di cautela, sia personale che collettiva, non possa che fare del bene. Dibattere, confrontarsi, scambiarsi pareri, fare previsioni, non sono tutte azioni ascrivibili alla categoria del “forse”, della riflessione pacata che alla fine partorisce la scelta?
“Forse”: nella nostra lingua può significare poca cosa, ma nella lingua di Shakespeare maybe rievoca proprio il famoso e mai risolto enigma: to be or not to be [pronuncia: tubì or not tubì], essere o non essere!
Amleto non rimane fermo, imprigionato dal “suo” dubbio. La sua è stata una scelta drammatica, motore della tragedia che ha reso immortale il principe di Danimarca, accostandolo simbolicamente ad ognuno di noi.
Indecisi, incerti, perplessi come lui, ma umani, con tanti “forse” che dobbiamo accettare e comprendere senza restarne schiavi.
Guardare però all’obiettivo è l’unica strada possibile… forse!☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.