Centro S.U.S.I. di Berlino: 25 anni dedicati all’assistenza alle donne in difficoltà
22 Giugno 2017
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Centro S.U.S.I. di Berlino: 25 anni dedicati all’assistenza alle donne in difficoltà

Anche se ho in testa tanti altri temi, voglio continuare la storia del centro donne S.U.S.I., prima che questo centro compia un altro anno.

Aiutare le donne in carcere

Naturalmente, in 25 anni si vivono tante, tantissime storie, belle e brutte. Fra le belle c’è per esempio una festa di matrimonio molto speciale. La sposa era una donna russa che aveva trascorso tre anni in prigione, per un furto e per essere senza documenti al momento del suo arresto. Credo si chiamasse Tamara. Per più di 15 anni uno dei progetti di S.U.S.I. era dedicato alle donne straniere in carcere. Parecchie donne “nostre” andavano in carcere per visitare le loro connazionali e per cercare di risolvere i loro problemi. Ed allo stesso tempo cercarono di far conoscere al personale del carcere qualcosa della cultura delle donne straniere.

L’importanza di conoscere e raccontare culture differenti

Quanto era necessario questo tipo di informazione lo abbiamo capito quando una nostra collaboratrice, originaria del Vietnam, ritornò un giorno dal carcere, preoccupata per una sua connazionale che, secondo lei, mostrava segni di volontà suicida. La nostra Thanh Thuy aveva parlato con il personale del carcere e le avevano detto: “Ma questa donna è sempre sorridente, non possiamo credere che si voglia suicidare!”. Per una donna tedesca che lavorava nel carcere questa conclusione era normale: una persona permanentemente sorridente, una persona che non piange mai, è una persona che sta bene e non ha bisogno di alcun tipo di aiuto. Il problema era che le donne che lavoravano nel carcere non sapevano che una donna asiatica, una donna nata e cresciuta in Vietnam, per esempio, non piange mai, mai davanti ad altre persone, perché teme di “perdere la faccia”: di perdere l’onore.

Il lieto fine per Tamara, dal carcere all’altare

Ma voglio ritornare alla storia di Tamara. Condannata a tre anni di carcere, dopo due anni aveva il permesso, una volta al mese, di uscire per qualche ora, ma mai senza essere accompagnata da un parente o un’amica, e sempre obbligata a fornire un indirizzo dove poteva essere trovata. Siccome Tamara non aveva parenti a Berlino, la nostra collaboratrice russa Nadia l’accompagnava nelle passeggiate e l’indirizzo che Tamara lasciava alla direzione del carcere era l’indirizzo di S.U.S.I.

In una delle sue passeggiate Tamara ha conosciuto un tedesco, i due si sono visti ogni mese da noi, e quando finalmente Tamara ha potuto lasciare dietro di sé l’esperienza del carcere, abbiamo festeggiato il suo matrimonio con il ragazzo tedesco nella sede di S.U.S.I.. I due sono insieme ancora oggi, hanno due bambini e sono felici.

[caption id="attachment_18772" align="alignleft" width="300"] www.studentville.it[/caption]

Il dramma di Elena, uccisa dal marito

Ma nella storia di S.U.S.I. c’è anche un dramma, la cui protagonista è stata una donna che era venuta dalla Bolivia per cercare lavoro in Germania. Elena viveva da più di 10 anni a Berlino quando è venuta da noi per la prima volta. Veniva per parlare con la nostra psicologa Sonia, originaria della Colombia, per vedere come poteva risolvere il suo problema con il marito. Aveva convissuto con quest’uomo per sei anni, avevano due bimbe piccole, ma si erano sposati solo poco tempo prima della prima visita di Elena al centro S.U.S.I. Suo marito aveva cominciato a bere molto ed era diventato violento, molto violento, ed il suo bersaglio non era solo Elena, ma anche le due figlie. Elena voleva il divorzio, voleva vivere in pace e sicurezza, aveva un lavoro da badante e poteva mantenere se stessa e le due bambine. Ma il problema era che se chiedeva il divorzio, perdeva il permesso di soggiorno in Germania e doveva ritornare nel suo piccolo paese boliviano dove non poteva garantire alle figlie né una infanzia senza fame, né la possibilità di andare a scuola.

Elena veniva a S.U.S.I. una volta alla settimana, e la quarta volta una nostra collaboratrice osservò davanti alla porta del palazzo un uomo che aveva un atteggiamento strano che la insospettiva. Poco tempo dopo abbiamo saputo che quell’uomo era il marito di Elena, girava intorno al palazzo di S.U.S.I. ogni volta che la moglie incontrava la psicologa.

Questa storia è andata avanti per qualche mese, ma di colpo, Elena non si è fatta più vedere da noi. C’è stata ancora una sua telefonata, e dopo niente. Nessun segnale di vita. Fino a quel giorno maledetto quando due poliziotti fecero visita al nostro centro per comunicarci che Elena era stata assassinata dal marito.

L’addio di Christiane alla sua “creatura”

Un matrimonio allegro, ed un funerale tristissimo. Fra questi due eventi quei 25 anni che abbiamo celebrato l’8 marzo di questo anno. 25 anni fatti di felicità, delusioni, amicizie, discussioni, lezioni di vita che ci hanno fatto crescere e capire la vita, il mondo, le diverse culture, i diversi cibi, le diverse canzoni. E tante, tante storie di donne.

Sono stati 25 anni che ho vissuto, direttamente e giorno dopo giorno 15, fino a quando ho lasciato Berlino per venire in Molise. Fino al giorno in cui ero sicura che la mia “criatura” S.U.S.I era cresciuta abbastanza e che poteva fare a meno della sua “mamà”.☺

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