Il cielo già carico di ombre è squarciato da un taglio rosso cupo, sanguinante come una ferita, appena rischiarato dall’ultima goccia di sole che arrossa di una bava filante la viola foschia. È uno di quei tramonti d’inverno che accadono di rado dalle nostre parti ed è così bello da non sembrare vero.
Mi richiama alla mente un altro tramonto, quello della sera della dipartita di mio padre quando ha riempito il cielo degli stessi colori: pochi, drammatici, evocativi; nuovi per lui che amava dipingere la tranquilla dolcezza delle albe e dei meriggi contadini, ma che aveva scelto per il suo addio definitivo, senza ritorno e senza pentimenti. Io li ascolto ora come allora e non serve altro per capire: sento che è lui ad accendere questa scia di luce che non è assenza, ma emozione, energia, presenza, essenza. Sento che è il suo spirito a condurmi, a farmi compagnia, a battere forte in me come un respiro infinito perché non sono le distanze, neanche quelle astrali a separare anime affini.
Non ci sono persiane tra me e la quiete accesa di questa sera di dicembre; aspetto alla finestra che nel blu della notte si impigli l’oro delle stelle per farci ancora: lui colore, io canto.
Il cielo già carico di ombre è squarciato da un taglio rosso cupo, sanguinante come una ferita, appena rischiarato dall’ultima goccia di sole che arrossa di una bava filante la viola foschia. È uno di quei tramonti d’inverno che accadono di rado dalle nostre parti ed è così bello da non sembrare vero.
Mi richiama alla mente un altro tramonto, quello della sera della dipartita di mio padre quando ha riempito il cielo degli stessi colori: pochi, drammatici, evocativi; nuovi per lui che amava dipingere la tranquilla dolcezza delle albe e dei meriggi contadini, ma che aveva scelto per il suo addio definitivo, senza ritorno e senza pentimenti. Io li ascolto ora come allora e non serve altro per capire: sento che è lui ad accendere questa scia di luce che non è assenza, ma emozione, energia, presenza, essenza. Sento che è il suo spirito a condurmi, a farmi compagnia, a battere forte in me come un respiro infinito perché non sono le distanze, neanche quelle astrali a separare anime affini.
Non ci sono persiane tra me e la quiete accesa di questa sera di dicembre; aspetto alla finestra che nel blu della notte si impigli l’oro delle stelle per farci ancora: lui colore, io canto.
Il cielo già carico di ombre è squarciato da un taglio rosso cupo, sanguinante come una ferita, appena rischiarato dall’ultima goccia di sole che arrossa di una bava filante la viola foschia. È uno di quei tramonti d’inverno che accadono di rado dalle nostre parti ed è così bello da non sembrare vero.
Mi richiama alla mente un altro tramonto, quello della sera della dipartita di mio padre quando ha riempito il cielo degli stessi colori: pochi, drammatici, evocativi; nuovi per lui che amava dipingere la tranquilla dolcezza delle albe e dei meriggi contadini, ma che aveva scelto per il suo addio definitivo, senza ritorno e senza pentimenti. Io li ascolto ora come allora e non serve altro per capire: sento che è lui ad accendere questa scia di luce che non è assenza, ma emozione, energia, presenza, essenza. Sento che è il suo spirito a condurmi, a farmi compagnia, a battere forte in me come un respiro infinito perché non sono le distanze, neanche quelle astrali a separare anime affini.
Non ci sono persiane tra me e la quiete accesa di questa sera di dicembre; aspetto alla finestra che nel blu della notte si impigli l’oro delle stelle per farci ancora: lui colore, io canto.
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