No triv e l’acqua
14 Gennaio 2016
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No triv e l’acqua

Nel mese di novembre scorso, a Campobasso, nella sala consiliare si è svolto un incontro sul tema delle trivellazioni che lo Sblocca Italia e in generale le leggi governative favoriscono, liberalizzandole completamente e calpestando le autonomie locali, le loro rappresentanze parlamentari e la libera decisione delle popolazioni.

Lo scenario che si prospetta a fronte di tale brutale liberalizzazione nella ricerca del petrolio (sulla terraferma e nelle acque marine)  è quello dello scempio del territorio e della morte del mare, della lenta ma graduale agonia delle acque salate. Infatti, un tema rilevante e delicato (a torto tralasciato colpevolmente dai mass media e dall’opinione pubblica) risulta essere quello della salute del mare e del suo ecosistema, letteralmente aggrediti dalla colpevole e delinquenziale scempiaggine dell’uomo, dalla delittuosa corresponsabilità delle amministrazioni locali e governative nel non tutelare il mare, le spiagge, i litorali, non facendo osservare norme che, se applicate, impedirebbero concretamente, fra le altre cose, lo scaricamento in mare di una infinità di oggetti in plastica che stanno rendendo agonizzanti i mari e gli oceani. E, a proposito di questi ultimi, poi, quello che maggiormente preoccupa è la moria di numerose specie ittiche.

Un testo dal quale prendiamo le mosse è quello di papa Francesco, Laudato si, che riserva pagine di grosso spessore culturale all’acqua potabile e a quella salata dei mari. All’acqua potabile il pontefice del Sud del mondo dedica passaggi memorabili nei quali affronta anche il tema della povertà e delle malattie dovute alla scarsità di acqua potabile e alla colpevole responsabilità delle nazioni del Nord del mondo e delle loro classi dirigenti nel disinteresse per il crescente numero di poveri. All’argomento dell’acqua potabile l’enciclica di papa Francesco collega la campagna di discredito e di annullamento dei risultati referendari che hanno espresso la volontà popolare di preservare la proprietà e l’uso “pubblico” dell’acqua, considerata un bene comune, intoccabile e fuori da ogni logica di profitto commerciale.

L’acqua dei mari e degli oceani è malata, non è più integra, è inquinata anche a causa della presenza consistente e massiva di prodotti di plastica che stanno letteralmente soffocando tutte le specie marine viventi. Nei due oceani, Atlantico e Pacifico (ma anche nei mari del Sud), c’è un inquinamento da plastica da far spavento e da far prevedere, in un tempo purtroppo non lontano, la morte di queste acque per inquinamento. L’oceanografo Charles Moore, grazie ai suoi studi sul mare, fin dal 1997 ha potuto disegnare una carta nautica del Pacifico costellata da centinaia di punti che indicano le grandi masse di plastica che galleggiano appena al di sotto del pelo dell’acqua o che, sfaldatesi, egualmente affiorano, diffondendosi come amebe. In questo modo Moore ha delineato un cerchio che abbraccia quasi un terzo del Pacifico, dalla California alla Cina. Questo cerchio di materiali di plastica fin dal momento della sua individuazione ha mostrato di non rispettare i confini che sembrava avesse, allargandosi sempre di più, a dismisura.

Di cosa è prova ciò?  Della dissennata insipienza e della intollerabile criminalità dell’uomo, delle sue industrie, delle amministrazioni pubbliche di tutti quei paesi che si affacciano sui mari o il cui naviglio naviga, appunto, nei mari e negli oceani. La produzione annuale di plastica al mondo è di circa cento milioni di tonnellate e annualmente circa il 10% confluisce nel mare; la produzione di buste varia da cinquecento miliardi a un trilione e ciò riguarda anche la produzione di piatti, bicchieri, posate, bottiglie, pellicole per alimenti.  È, dunque, un continente artificiale quello che sta distruggendo gli oceani, i mari, l’acqua salata.

Che significa tutto ciò? Che nel mare ci sono rifiuti plastici le cui dimensioni diventano talmente minuscole da rassomigliare al plancton; e qui veniamo al bello. Il plancton indica e rivela migliaia di specie animali e vegetali, di organismi visibili e invisibili il cui habitat è appena sotto la superficie marina. Le microalghe compongono il fitoplancton; lo zooplancton è composto di uova di pesci, di larve che non riescono a opporsi al movimento delle correnti. La vera forza del plancton, composto come poco fa dicevamo di minuscoli esseri, è la sua quantità smisurata che riesce a sfamare anche i grossi mammiferi quali i delfini, i capodogli, le balene.

Ora, alla luce del catastrofico inquinamento e dell’attuale inarrestabile morte delle acque marine, il vero problema è che i pesci non sono più in grado di distinguere questi microorganismi dalla plastica e così, ingoiandola, soprattutto i pesci più piccoli, muoiono di fame. Dunque, la plastica noi la ingeriamo, mangiando i pesci, e così noi diventiamo plastica, diveniamo delle amebe plastificate che dinanzi alle più orribili e spaventose modificazioni, che il cosiddetto “progresso” ci propina e ci impone, non siamo più in grado né di pensare e riflettere sull’assurdità dell’attuale sistema capitalistico né di immaginare una pur minima (a parte le minoranze sempre combattive ma isolate!) opposizione a questo degrado della civiltà, alla definizione che le attuali classi dirigenti internazionali danno del progresso, e rimaniamo chiusi nelle nostre monadi senza favorire un disteso e necessario rapporto relazionale tra soggetti il cui destino (direbbero Leopardi e Marx) è comunque comune. Il mare, dunque, è aggredito da norme liberticide (Sblocca Italia e tutte le leggi in deroga!) e da una prassi politica ormai consolidata dal silenzio complice della classe dirigente delle stagioni di questi ultimi decenni.

Questa è una delle ragioni sostanziali, per le quali contrastiamo ogni pratica di distruzione del territorio, di annientamento della democrazia partecipata a tutto vantaggio delle culture mafiose,  come pure ci opponiamo a qualsiasi tentativo di negazione di una dignitosa e nobile filosofia di vita, anche legata ai destini del territorio nel quale viviamo da sempre.☺

 

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