“Poiché nulla di quanto ci veniva proposto allora poteva istruirci, poiché la nostra società politica era volta all’assassinio… noi dovevamo trovare ragioni di sopravvivere e di lottare in noi e negli altri” (Albert Camus).
È un luogo comune letterario e popolare quello di pensare di trovarsi nella più corrotta delle epoche. Noi avremmo i nostri ottimi motivi per pensarlo, ma sta di fatto che ogni epoca ha i suoi mali, connessi o provenienti dalla struttura sociale ed economica, ed è normale in un certo senso considerarli i peggiori, poiché essi ci colpiscono direttamente, a differenza di quelli del passato.
Il nostro tempo, spettacolare e televisivo, non fa che proporci che misera cosa siamo diventati: ci annuncia un vittorioso ritorno alla mercificazione del corpo femminile, ci grida in faccia che per avere personalità basta essere maleducati, ci assorda con la sua bruttezza. Ma mi domando se spenti la televisione, il computer, la radio, se abbassato il volume a questa chiassosa società, avrei la stessa immagine dell’uomo. La risposta è no. Nella realtà non spettacolarizzata e “senza voce”qualche volta, con un’inattesa gioia, trovo degli uomini buoni e onesti, uomini che hanno ancora un pensiero libero, che aiutano il loro prossimo senza compenso, disposti alla comprensione e alla responsabilità.
Non sono la sola a pensarla così. Accanto a me persone di ogni età cercano un’alternativa aperta ma radicale al sistema di disvalori al quale molti altri sembrano essere rassegnati. Ne ho avuto una prova nel trovarmi a Casacalenda in due riunioni che hanno avuto una finalità politica e culturale, ma che sono state soprattutto un campanello di allarme di un’esigenza capillare di aggregazione e di amicizia. Per amicizia non intendo la confidenza o l’intimità ma il desiderio di condivisione profonda di progetti e di idee, la percezione di una sensibilità fraterna. In questi incontri ognuno, uomo, donna, giovane o meno giovane, ha manifestato i suoi dubbi e le sue aspettative rispetto alla realtà locale e globale e soprattutto la volontà di un percorso comune di analisi e di cambiamento.
Nelle nostre piccole realtà il disagio e, a volte, lo sgomento che ci teniamo dentro, può trovare una forma di espressione e di trasformazione, se a piccoli passi riusciamo a sperimentare la fiducia nel dialogo, se possediamo la volontà di capire e di risolvere i problemi insieme, se crediamo davvero nella comunità.
In questo momento storico di mistificazione del vero e di insensibilità sociale e ambientale da parte dei “grandi” e dei potenti, è chiara la necessità di un impegno che torni ad abitare le nostre vite, per non rischiare di essere quegli indifferenti di cui parlava Gramsci, la materia inerte, il peso morto della storia.
L’aggregazione si può dire sia un atto “spontaneo”. Essa va completata con l’indivi- duazione di una direzione consapevole che si può realizzare attraverso il dialogo, lo studio e il coraggio delle azioni. Ritengo giusto che le voci creative, portatrici di valori, subalterne e sofferenti, trovino in ogni epoca e in ogni luogo uno spazio per esprimersi e per diventare soggetti politici.
Sono convinta che questa sia la speranza di molti. ☺
micheladimemmo@email.it
“Poiché nulla di quanto ci veniva proposto allora poteva istruirci, poiché la nostra società politica era volta all’assassinio… noi dovevamo trovare ragioni di sopravvivere e di lottare in noi e negli altri” (Albert Camus).
È un luogo comune letterario e popolare quello di pensare di trovarsi nella più corrotta delle epoche. Noi avremmo i nostri ottimi motivi per pensarlo, ma sta di fatto che ogni epoca ha i suoi mali, connessi o provenienti dalla struttura sociale ed economica, ed è normale in un certo senso considerarli i peggiori, poiché essi ci colpiscono direttamente, a differenza di quelli del passato.
Il nostro tempo, spettacolare e televisivo, non fa che proporci che misera cosa siamo diventati: ci annuncia un vittorioso ritorno alla mercificazione del corpo femminile, ci grida in faccia che per avere personalità basta essere maleducati, ci assorda con la sua bruttezza. Ma mi domando se spenti la televisione, il computer, la radio, se abbassato il volume a questa chiassosa società, avrei la stessa immagine dell’uomo. La risposta è no. Nella realtà non spettacolarizzata e “senza voce”qualche volta, con un’inattesa gioia, trovo degli uomini buoni e onesti, uomini che hanno ancora un pensiero libero, che aiutano il loro prossimo senza compenso, disposti alla comprensione e alla responsabilità.
Non sono la sola a pensarla così. Accanto a me persone di ogni età cercano un’alternativa aperta ma radicale al sistema di disvalori al quale molti altri sembrano essere rassegnati. Ne ho avuto una prova nel trovarmi a Casacalenda in due riunioni che hanno avuto una finalità politica e culturale, ma che sono state soprattutto un campanello di allarme di un’esigenza capillare di aggregazione e di amicizia. Per amicizia non intendo la confidenza o l’intimità ma il desiderio di condivisione profonda di progetti e di idee, la percezione di una sensibilità fraterna. In questi incontri ognuno, uomo, donna, giovane o meno giovane, ha manifestato i suoi dubbi e le sue aspettative rispetto alla realtà locale e globale e soprattutto la volontà di un percorso comune di analisi e di cambiamento.
Nelle nostre piccole realtà il disagio e, a volte, lo sgomento che ci teniamo dentro, può trovare una forma di espressione e di trasformazione, se a piccoli passi riusciamo a sperimentare la fiducia nel dialogo, se possediamo la volontà di capire e di risolvere i problemi insieme, se crediamo davvero nella comunità.
In questo momento storico di mistificazione del vero e di insensibilità sociale e ambientale da parte dei “grandi” e dei potenti, è chiara la necessità di un impegno che torni ad abitare le nostre vite, per non rischiare di essere quegli indifferenti di cui parlava Gramsci, la materia inerte, il peso morto della storia.
L’aggregazione si può dire sia un atto “spontaneo”. Essa va completata con l’indivi- duazione di una direzione consapevole che si può realizzare attraverso il dialogo, lo studio e il coraggio delle azioni. Ritengo giusto che le voci creative, portatrici di valori, subalterne e sofferenti, trovino in ogni epoca e in ogni luogo uno spazio per esprimersi e per diventare soggetti politici.
Sono convinta che questa sia la speranza di molti. ☺
“Poiché nulla di quanto ci veniva proposto allora poteva istruirci, poiché la nostra società politica era volta all’assassinio… noi dovevamo trovare ragioni di sopravvivere e di lottare in noi e negli altri” (Albert Camus).
È un luogo comune letterario e popolare quello di pensare di trovarsi nella più corrotta delle epoche. Noi avremmo i nostri ottimi motivi per pensarlo, ma sta di fatto che ogni epoca ha i suoi mali, connessi o provenienti dalla struttura sociale ed economica, ed è normale in un certo senso considerarli i peggiori, poiché essi ci colpiscono direttamente, a differenza di quelli del passato.
Il nostro tempo, spettacolare e televisivo, non fa che proporci che misera cosa siamo diventati: ci annuncia un vittorioso ritorno alla mercificazione del corpo femminile, ci grida in faccia che per avere personalità basta essere maleducati, ci assorda con la sua bruttezza. Ma mi domando se spenti la televisione, il computer, la radio, se abbassato il volume a questa chiassosa società, avrei la stessa immagine dell’uomo. La risposta è no. Nella realtà non spettacolarizzata e “senza voce”qualche volta, con un’inattesa gioia, trovo degli uomini buoni e onesti, uomini che hanno ancora un pensiero libero, che aiutano il loro prossimo senza compenso, disposti alla comprensione e alla responsabilità.
Non sono la sola a pensarla così. Accanto a me persone di ogni età cercano un’alternativa aperta ma radicale al sistema di disvalori al quale molti altri sembrano essere rassegnati. Ne ho avuto una prova nel trovarmi a Casacalenda in due riunioni che hanno avuto una finalità politica e culturale, ma che sono state soprattutto un campanello di allarme di un’esigenza capillare di aggregazione e di amicizia. Per amicizia non intendo la confidenza o l’intimità ma il desiderio di condivisione profonda di progetti e di idee, la percezione di una sensibilità fraterna. In questi incontri ognuno, uomo, donna, giovane o meno giovane, ha manifestato i suoi dubbi e le sue aspettative rispetto alla realtà locale e globale e soprattutto la volontà di un percorso comune di analisi e di cambiamento.
Nelle nostre piccole realtà il disagio e, a volte, lo sgomento che ci teniamo dentro, può trovare una forma di espressione e di trasformazione, se a piccoli passi riusciamo a sperimentare la fiducia nel dialogo, se possediamo la volontà di capire e di risolvere i problemi insieme, se crediamo davvero nella comunità.
In questo momento storico di mistificazione del vero e di insensibilità sociale e ambientale da parte dei “grandi” e dei potenti, è chiara la necessità di un impegno che torni ad abitare le nostre vite, per non rischiare di essere quegli indifferenti di cui parlava Gramsci, la materia inerte, il peso morto della storia.
L’aggregazione si può dire sia un atto “spontaneo”. Essa va completata con l’indivi- duazione di una direzione consapevole che si può realizzare attraverso il dialogo, lo studio e il coraggio delle azioni. Ritengo giusto che le voci creative, portatrici di valori, subalterne e sofferenti, trovino in ogni epoca e in ogni luogo uno spazio per esprimersi e per diventare soggetti politici.
Sono convinta che questa sia la speranza di molti. ☺
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