otri nuovi   di Michele tartaglia
27 Marzo 2012 Share

otri nuovi di Michele tartaglia

 

“Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi” (Mc 2,21-22). Così rispondeva Gesù a quei farisei che gli chiedevano perché lui e i suoi discepoli non digiunavano come invece avrebbe dovuto fare ogni bravo ebreo osservante. Se si guarda bene il contesto in cui è narrato l’episodio, ci si rende conto che Gesù in diverse occasioni è andato contro i dettami della legge di Mosè oppure di una certa interpretazione della legge stessa.

L’idea di fondo, evidenziata anche da Paolo nella lettera ai Galati, è che se tutto deve continuare come al solito non era certo necessario che Gesù si presentasse sulla scena della storia. L’audacia di Gesù di non seguire le regole già codificate partiva dal fatto che egli si rendeva conto che tali regole vissute per se stesse non portavano da nessuna parte, anzi tendevano ad allontanare da Dio e dal motivo per cui ha senso vivere una vita di fede: trovare il significato della propria vita e dominare l’angoscia che è connessa con la vita stessa. Egli vedeva che intorno a sé c’erano persone spesso bloccate dentro perché costrette a ripetere schemi senza senso, a vivere riti vuoti e inefficaci, a dover subire comunque i soprusi dei potenti i quali, nonostante la Scrittura dicesse che sarebbero stati distrutti da Dio, continuavano a prosperare e ad aumentare il potere e la ricchezza. Per di più anche chi doveva mediare questa Parola era spesso connivente con i potenti di turno, prendeva parte alla spartizione delle ricchezze, aumentava i privilegi di casta che automaticamente richiedevano pesanti tassazioni che uccidevano i soliti noti.

Gesù non ha fondato una nuova religione ma ha voluto smascherare l’inganno di un tipo di religione che, attenta alle inezie dei riti, distraeva i credenti dalle grandi domande e anestetizzava quel desiderio di riscatto che veniva proiettato poi in promesse di premi ultramondani. Si, è esattamente l’idea di Marx di vedere nella religione l’oppio dei popoli e che fatalmente ha ricondotto a vecchie logiche anche il cristianesimo che era nato da tanti “no” detti al sistema. L’atteggiamento di Gesù verso la sua religione, che non ha mai abbandonato ma semmai ha riportato al suo significato più autentico (“misericordia io voglio e non sacrificio”, dicevano gli antichi profeti), diventa il criterio in ogni tempo per chi vuole professarsi suo discepolo e seguire le sue strade che raramente incrociavano i luoghi sacri se non per criticarli, ma che il più delle volte lo portavano a immergersi nella vita concreta e ascoltare il grido di dolore che nasceva dall’oppressione.

Anche oggi assistiamo ai tentativi palesi di neutralizzare la profezia che si era fatta denuncia del potere e prossimità agli ultimi, fatta propria dalla chiesa del concilio e oggi ridotta a piccole riserve indiane, in una realtà clericale che ha ripreso tutte le posizioni perdute e che ha ridotto la chiesa a un fenomeno mediatico e a un campo di battaglia tra consorterie rivali. Se si parla ancora di valori cristiani nella politica è semplicemente per nascondere l’ingordigia di tanti arrampicatori del potere che distraggono, con le grandi parole dell’etica della vita, i poveri cristi che vengono poi uccisi con la perdita di prospettive future. D’altronde hanno bene imparato lo stile da una casta clericale che denuncia le ingiustizie avvolta in scandalosi paludamenti e che abita in sontuosi palazzi.

Gesù aveva capito che ripetere le pratiche religiose canonizzate da quei gestori del sacro, anche se fatti con autenticità e fede, significava avallare quel sistema. Per questo ha detto che un nuovo stile ha bisogno di nuovi riti: non più sacrifici nel tempio, ma pasti conviviali nelle case, dove c’è sempre la possibilità di fare spazio a chi ha bisogno.

Il ritorno odierno a riti solenni, ma codificati quando c’era una solida alleanza tra trono ed altare, significa condividere quell’idea del passato ed è per questo che non si può ridurre una prassi ecclesiale a una questione di sensibilità personali, bensì deve essere l’espressione rituale di una nuova concezione del mondo.☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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