Due bambini scendono il sentiero della collina portando un cesto carico di muschio; mi passano accanto lasciando un odore antico di zolle, di stalla che appartiene alla mia memoria e mi commuove; camminano in un fiato di nebbia che sa di carbone, di fumo, di mandarini… sembrano teneri personaggi di cartoline di natale, quelle che oggi non si usano più; fluttuano velati e svelati nella leggera coltre bianca come immersi in un incantesimo; guardandoli, mi lascio prendere dalla nostalgia di cose passate perché alla mia età, si sa, i ricordi sono più dei sogni.
La notte della vigilia, rannicchiata nel caldo delle coperte, non erano le ombre della stanza con i loro sussurri e scricchiolii a tenermi sveglia, ma la certezza che quella notte sarebbe accaduto qualcosa di prodigioso come mia nonna mi aveva “predetto” nelle sue storie più belle, nelle sue nenie più dolci.
Intanto fuori cadeva la neve a rischiarare il buio, ad appendere merletti, a rizzare magici fondali.
L’indomani i tetti bianchi, il profumo di legna bruciata, di resina, di vaniglia, la letterina da mettere a pranzo sotto il piatto di papà, l’attesa di un piccolo dono, il suono lontano di zampogne (vero o immaginato non importa perché nulla mancasse all’iconografia natalizia), il presepe dove, sotto un cielo eternamente stellato, convivevano in condizione di primitiva innocenza, lupi, oche, caprette mentre deserti e ruscelli, torri merlate e moschee sorgevano accostate annullando ogni parametro di spazio e tempo, mi inebriavano di una gioia così profonda che non avrebbe avuto uguale in tutta la mia vita…
Oggi nelle case impazzano alberi di Natale grondanti di luci, i presepi sono rari e raffinati, tutto è più artificioso e meno segno di una fede autentica ma resta il Natale il luogo dove si adunano le più soavi fantasie dei bambini, la meta segreta dove convergono tutti i giorni del loro calendario.
Due bambini scendono il sentiero della collina portando un cesto carico di muschio; mi passano accanto lasciando un odore antico di zolle, di stalla che appartiene alla mia memoria e mi commuove; camminano in un fiato di nebbia che sa di carbone, di fumo, di mandarini… sembrano teneri personaggi di cartoline di natale, quelle che oggi non si usano più; fluttuano velati e svelati nella leggera coltre bianca come immersi in un incantesimo; guardandoli, mi lascio prendere dalla nostalgia di cose passate perché alla mia età, si sa, i ricordi sono più dei sogni.
La notte della vigilia, rannicchiata nel caldo delle coperte, non erano le ombre della stanza con i loro sussurri e scricchiolii a tenermi sveglia, ma la certezza che quella notte sarebbe accaduto qualcosa di prodigioso come mia nonna mi aveva “predetto” nelle sue storie più belle, nelle sue nenie più dolci.
Intanto fuori cadeva la neve a rischiarare il buio, ad appendere merletti, a rizzare magici fondali.
L’indomani i tetti bianchi, il profumo di legna bruciata, di resina, di vaniglia, la letterina da mettere a pranzo sotto il piatto di papà, l’attesa di un piccolo dono, il suono lontano di zampogne (vero o immaginato non importa perché nulla mancasse all’iconografia natalizia), il presepe dove, sotto un cielo eternamente stellato, convivevano in condizione di primitiva innocenza, lupi, oche, caprette mentre deserti e ruscelli, torri merlate e moschee sorgevano accostate annullando ogni parametro di spazio e tempo, mi inebriavano di una gioia così profonda che non avrebbe avuto uguale in tutta la mia vita…
Oggi nelle case impazzano alberi di Natale grondanti di luci, i presepi sono rari e raffinati, tutto è più artificioso e meno segno di una fede autentica ma resta il Natale il luogo dove si adunano le più soavi fantasie dei bambini, la meta segreta dove convergono tutti i giorni del loro calendario.
Due bambini scendono il sentiero della collina portando un cesto carico di muschio
Due bambini scendono il sentiero della collina portando un cesto carico di muschio; mi passano accanto lasciando un odore antico di zolle, di stalla che appartiene alla mia memoria e mi commuove; camminano in un fiato di nebbia che sa di carbone, di fumo, di mandarini… sembrano teneri personaggi di cartoline di natale, quelle che oggi non si usano più; fluttuano velati e svelati nella leggera coltre bianca come immersi in un incantesimo; guardandoli, mi lascio prendere dalla nostalgia di cose passate perché alla mia età, si sa, i ricordi sono più dei sogni.
La notte della vigilia, rannicchiata nel caldo delle coperte, non erano le ombre della stanza con i loro sussurri e scricchiolii a tenermi sveglia, ma la certezza che quella notte sarebbe accaduto qualcosa di prodigioso come mia nonna mi aveva “predetto” nelle sue storie più belle, nelle sue nenie più dolci.
Intanto fuori cadeva la neve a rischiarare il buio, ad appendere merletti, a rizzare magici fondali.
L’indomani i tetti bianchi, il profumo di legna bruciata, di resina, di vaniglia, la letterina da mettere a pranzo sotto il piatto di papà, l’attesa di un piccolo dono, il suono lontano di zampogne (vero o immaginato non importa perché nulla mancasse all’iconografia natalizia), il presepe dove, sotto un cielo eternamente stellato, convivevano in condizione di primitiva innocenza, lupi, oche, caprette mentre deserti e ruscelli, torri merlate e moschee sorgevano accostate annullando ogni parametro di spazio e tempo, mi inebriavano di una gioia così profonda che non avrebbe avuto uguale in tutta la mia vita…
Oggi nelle case impazzano alberi di Natale grondanti di luci, i presepi sono rari e raffinati, tutto è più artificioso e meno segno di una fede autentica ma resta il Natale il luogo dove si adunano le più soavi fantasie dei bambini, la meta segreta dove convergono tutti i giorni del loro calendario.
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