ai confini del reale di Mara Mancini | La Fonte TV
Su un articolo de La Repubblica del 10 gennaio 2013, Stefano Bartezzaghi informa i lettori del fact checking che, nato negli USA, è la verifica scrupolosa di fatti riportati da politici, giornalisti e media, grazie al quale ogni tanto viene smascherato qualche errore da essi commesso. “Il problema – ci spiega – è che la differenza fra realtà e finzione, come fra reality e fiction, incomincia ad essere molto sfumato. Come gli spettatori fermano per strada i celebri attori dei medical drama (come Doctor House) chiedendo loro diagnosi, così gli appassionati di misteri e mistery ad alta tecnologia finiscono per avere l’impressione che con un adeguato dispiegamento di mezzi non ci sia delitto o mistero che non possa essere spiegato. Nella realtà, e purtroppo, la tecnologia stenta a dire, nell’arco di cinque giorni, come possa essere scomparso un aeroplano”. Magari, aggrappandoci a qualsiasi cosa pur di trovare una risposta, saremmo capaci di trovare la soluzione in quel film di alieni in cui succede qualcosa di simile.
Ci capita talmente tanto di confondere realtà e finzione che qualcuno arriva al punto da chiamare il famoso Capitan Ventosa del tg satirico Striscia la Notizia perché si ha la convinzione che fantasmi o presenze gestiscano la tv che in effetti (ma come postumo di un lampo!) si accende, spegne e cambia programma a suo piacimento. Spesso si finisce per confondere anche ciò che si legge sui libri con quello che si vive nella realtà, come quando Goethe scrisse I dolori del giovane Werter narrando la vicenda di un amore infelice che spinse il protagonista a suicidarsi e molti giovani, nell’eccessiva identificazione con questo personaggio, arrivarono in numerosi casi addirittura ad imitarne l’estremo gesto.
Kierkegaard, filosofo dell’800, sosteneva che la disperazione (condizione dell’uomo rispetto alla sua interiorità) è quella a cui oggi diamo il nome di evasione, cioè il rifugio in possibilità fantastiche, illimitate, che non si concretizzeranno mai, e dato che “nella possibilità tutto è possibile”, ci si può smarrire. Ma allora scorgere possibilità nella fantasia diventa un modo per non confrontarci con le varie situazioni della vita e, nella disperazione, evadere mettendo tutto in disparte? E soprattutto, non è che questo ragionamento ce l’abbiamo ben presente?
Ai confini del reale, c’è il rischio di sporgersi troppo oltre. E spingersi oltre i confini del reale, vorrebbe dire perdere l’orientamento, trovarci in una selva oscura senza la presenza miracolosa di qualche Virgilio che possa salvarci. Ai confini del reale si rischia di perdere di vista gli orizzonti, si rischia di vedere sfumati i limiti tra immaginazione e realtà. E i nostri limiti.
maramancini94@tiscali.it
Su un articolo de La Repubblica del 10 gennaio 2013, Stefano Bartezzaghi informa i lettori del fact checking che, nato negli USA, è la verifica scrupolosa di fatti riportati da politici, giornalisti e media, grazie al quale ogni tanto viene smascherato qualche errore da essi commesso. “Il problema – ci spiega – è che la differenza fra realtà e finzione, come fra reality e fiction, incomincia ad essere molto sfumato. Come gli spettatori fermano per strada i celebri attori dei medical drama (come Doctor House) chiedendo loro diagnosi, così gli appassionati di misteri e mistery ad alta tecnologia finiscono per avere l’impressione che con un adeguato dispiegamento di mezzi non ci sia delitto o mistero che non possa essere spiegato. Nella realtà, e purtroppo, la tecnologia stenta a dire, nell’arco di cinque giorni, come possa essere scomparso un aeroplano”. Magari, aggrappandoci a qualsiasi cosa pur di trovare una risposta, saremmo capaci di trovare la soluzione in quel film di alieni in cui succede qualcosa di simile.
Ci capita talmente tanto di confondere realtà e finzione che qualcuno arriva al punto da chiamare il famoso Capitan Ventosa del tg satirico Striscia la Notizia perché si ha la convinzione che fantasmi o presenze gestiscano la tv che in effetti (ma come postumo di un lampo!) si accende, spegne e cambia programma a suo piacimento. Spesso si finisce per confondere anche ciò che si legge sui libri con quello che si vive nella realtà, come quando Goethe scrisse I dolori del giovane Werter narrando la vicenda di un amore infelice che spinse il protagonista a suicidarsi e molti giovani, nell’eccessiva identificazione con questo personaggio, arrivarono in numerosi casi addirittura ad imitarne l’estremo gesto.
Kierkegaard, filosofo dell’800, sosteneva che la disperazione (condizione dell’uomo rispetto alla sua interiorità) è quella a cui oggi diamo il nome di evasione, cioè il rifugio in possibilità fantastiche, illimitate, che non si concretizzeranno mai, e dato che “nella possibilità tutto è possibile”, ci si può smarrire. Ma allora scorgere possibilità nella fantasia diventa un modo per non confrontarci con le varie situazioni della vita e, nella disperazione, evadere mettendo tutto in disparte? E soprattutto, non è che questo ragionamento ce l’abbiamo ben presente?
Ai confini del reale, c’è il rischio di sporgersi troppo oltre. E spingersi oltre i confini del reale, vorrebbe dire perdere l’orientamento, trovarci in una selva oscura senza la presenza miracolosa di qualche Virgilio che possa salvarci. Ai confini del reale si rischia di perdere di vista gli orizzonti, si rischia di vedere sfumati i limiti tra immaginazione e realtà. E i nostri limiti.
Su un articolo de La Repubblica del 10 gennaio 2013, Stefano Bartezzaghi informa i lettori del fact checking che, nato negli USA, è la verifica scrupolosa di fatti riportati da politici, giornalisti e media, grazie al quale ogni tanto viene smascherato qualche errore da essi commesso. “Il problema – ci spiega – è che la differenza fra realtà e finzione, come fra reality e fiction, incomincia ad essere molto sfumato. Come gli spettatori fermano per strada i celebri attori dei medical drama (come Doctor House) chiedendo loro diagnosi, così gli appassionati di misteri e mistery ad alta tecnologia finiscono per avere l’impressione che con un adeguato dispiegamento di mezzi non ci sia delitto o mistero che non possa essere spiegato. Nella realtà, e purtroppo, la tecnologia stenta a dire, nell’arco di cinque giorni, come possa essere scomparso un aeroplano”. Magari, aggrappandoci a qualsiasi cosa pur di trovare una risposta, saremmo capaci di trovare la soluzione in quel film di alieni in cui succede qualcosa di simile.
Ci capita talmente tanto di confondere realtà e finzione che qualcuno arriva al punto da chiamare il famoso Capitan Ventosa del tg satirico Striscia la Notizia perché si ha la convinzione che fantasmi o presenze gestiscano la tv che in effetti (ma come postumo di un lampo!) si accende, spegne e cambia programma a suo piacimento. Spesso si finisce per confondere anche ciò che si legge sui libri con quello che si vive nella realtà, come quando Goethe scrisse I dolori del giovane Werter narrando la vicenda di un amore infelice che spinse il protagonista a suicidarsi e molti giovani, nell’eccessiva identificazione con questo personaggio, arrivarono in numerosi casi addirittura ad imitarne l’estremo gesto.
Kierkegaard, filosofo dell’800, sosteneva che la disperazione (condizione dell’uomo rispetto alla sua interiorità) è quella a cui oggi diamo il nome di evasione, cioè il rifugio in possibilità fantastiche, illimitate, che non si concretizzeranno mai, e dato che “nella possibilità tutto è possibile”, ci si può smarrire. Ma allora scorgere possibilità nella fantasia diventa un modo per non confrontarci con le varie situazioni della vita e, nella disperazione, evadere mettendo tutto in disparte? E soprattutto, non è che questo ragionamento ce l’abbiamo ben presente?
Ai confini del reale, c’è il rischio di sporgersi troppo oltre. E spingersi oltre i confini del reale, vorrebbe dire perdere l’orientamento, trovarci in una selva oscura senza la presenza miracolosa di qualche Virgilio che possa salvarci. Ai confini del reale si rischia di perdere di vista gli orizzonti, si rischia di vedere sfumati i limiti tra immaginazione e realtà. E i nostri limiti.
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