comunicazione e comunità    di Antonio De Lellis
2 Settembre 2012 Share

comunicazione e comunità di Antonio De Lellis

 

A cosa serve comunicare se la parola non è viva? La parola, infatti, non è soltanto strumento di comunicazione, ma spirito portatore di vita. La parola costruisce comunicazione e questa genera relazioni sane, fatte di confronto aperto, base di una comunità viva.

Occorrono però alcune condizioni. La comunicazione dovrebbe essere sobria. Se il linguaggio è fondamentale per una corretta comunicazione bisogna subito dire che vi è un linguaggio sobrio, ma vi è anche un linguaggio invadente che supera i propri confini.

La comunicazione dovrebbe essere in grado di generare. Il linguaggio può essere anche scorretto, sconnesso e parziale: non genera, ma distrugge. Per edificare occorre però una parola chiara, pulita, senza tentennamenti, che guidi l’ascoltatore al centro del messaggio da trasmettere. In qualunque comunità umana o famiglia, che goda di buona salute, si potranno notare l’impegno per una diretta, onesta e corretta comunicazione che genera comunione.

Altro aspetto è il rapporto tra comunicazione e falsificazione. La parola menzognera, addomesticata, asservita agli interessi dei potenti è uno dei “sette vizi capitali” come riportato dal profeta Isaia: Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro (Is 5,20). In una società–mercato, come la nostra, anche il linguaggio è “sistema” e si rischia, adeguandosi, di diventarne parte acritica. Ogni sistema di potere genera il suo linguaggio e attraverso di esso soggioga le culture. La manomissione delle parole è l’arte del potere e chi lotta per ristabilire i giusti significati svolge la prima vera battaglia. Occorre una “bonifica” del linguaggio per scongiurare la manomissione delle parole. Anche attraverso le parole di questo giornale, allora, si può svolgere il compito fondamentale di “svelare” le parole a se stesse ed ai lettori perché ci sia chiarezza, trasparenza e le finalità siano chiare.

Molto spesso la frammentazione della comunità è il risultato di una errata comunicazione che ovviamente non genera comunione. Questa disgregazione si compie attraverso, ad esempio, una strategia di semplificazione della realtà ed una strategia di spostamento del locus e del focus del problema. Esempio: quando fu lanciato l’allarme “zingarelli, lavavetri e bambini che chiedono l’elemosina ai semafori” era stato presentato pubblicamente il rapporto 2006 di SOS Impresa che stimava in 77,8 miliardi di euro all’anno il fatturato della mafia italiana: il doppio di FIAT ed ENEL, dieci volte TELECOM. Conseguenza: la lotta ai “fastidiosi” ha disgregato, mentre la lotta alla “mafia dalla faccia pulita” o alla “borghesia mafiosa” avrebbe unito. Con condizioni simili per una comunicazione “ecologica”, dovremmo tener presente che non si può prescindere da ciò che siamo!

Dovremmo imparare un linguaggio coerente con la nostra natura o con le nostre scelte di vita. Faccio un esempio: da cosa si può notare la scelta cristiana? “I nostri linguaggi si sono normalizzati, le nostre azioni non hanno nulla di eccentrico, le nostre decisioni non hanno il soprassalto dell’ estro”. Agli apostoli, nel giorno di Pentecoste, la gente sbalordita diceva, beffandoli: “Sono ubriachi di mosto dolce”. Nessuno ferma per strada i cristiani di oggi per rimproverarli di essere “sbronzi”. Sempre Tonino Bello, diceva: “Occorrerebbe poi pensare al tema dei nostri compromessi col potere: quante volte la paura di perdere i privilegi ci blocca la profezia sulle labbra, se pur non ci rende complici di tante ingiustizie consumate sulla pelle dei poveri!”. E Ignazio Silone scriveva: “T’immagini tu il Battista offrire un concordato a Erode per sfuggire alla decapitazione? Ti immagini Gesù offrire un concordato a Ponzio Pilato, per evitare la crocifissione?”.

Non c’è più il brivido della passione. Lo stesso capita ai militanti dei partiti politici anche di sinistra. Già Gramsci, in una delle lettere, scrivendo ai suoi compagni diceva: “Manca il brivido della passione”. E questa osservazione ci porta dritto ad una altro concetto, quello della parresia, l’essere diretti senza spirito di rivalsa o di gelosia o di invidia, ma per la passione della verità e della reciproca correzione fraterna. La parresia comporta anche l’essere necessariamente capaci di denunciare ciò che non va. Non siamo più una comunità perché la comunicazione rasenta il balbettio rispetto a temi fondamentali quali le ingiustizie che generano nuovi processi di impoverimento.

Ci sta abbandonando il desiderio della costruzione del bene comune, che è prima di tutto una comunità viva, in grado di respingere i cancri della società quali la pigrizia e passività, miopia, assenza di senso critico, ingiustizie ed assenza di orizzonti di eutopia. Questi orizzonti comportano alcune linee direttrici “in comune”: il lavoro è una meta per tutti, ma non lo è la ricchezza; è possibile una vita per tutti rispettosa degli ecosistemi, beni comuni dell’intera umanità; la sofferenza va ascoltata e che non è una fragilità, ma senso profondo della vita; che la legittima ricerca della felicità è ciò che muove l’umanità verso spiagge aperte e pulite; le uniche armi che possiamo usare sono quelle delle parole e delle azioni nonviolente; la sicurezza non si ottiene con i manganelli, ma dando opportunità; una società sotto assedio è l’humus ideale per l’egoismo dell’opulenza; le vittime dei misteri delle stragi italiane hanno sete di verità e giustizia; l’apparire ad ogni costo è uno dei segni del potere e non potere dei segni; le logiche di potere devono essere sostituite da logiche di servizio; gli apparenti fallimenti, frutto spesso di umiliazioni, sono il lievito di una nuova umanità; la lotta non deve spaventarci, ma deve costarci; il sangue innocente farà rifiorire il deserto; la pace è opera di Dio e, insieme, azione dell’uomo.

Non si ha comunità senza comunione e non si ha comunione senza comunicazione. È questo il nesso di unificazione della società umana.☺

adelellis@virgilio.it

 

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