Alternanza scuola-lavoro
14 Novembre 2017
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Alternanza scuola-lavoro

Il 13 ottobre scorso a Campobasso, ma in quasi tutte le più grandi città del nostro paese, ci sono stati incontri pubblici, sit-in e manifestazioni nelle piazze, assemblee nelle scuole con al centro la questione spinosa e aspramente dibattuta dell’ alternanza scuola/lavoro. L’alternanza scuola/lavoro – asse portante della cosiddetta “buona scuola” renziana – sta scuotendo l’universo scolastico regionale e nazionale, facendolo rassomigliare a quello che è stato il clima di discussioni e approfondimenti che si facevano negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, quando si cominciava a ventilare (e successivamente a concretare) un rapporto sinergico fra la classe operaia, ossia il mondo del lavoro dipendente, e la scuola; fra il lavoro manuale ed l’intellighenzia. Le lotte antagonistiche, spesso anche violente, di quegli anni determinarono l’ingresso della scuola media, e successivamente anche di quella secondaria superiore di 2° grado, nelle fabbriche con l’istituzione delle 150 ore. Queste nella loro prima fase attuativa servivano a far conseguire il diploma di scuola media alle/ai lavoratrici/lavoratori che intendevano possedere, ed utilizzare di conseguenza, maggiori strumenti di conoscenza, per capire meglio la realtà sociale, il mondo, le dinamiche antagonistiche fra le classi sociali. Quindi, la scuola, con le sue proposte didattico-metodologiche, e la cultura facevano ufficialmente il loro ingresso nel mondo della produzione industriale, anche in quello del commercio e dei servizi, per rendere più agguerriti culturalmente ed autonomi i lavoratori.

Oggi le condizioni socio-econo- mico-culturali si sono profondamente modificate, nel senso che con la globalizzazione della produzione, con la libera circolazione delle merci e delle persone il lavoro è diventato un optional, non più un diritto/dovere, ma semplicemente la forma più macroscopica e indubitabile di precarietà e di subordinazione del lavoro dipendente agli interessi egoistici e corporativi degli imprenditori, delle banche, della finanza internazionale.

Il neoliberismo con l’abbattimento delle frontiere ha modo di scegliere la manodopera che gli serve, anche poco qualificata sotto l’aspetto della professionalità, in prima istanza al momento della delocalizzazione delle proprie aziende, che vengono spostate dai paesi industrializzati verso regioni dove il processo industriale sta facendo ancora i suoi primi passi. Secondariamente, proprio perché continua ancora la crisi economico-finan- ziaria, esso recluta la manodopera nei paesi meno ricchi, cosa che gli consente di ricattarla con il licenziamento, se non accetta salari irrisori, con la cessazione di ogni conflitto sindacale all’interno delle aziende, con la negazione delle tutele sindacali, con orari di lavoro massacranti, con straordinari non retribuiti, con condizioni di lavoro insalubri ed insindacabili.

Di qui, ha fatto ritorno il clima incontestabile della precarietà del rapporto di lavoro e quello della subalternità assoluta dei lavoratori agli interessi e ai progetti aziendali. Questa forma di rapporto fra lavoratori e ceto imprenditoriale umilia il lavoratore, riducendolo a schiavo, a semplice oggetto, a merce intercambiabile e, in qualunque momento anche licenziabile senza ragioni logiche o plausibili. Dunque, in questo clima di perdita della centralità del valore sociale del lavoro (Art.4 della C.C. e gli artt. del Titolo III, dal 35 al 41 della C.C.) si innesta la “buona scuola” renziana che ha imposto l’obbligatoria esperienza dell’ alternanza “scuola/lavoro (Legge 107), ritenuta fondamentale e necessaria per poter sostenere gli esami di maturità, dove concorre al voto come se fosse una disciplina come le altre. Pertanto, non più i docenti a fare e diffondere il “sapere” nel mondo della produzione e del lavoro, ma gli studenti (i liceali con 200 ore nel triennio; gli studenti dei professionali con 400 ore, sempre nel triennio superiore) a far da comparsa e da sfruttati negli Enti pubblici, nelle aziende private (per esempio, Zara) e anche multinazionali (per esempio, McDonalds). In questo modo abnorme gli studenti sono obbligati a fare l’alternanza, senza poter effettivamente conoscere il mondo della produzione o dei servizi, mondo nel quale emergono sia la crisi economica con la perdita e comunque con la precarietà del rapporto di lavoro, sia l’amara sofferenza psico-fisica dei lavoratori (che perdono, appunto, il lavoro). Di qui, la riflessione che il mondo studentesco sta portando avanti e che ha come fondamento tanto la richiesta della facoltatività dell’ esperienza quanto (con una scansione temporale successiva) il suo annullamento a fronte della perdita enorme del tempo dedicato allo studio. Infatti, una cosa è far conoscere come funziona il mondo del lavoro nella sua multiforme varietà, un’altra cosa è presumere che gli studenti possano già, all’atto dell’obbligo dell’alternanza, scegliere la loro futura esperienza professionale. Infatti, a nessuno degli studenti che abbia un minimo di capacità raziocinante manca la capacità di interpretare il senso vero della legge 107: cioè, impedire loro di appropriarsi in maniera più seria di un sapere teorico, base rilevante ed essenziale anche di una futura esperienza professionale. “Più studio e dunque so e conosco, più sono in grado di fare, capendo anche i meccanismi del mondo del lavoro!”. E non il contrario, come ci si ostina a dire e far fare agli studenti almeno da più di 20 anni, dall’epoca della riforma americana di Berlinguer e del centro sinistra, novello paladino del neoliberismo e diffusore della sua filosofia (saper fare ma con modestissimi strumenti del saper conoscere e del sapere interpretare meglio la realtà!).

Il giorno successivo alle manifestazioni contro l’alternanza scuola/lavoro, il 14 ottobre scorso, c’è stata la manifestazione nazionale, promossa dai Numeri Pari, Ad Alta Voce, contro la povertà e le diseguaglianze sociali, a Piazza San Giovanni Bosco, a Roma. Ma dei Numeri Pari e della campagna contro la povertà e le disuguaglianze scriveremo sul prossimo numero.☺

 

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