Andare incontro al futuro
12 Aprile 2019
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Andare incontro al futuro

Un paio di mesi fa, don Luigi Ciotti ha pubblicato un suo nuovo libro, Lettera ad un razzista del terzo millennio, edito dal Gruppo Abele di Torino, apparso estremamente rilevante e occasione di approfondimenti che aiutano a capire la filosofia che sorregge il decreto Salvini ed il punto di vista di quanti lo sostengono in Italia, lasciandosi incantare, e, di conseguenza, ingannare dalle argomentazioni che soprattutto in questi ultimi anni stanno alimentando il razzismo e l’odio contro gli ultimi della società, cioè il povero ed il migrante.

Il libro segue la scia di tanti esempi letterari presenti nella nostra tradizione culturale. Infatti, si tratta di una lettera che don Ciotti scrive ed indirizza ad un giovane che si è lasciato evidentemente influenzare dalla cultura che oggi è prevalente, cioè quella dell’odio, del rancore e del razzismo nei confronti di quanti soffrono la povertà, l’emarginazione, come i migranti o i poveri. Nel nostro Paese (ma anche in tutto il mondo) gli esclusi e gli ultimi stanno aumentando sensibilmente a causa della grave crisi economico-finanziaria che si è abbattuta sul nord del mondo, acuendo sensibilmente quella già endemica e radicata nei paesi sofferenti da sempre la povertà e l’arretratezza delle strutture produttive. L’interlocutore, dunque, della lettera che don Ciotti indirizza al razzista del terzo millennio è un giovane. Ma non è il solo, perché dal libro emergono almeno altri due interlocutori ai quali lui sembra pensare e si rivolge e sono la cosiddetta zona grigia, ossia quella enorme parte di società che sente, osserva, ma non parla né si esprime per non compromettersi, ma che ha la grande responsabilità civile ed etica del silenzio complice e connivente con la corruzione e le illegalità. Infine, un terzo soggetto è il ceto politico attuale – e di questi ultimi decenni -, sia di centro dx sia chiaramente anche di centro sx (di cui il Pd rappresenta il nerbo e l’ossatura prevalente, se solo pensiamo al decreto legge Turco/Napolitano e a quello Minniti/Orlando, che hanno fatto a gara ad introdurre misure sanzionatorie, che non hanno affatto favorito, anzi hanno contrastato l’integrazione, o meglio ancora l’interazione, che parte cospicua della società civile auspicava ed auspica tuttora). Infatti, le leggi Turco/Napolitano (introduzione della detenzione amministrativa, prefigurazione di una specie di carcere per i migranti irregolari) e Minniti/Orlando – 2017 – (limitatrice delle garanzie processuali per quanti chiedevano l’asilo politico, estendendo contemporaneamente i centri di detenzione per i migranti irregolari), in concomitanza con la Bossi/Fini – 2008 -(configurazione della condizione di straniero/non italiano come “reato”) hanno spalancato il terreno al decreto legge Salvini – dicembre 2018 -, che abolisce il permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito solo in parte – ed in modo molto limitato – da altri tipi di permesso.

Questo ultimo decreto raddoppia il periodo di detenzione amministrativa nei centri di permanenza per i rimpatri; smantella il sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati, gestito dai Comuni – gli Sprar -, prevedendo la predisposizione, cioè l’indicazione di Paesi d’origine sicuri, ed, inoltre, anche la revoca della cittadinanza in caso di condanna per taluni reati, ritenuti gravi e rischiosi per la collettività. Di qui, viene rimessa in totale discussione la universalità dei diritti e la concezione della giurisprudenza relativa alla eguaglianza degli esseri umani, pensiero non solo cristiano ma anche non confessionale e laico che noi troviamo espresso nella nostra Costituzione all’art.10.

Scrive don Ciotti che tutto questo inasprimento repressivo non ha niente a che fare con il concetto di sicurezza, che è, invece, vivere in libertà con gli altri e non a danno degli altri. La costruzione di una società fondata sulla responsabilità collettiva, che è articolata da e su diritti e doveri, deve essere consentita ad ogni persona che voglia godere di una dignità non violabile né penalizzata da norme ingiuste e contrarie allo spirito e al dettato della nostra Costituzione (art.3). Dunque, don Ciotti, a proposito del razzismo, oggi dominante nella società italiana e in Europa, usa espressioni molto dure, soprattutto quando si sofferma sulla capacità di dimenticare che esprime una parte molto cospicua di opinione pubblica. A questo proposito lui indica nella grave emorragia di memoria il punto dolente, l’elemento di debolezza civile ed etica in Italia, oggi. Dopo aver ricordato che dall’unità d’Italia ad oggi si sono registrate 24 milioni di partenze per le varie parti del mondo, don Ciotti rileva come gli italiani del sud e del nord del nostro Paese, quindi anche veneti, lombardi, piemontesi, liguri siano stati considerati dall’opinione corrente nei paesi dove essi hanno scelto di ricostruirsi una nuova vita come estranei, indesiderati, stranieri, pericolosi.

In particolare, don Ciotti cita l’articolo di un noto giornale scientifico nordamericano (il North American Review) del maggio 1922, in cui testualmente si legge: “Non abbiamo spazio in questo Paese per l’uomo con la zappa, sporco della terra che scava e guidato da una mente minimamente superiore a quella del bue, di cui è fratello. La percentuale degli stranieri con un’età mentale inferiore a quella di un undicenne è del 45,6%. Dobbiamo opporci agli arrivi dall’Italia, con il 63,4% di immigrati catalogabili al gradino più basso della scala”. Di qui, chi deve ricordare le antiche gravi discriminazioni, legate al processo di emigrazione dal nostro Paese, è proprio la nostra collettività nazionale, siamo proprio noi. “Il futuro è sempre incerto, amici miei. Preoccuparsi per i diritti degli altri non è buonismo, ma significa anche – oltre ad essere un segno di umanità – preoccuparsi dei propri. Perché non si sa a chi toccherà la prossima volta il fato avverso. Almeno affrontiamolo tutti quanti con dei diritti in tasca”.☺

 

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