Angoli del cuore
Sei forse da qualche parte, quando non sei presente in te? E se, dimenticando te stesso, tu avessi anche percorso il mondo intero, che giovamento ne avresti ricavato? Se vuoi avere pace e spirituale solidità, devi lasciar andare ogni cosa, e avere dinanzi agli occhi solamente te stesso (T. da Kempis).
Non è questione di scatoloni da riempire, mobili da spostare, lampadari da smontare, letti da trasportare: nel mondo di oggi tutto è più semplice; basta avere soldi o alcuni amici volenterosi e oplà il trasloco è fatto. E proprio quando è fatto, dopo che hai ravvolto nel tuo cuore gli angoli dove avevi vissuto questo e quest’altro, arrivano: lì nella stanza avevate detto parole incancellabili e vicino al camino vi eravate raccontati quello che il futuro non avrebbe cancellato; come il tondo della birra rimasto sul tappeto a ricordo del detto e promesso, e la scrivania che potrebbe essere la stessa, ma lì aveva quella luce che diffondeva, nei tuoi discorsi con gli altri, fervore, amore disinteressata intelligenza.
I luoghi nuovi non restituiscono la sensazione di quella casa, di quegli anni, di quelle persone che possono tornare anche nel nuovo luogo, ma non sono più quelle della casa precedente. Un trasloco, desiderato, non voluto, stravolge tutto: cose concrete, anima, cuore, luoghi definiti ed indefiniti. Crediamo di portarci dentro e con noi tutto ma non è così e non è il solo accendere per anni la luce a sinistra e qui nella nuova casa a destra, non è solo sfiorare la mano sulla libreria con libri al bordo ed ora invece di traverso, non è avere confuso la stanza da letto con lo studio e trovare la luce della cucina sempre più buia e prima era aria luce.
Giornalmente ti si strappa dentro qualcosa, diventa un grumo profondo di persone, luoghi, gesti, segnali dell’anima che non puoi portare con te. Il cuore ferito per molto tempo non li vede. Inutile la sera, prima di andar via, tentare il recupero di tutto per portarlo con sé; molti libri, molti oggetti per fretta, disimpegno, trascuratezza non saranno più con te. Ti senti colpevole di non avere creato barricate per la tua anima e di non avere saputo di creare da te stesso un addio alle cose, ai luoghi, alle persone.
Quando si va via da una casa,
l’ultima notte,
se non si ha il cuore nero,
si ritirano delicatamente
gli oggetti amati,
si fanno piccoli gusci per
riporre nitide memorie,
si mettono in mezzo ai
capelli raggi di sole
entrati dalla finestra la
mattina – mentre si guardava la
luce – al vetro fragile,
si cancellano le
ombre dai muri, si dice addio
ad ogni angolo chiamandolo
per nome e chiedendo scusa
alla propria anima di non
essere stati attenti, almeno una volta,
all’angelo che passava ed
aveva ali di fumo grigio
– quel tanto da esserne sorpresi -.
Si ripongono i dolori in fondo
al cassetto con la verbena,
si mettono l’una sull’altra
le ultime affermazioni
di verità insieme alle margherite
appassite, ai doni rinchiusi nel
nylon, ché non abbiano più
colore.
(Tutto questo
quando si va via da una casa,
l’ultima notte,
se non si ha il cuore nero)
(da Diario alla luce dei fatti Loredana Alberti).
Irrompono la nuova vita, nuovi programmi, turbinare di nuove situazioni e ti sembra di lievitare, di rotolare, non avere neppure il tempo di pensare: e questo è un bene. Ma a volte, la sera, per molto tempo – molto – sentiamo un sottile rumore che ci fa rabbrividire e non sappiamo se è il nostro cuore che ricerca altre luci o se è solo la nuova porta che ha un tarlo dentro che trr trrr attraversa il nostro cervello.☺