Katrin Switzer
20 Dicembre 2018
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Katrin Switzer

Le preziose: con questo titolo apro articoli che parlano di donne di ieri, l’altro ieri, oggi che, come le preziose del settecento hanno agito o vissuto per lasciare il testimone alle altre.

 

A Boston, una ragazza di nome Kathrine Switzer, scopre di amare la corsa di fondo, solo che – per le donne come lei – quel tipo di competizione non esiste, nemmeno esiste una squadra. La corsa è considerata inadatta per il corpo femminile: le donne non possono finire le corse lunghe e si ritiene che la corsa di fondo possa risultare persino dannosa per il loro apparato riproduttivo. Ma, un postino dell’Università che corre maratone, un signore sui cinquanta che si chiama Arnie Briggs e ha già partecipato a 15 edizioni della Maratona di Boston, inizia a seguirla per aiutarla a migliorare. Corrono sempre insieme, la ragazzina e il postino, fino a quando una sera, mentre si allenano con il freddo, Kathrine sbotta: “Oh basta parlare di questa maratona, corriamola!”. “È una distanza troppo lunga per il corpo di una donna. Ma se c’è una donna che potrebbe correrla, quella sei tu. Solo che prima lo devi dimostrare in allenamento”.

Kathrine accetta la sfida e, tre settimane prima della maratona, corre con Arnie per 26 miglia. Alla fine lo porta a correrne altre cinque e, quando finiscono, lui è stanchissimo. La mattina dopo Arnie le bussa alla porta con il modulo di iscrizione. Se la sua amica deve correre, allora deve essere in gara ufficialmente, con un numero sul petto, come gli uomini. Visto che sul modulo di iscrizione non viene esplicitamente richiesto il sesso del partecipante Arnie ha un’idea: Kathrine deve firmare allo stesso modo con cui firma i suoi articoli di giornale, con le sole iniziali.

Il misterioso nome K. V. Switzer entra nella lista dei partenti dell’aprile 1967. Prima di mettersi in viaggio per Boston Kathrine racconta tutto al suo ragazzo, Tom Miller, il lanciatore di martello. Lui la prende in giro: “Se tu corri 26 miglia allora lo faccio anch’io!”. Senza preparazione Tom si iscrive anche lui alla gara, insieme a un altro compagno di corsa di Kathrine, John Leonard. Alla partenza piove ghiaccio. Kathrine, con quel numero 261 che passerà alla storia, inizia la corsa insieme ad Arnie, John e Tom, suoi compagni di avventura. Poi, dopo qualche miglio, i giornalisti cominciano ad avvicinarla in massa e fotografarla e – improvvisamente – sente un suono di scarpe che corrono veloci dietro di lei, come le zampe di un cane che la insegue. Non fa in tempo a girarsi che un uomo l’ha già afferrata, cercando di strapparle il suo numero 261. È Jock Semple, un ex maratoneta che fa parte dei giudici di gara, urla: “Vattene dalla mia gara e dammi la pettorina. La ragazza sta per cadere quando Tom Miller placca Semple con tutta la potenza dei suoi 106 chili, lanciandolo a bordo strada come un pupazzo. “Corri come il demonio!” urla Arnie e Kathrine corre, avanti, insieme agli amici. Sono tutti scossi, Kathrine è affranta, è sul punto di ritirarsi, ma una consapevolezza la spinge a resistere.

“Se avessi mollato nessuno avrebbe mai creduto che le donne fossero in grado di correre 26 miglia. Se avessi mollato tutti avrebbero detto che era stata solo una trovata pubblicitaria. Se avessi mollato questo avrebbe portato lo sport femminile indietro, invece che avanti. Se avessi mollato non avrei mai corso a Boston. Se avessi mollato Jock Semple e quelli come lui avrebbero vinto. La mia paura e la mia umiliazione si trasformarono in rabbia”.

Kathrine Switzer chiude la maratona del 1967 mezzo congelata e con i calzini coperti di sangue nelle scarpe, nel tempo di 4 ore e 20 minuti. La sua partecipazione passa per “non ufficiale”, ma il suo numero 261 è partito e arrivato in fondo, come quello degli uomini, il suo nome non può essere cancellato dalla lista dei partecipanti.

“Ero entrata in un’altra vita, credo. I miei amici erano al settimo cielo, ma per loro tutto finiva con quella gara. Invece io sapevo che c’era molto più di quello”. Kathrine ha ragione, perché il suo gesto cambia la storia. I giornali ne parlano, le foto e le testimonianze raccontano la storia di una ragazzina che ha corso con gli uomini e ha finito la maratona con addosso la sua pettorina. Un’immagine rivoluzionaria. Ci vorranno altri 5 anni di pressione per far sì che il regolamento della maratona di Boston apra completamente alle donne. Nel 1974 la Switzer vince la celeberrima maratona di New York, mentre nel 1975 è seconda proprio alla maratona di Boston con il suo miglior tempo di sempre: 2 ore e 51 minuti. Viene nominata corridore donna del decennio 1967-1977. Non ha mai smesso di correre e cinquant’ anni dopo quel giorno, il 19 aprile del 2017, la settantenne Kathrine tornerà a gareggiare nella maratona di Boston indossando il numero 261.

“Dopo Boston, capii che vi erano milioni di donne al mondo cresciute senza credere di poter superare i limiti a loro imposti. Volevo fare qualcosa per migliorare le loro vite. Ciò di cui abbiamo bisogno è il coraggio di credere in noi stesse e andare avanti, passo dopo passo”.☺

 

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