associazione mafiosa   di MaoLev Neòi
27 Marzo 2012 Share

associazione mafiosa di MaoLev Neòi

 

La sentenza della Cassazione – 10 marzo 2012 – ha annullato, rinviandola a nuovo giudizio, la condanna a 7 anni del senatore del PDL Marcello Dell’Utri, in precedenza a tale pena condannato dal tribunale di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa per i fatti a lui imputati risalenti al periodo noto come quello della stagione stragista, cioè al 1992/93 (e anni precedenti). Anche la Corte di Assise di Firenze, a proposito della strage all’Accademia dei Georgofili a Firenze, la sera del 27 luglio 1993, dove ci furono cinque vittime, nell’ambito della sentenza all’ergastolo del boss di Brancaccio (Palermo) Francesco Tagliavia, ha scagionato il partito di Forza Italia, fondato tra gli altri dal senatore Dell’Utri e da Berlusconi, poiché non lo ritiene complice diretto di Cosa Nostra, autrice della fase “stragista” – 1991/1993 -, pur lasciando intendere che FI rappresentasse nel 1993/94 per Cosa Nostra una possibilità di affrancamento dalla precedente classe dirigente in declino (cioè, la DC). Infatti, alla DC di Salvo Lima – ucciso il 13 marzo 1992 – e di Giulio Andreotti si stava nel biennio 1993/94 sostituendo sulla ribalta della politica siciliana il partito berlusconiano, il cui asse centrale era rappresentato da funzionari e dirigenti delle società del signorotto di Arcore, a partire da Publitalia-Fininvest. Quindi, il teorema supposto soprattutto da Giovanni Falcone, che cioè per la repressione del cosiddetto “terzo livello” fosse necessario codificare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, cade in una condizione che a definire “pietosa” è dire poco! Dunque, il fatto che non esiste una specifica norma che attui e consideri effettivamente il “concorso esterno in associazione mafiosa” come un vero e proprio reato comporta, di conseguenza, che esso non sia imputabile o quanto meno che esso non implichi giudizi definitivi di condanna.

Ma andiamo con ordine. Tanto la Cassazione (su Dell’Utri), quanto la Corte di Assise di Firenze (sulla strage all’Accademia dei Georgofili e sui suoi mandanti/ispiratori) attualmente vogliono dire che nella fattispecie non esisterebbe un reato di concorso esterno in associazione mafiosa, con il risultato che le ipotesi e le intuizioni del pool di Palermo, diretto da Caponnetto, rimangano tali e quindi non applicabili alle norme del codice penale. Ma cosa dicevano i componenti del pool palermitano? Sostenevano che la mafia, Cosa Nostra, fosse forte di per sé, ma anche per le contiguità responsabilmente evidenti di una parte ampia di società civile – la cosiddetta massa grigia -. Di qui, il “terzo livello” sarebbe stato operativo ed essenziale alla politica di Cosa Nostra, in quanto rappresenterebbe l’ala non violenta, non armata, dell’associazione mafiosa.

Ma cosa è il concorso esterno in associazione mafiosa? Cosa implica e  cosa genera? Nel settembre 1982, dopo l’omicidio mafioso, 3 settembre, del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, nominato tre mesi prima prefetto di Palermo, è stata inserita nel codice penale, con l’art. 416 bis, un’incriminazione specifica per il solo fatto di far parte di un’associazione di tipo mafioso. Un’associazione di tipo mafioso si basa sul cosiddetto “metodo mafioso”, caratterizzato soprattutto dallo sfruttamento del vincolo associativo e dalle condizioni di subalternità complice e di omertà silente. Ora sia lo stato di assoggettamento che quello di omertà sono gli effetti dell’intimidazione mafiosa, cosa che costituisce il requisito descritto nel 416 bis. In parole povere è considerato partecipe di un’associazione mafiosa chi applica metodi tendenti a rafforzare l’associazione; inoltre, consolidano il sodalizio mafioso quanti svolgono compiti o specifiche funzioni finalizzate all’irrobustimento dell’associazione e ai suoi obiettivi malavitosi. La letteratura giurisprudenziale distingue fra “partecipe interno” e “concorrente esterno”. Il “partecipe interno”, quando entra nell’associazione, viene espropriato della sua identità, perché è considerato un membro effettivo dell’organizzazione di cui accetta tutte le regole. Il “concorrente esterno”, invece, entra in rapporto con l’associazione mafiosa in considerazione del suo ruolo sociale, economico o politico e ne resta a disposizione fino a quando è in grado di dare il suo contributo mediante la strumentalizzazione del suo ruolo e della sua funzione. In questi termini, e grazie a queste caratteristiche, il concorso esterno in associazione mafiosa, così come l’avevano supposto Falcone e Borsellino, ha dato i suoi frutti (tra gli altri la condanna di Bruno Contrada). Oggi il confine disegnato da questo reato è divenuto molto labile e ciò emerge a tutto tondo dalle sentenze sia della Cassazione (processo Dell’Utri) sia della Corte di Assise di Firenze (la strage all’Accademia di Via Georgofili) che hanno sminuito il concorso esterno.

Il problema è che la soluzione di questo dilemma per il bene della stessa giurisprudenza deve dipendere dal Parlamento che ha il compito istituzionale di legiferare, di essere cioè il perno reale della dialettica democratica del nostro paese e non essere invece affidato alle valutazioni della Cassazione. Le leggi, infatti, devono essere emanate dal Parlamento civilmente responsabilizzato a svolgere il suo compito; la magistratura dovrà poi metterle in pratica per il bene di tutta la collettività e per la salvaguardia di quel principio fondamentale in riferimento alla nostra vita democratica in base al quale la “legge è uguale per tutti”.☺

MaoLev Neòi

 

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