Azioni di disturbo
19 Settembre 2018
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Azioni di disturbo

“Creatura immaginaria, di enormi oppure piccole dimensioni, presente nei racconti della tradizione scandinava, che possiede poteri magici e vive nelle grotte o sulle montagne”: questa la definizione che il Cambridge Dictionary dà del vocabolo troll. Accolto nella lingua inglese intorno al XVII secolo ma di provenienza nordica, il termine attiene geograficamente alla zona settentrionale della Gran Bretagna, in particolare l’arcipelago delle Shetland, isole a nord-est della Scozia. Non propriamente anglofono quindi, troll riecheggia nella leggendaria saga delle nazioni del nord Europa, quelle stesse le cui popolazioni, in varie successioni nel corso dei secoli, hanno invaso le isole britanniche, sedimentandosi soprattutto nella lingua, l’attuale inglese, che raccoglie e conserva i contributi di diversi idiomi.

Ma perché può interessare soffermarsi su questo demoniaco abitante di boschi, monti o luoghi solitari e ricordare un personaggio dall’aspetto poco piacevole, con fattezze simili ai nani o agli elfi o richiamare alla mente il corrispettivo del personaggio dell’orco nelle altre tradizioni popolari? Semplicemente perché il vocabolo inglese ha fatto la sua comparsa in queste ultime settimane nel vocabolario della Rete: troll è l’utente anonimo di una comunità virtuale che intralcia lo svolgimento di una discussione attraverso l’invio di messaggi provocatori, o fuori tema: azioni di disturbo quelle del troll, molto simili a quelle nefaste attribuite ai fantastici esseri della mitologia nordica.

L’uso in campo informatico del vocabolo è anche ricondotto al verbo inglese to troll, il cui significato è muovere l’esca in modo tale da spingere il pesce ad abboccare. La corretta traduzione italiana del verbo troll è “pescare a traina”, un tipo di pesca che si pratica rimorchiando, dalla poppa di un’imbarcazione, in lento movimento, una o più lenze innescate con esca naturale o artificiale. Questa seconda interpretazione del termine rafforza l’accezione negativa che esso sta assumendo nel mondo virtuale: adescare, prendere all’amo, ingannare altri utenti. Il troll non disdegna di ricorrere all’anonimato, al falso profilo, al raggiro pur di carpire informazioni o diffondere disinformazione, notizie false. Comportarsi come un troll a volte può dipendere dal contesto e dalla personalità di chi scrive ed è anche possibile agire senza averne l’intenzione, irritando la comunità virtuale in modo involontario.

Come ha scritto Umberto Rapetto su Il fatto quotidiano, “il termine troll che rimbomba in questi giorni è riferito – pur con tutte le analogie comportamentali di gratuito disturbo del prossimo o del regolare ordine della vita quotidiana – a figure fittizie che infestano la Rete e interferiscono nei processi di informazione e comunicazione”. Egli li definisce moderni minotauri – metà macchine, metà esseri umani – che interagiscono online seminando messaggi irritanti, tweet e post completamente estranei al contesto in cui vengono pubblicati. Si tratta di vere e proprie organizzazioni, specialiste dell’informazione virtuale, che creando profili fasulli di presunti influencer scatenano tempeste sui social network: da ultima abbiamo assistito a quella relativa alle presunte minacce al Presidente della Repubblica, all’indomani delle consultazioni per la formazione del governo, ad opera di fantomatici troll russi!

Sempre Rapetto ci fa notare che “il miglior mercato per chi offre servizi di questo genere è la politica e che il periodo di maggior fertilità è ovviamente quello delle consultazioni o dei momenti più critici di una azione di governo. Quel che è accaduto … è l’evidente segnale di una fragilità che viene sublimata dalle silenziose urla digitate in caratteri tutti maiuscoli sulle differenti piattaforme telematiche”.

Sarebbe necessaria un’efficace alfabetizzazione di chi utilizza, e spesso in maniera inconsapevole, Internet. Se gli utenti dei social mostrassero maggiore coscienza, le cosiddette bufale non avrebbero modo di diffondersi e di attecchire, e non causerebbero quelle reazioni scomposte alle sollecitazioni più becere: “i troll si troverebbero disoccupati”.

“Da anni è con noi, tra noi, inter nos”, così Nicola Gardini riferendosi ad Internet, la rete che ormai domina il nostro tempo e il nostro mondo. E si domanda: “Ma che cos’è il mondo? Segni, null’altro: indizi di qualcosa che è stato, che sarà, che sta avvenendo. … Un segno, sicuro o no che sia, lontano o no che sappia condurci, è strumento primario di conoscenza. Più segni siamo in grado di individuare, più sapremo capire del mondo. … Quanti abbagli si prendono per un segno mal compreso! Quanti segni non erano segni, non segnalavano proprio niente, o rimandavano ad altro che continua a sfuggirci!”.☺

 

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