buone vacanze
18 Aprile 2010 Share

buone vacanze

 

Per introdurci al clima vacanziero a cui stiamo andando incontro, vorrei riflettere su una figura tragicomica della bibbia: il profeta Giona. Perché questo personaggio? Perché nel libro omonimo si parla di mare, di pesci, navi, sole e insolazioni: le gioie e i dolori dei vacanzieri, insomma.

L’inizio della storia è inconsueta: Dio ordina a Giona di andare a Ninive (capitale dell’Assiria, nel Nord dell’attuale Iraq) per annunciare agli abitanti che la città sarà distrutta. Anziché però obbedire all’ordine, Giona se ne va a Tarsis, cioè nella direzione opposta (secondo gli studiosi si tratterebbe della Spagna attuale, con tanto di Palma di Maiorca!): scende in porto, sale su una nave e si va a nascondere nella stiva. Dio però non si arrende e provoca una tempesta, che si calma solo quando i marinai gettano Giona in mare. A quel punto Giona va a Ninive a predicare, ma si arrabbia quando i niniviti si convertono e Dio non distrugge la città. Come a dire: visto che devo fare qualcosa contro voglia, almeno posso vendicarmi di quelli per i quali ho perso la quiete, divertendomi a vederli morire sotto il maglio dell’ira di Dio! E invece neppure questa “piccola” soddisfazione! Per attendere la fine di Ninive, si era messo a prendere il sole sotto una pianta striminzita che si è seccata con la calura. Giona si abbatte a tal punto da desiderare la morte per la perdita di quel confort. Il libretto (appena 4 capitoli) si chiude con la domanda di Dio: “Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita, e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere tra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità d’animali?” (Gn 4,10-11).

Il libro si chiude proprio così, senza una risposta di Giona, probabilmente perché l’onere passa al lettore che è chiamato a riflettere su questa storia apparentemente innocua ma che scardina dalle fondamenta tutte le ideologie religiose di Israele: non a caso questo libretto si perde nella marea degli altri profeti, come un ospite scomodo! Non sto qui a riferire tutte le questioni teologiche, ma voglio prendere il libro come la metafora della nostra società, in cui siamo messi di fronte a molteplici problemi, dall’ambiente alla fame nel mondo, dal problema della pace che non c’è alla sperequazione economica, dalla liberazione dei soggetti emarginati alla mancanza di interesse per il bene comune. Ebbene di fronte a tutto questo che facciamo? Ci mettiamo in vacanza.

Per carità, non voglio colpevolizzare chi si prende un po’ di riposo dopo un periodo di lavoro estenuante, ma pensiamoci bene: la vacanza spesso stanca e stressa più della vita normale e quando si torna si riprende la routine con la faccia di chi dice: “fatemi riposare, perché sono distrutto dalla vacanza, non ho trovato le cose promesse dai depliant e il servizio era scadente”. Perché accade questo? Probabilmente noi prendiamo la vacanza come “divertimento” col senso che il filosofo Pascal dava a questa parola: divertissement per Pascal significava voltarsi da un’altra parte, chiudere gli occhi, stordirsi per dimenticare i fantasmi che assalgono la mente e il cuore, come il “bere per dimenticare”.

Il problema delle nostre vacanze è che non le prendiamo come un momento per fare il punto della situazione, per ricaricarci e interrogarci sul perché, per esempio, l’economia spende miliardi per la pubblicità, perché ormai siamo convinti che bere l’acqua del rubinetto fa male, perché privatizzare sembra più bello, perché quelli del terzo mondo invadono le spiagge coi gommoni, perché la destra è uguale alla sinistra (lo dice pure Dio a Giona!), perché, perché, perché? (si potrebbe continuare all’infinito). Noi siamo come quelli del diluvio che, come dice Gesù, mangiavano e bevevano e non si accorgevano che incombeva la catastrofe. Preferiamo stordirci con il last minute, non percependo che veramente ci è rimasto poco tempo, non per prenotare il viaggio a Sharm, ma per dare ancora un domani a questo mondo! Che alternativa c’è? Probabilmente dobbiamo ridare senso al riposo come tempo di passaggio dal dovere compiuto a ciò che manca ancora da compiere; e proviamo anche a cambiare il nome di questo benedetto periodo: non più vacanza, cioè vuoto, ma riempimento: di idee, di amicizie, di progetti. Allora, buon riempimento; ops! Scusate: buone vacanze! ☺

 

 

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