carcere e cosib
2 Febbraio 2011 Share

carcere e cosib

 

Il carcere per Tonino Del Torto, coinvolto in un'indagine su un presunto traffico illecito di rifiuti, si è prolungato oltre le previsioni, in quanto l’impianto accusatorio sembra trovare una parziale conferma. Gli amici del “sistema” forse lo stanno abbandonando. Gli è stato fatto capire che le sue dimissioni, da presidente del Cosib, sarebbero opportune e così le ha rassegnate. La sua società d'intermediazione di rifiuti, coinvolta nelle indagini, si è sciolta.

L’incontro in carcere, in occasione della messa di Natale, mi ha profondamente commosso e colpito per l’isolamen- to nel quale è vissuto. La compagnia con detenuti ristretti per reati anche gravi e il cui esito, in qualche misura, è messo in conto, mi ha fatto pensare al carcere in una maniera diversa.

Abituato a condividere pezzi di storia insieme a persone con problemi di giustizia, mi sono chiesto qual era la natura di quella sofferenza per una persona abituata a vivere una vita eccellente fatta di successi. Sì forse era quella la vera differenza tra la moltitudine che cerca di vivere anche con un'ipotesi del genere e chi quella ipotesi non l’ha mai contemplata.

Gli ho stretto la mano cercando di trasmettergli una vicinanza anche critica, ma in quel momento vera. Ho vissuto quegli attimi con intensità, cercando una ragione possibile per cui una persona, così illustre, potesse stare lì a scontare una detenzione seppur preventiva. In molti mi hanno comunicato la loro contrarietà su una misura così severa e ritenuta non necessaria e mi sono venuti alla mente quei volti, meno illustri, di cui ci occupiamo poco, che vivono situazioni analoghe. Eppure quelle persone mi hanno stretto la mano in maniera diversa cercando di trasmettermi qualcosa, perfino un incoraggiamento.  Al termine i discorsi di rito e gli sguardi bassi dei detenuti costretti a vivere in condizioni di sovraffollamento. Le autorità minimizzano, ma chi ogni giorno vive in quel luogo ha sulla propria pelle stampata un disagio a volte insopportabile. Quando a finire dentro è una persona amica, pensi alle condizioni carcerarie, ma molti si fermano, senza fare il passaggio successivo, che implicherebbe un senso di responsabilità pesante.

Il Natale in carcere è stato diverso quest’anno, a parte l’indifferenza abituale di chi rappresenta l’istituzione. Forse però inizio a scorgere come questa festa è soprattutto per chi è provato, scoraggiato, solo come il detenuto. Il male non è mai una persona, ma una logica ingannatrice che ci ingoia rischiando di farci seppellire quella ricchezza profonda che si chiama umanità presente in ognuno. Provo nel profondo il dispiacere di non poter dare un piccolo contributo per un possibile cambiamento, così come accade in altre carceri dove c’è apertura per un intervento in stile comunitario.

A Termoli nessuno parla degli illustri detenuti sconosciuti, ma dell’“innominato” sì. Anzi non si parla d’altro, anche se nessuno lo fa apertamente. Si è tutti presi dalla crisi idrica che per alcuni è da imputare all’inquinamento e quindi anche ai traffici illeciti di rifiuti. Ci si organizza per richiedere i danni causati, dalle inavvertenze e dagli errori, e, molti, potrebbero osservare che di quel “bene comune” ci siamo dimenticati per molto tempo, così come di quei detenuti la cui umanità interessa davvero poco e che invece ci dicono molto di noi stessi. ☺

adelellis@virgilio.it

 

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