caro mohamed
22 Aprile 2010 Share

caro mohamed

 

Da quando sei con noi in comunità abbiamo imparato a conoscerti, a rispettare le tue abitudini, a darti fiducia e responsabilità, a volerti bene.

Come sai, la tua permanenza in comunità ed in Italia, è fortemente a rischio per una legge che non hai voluto o potuto rispettare perché, prima, eri tossicodipendente, poi detenuto.

Questo ci fa tornare in mente una frase di Lorenzo Milani, un sacerdote, che avresti certo apprezzato: “chi non sa amare il povero nei suoi errori non lo ama”.

La tua possibile “espulsio- ne” ci fa sentire più poveri e ci chiediamo qual è il senso della legalità in un’Italia in cui le merci ed il denaro circolano liberamente, mentre lo stesso non vale per le persone.

A giorni presenteremo alla Questura di Campobasso l’ultima istanza appellandoci ad una legge che attesta il diritto di cura di ogni persona indipendentemente dalla sua cittadinanza. 

Se dovesse andar male, racconta ai “tuoi” che anche nel Molise, la regione che ti ha accolto,  è sceso il senso della legalità.

Racconta degli scandali, degli omicidi, dell’usura, della speculazione edilizia, degli investimenti sproporzionati, tanto che, per alcuni di essi, si sospetta che il denaro utilizzato sia di dubbia provenienza.

Racconta di come tutto ciò soffoca un’economia agricola ormai, in gran parte, al servizio delle multinazionali della chimica, di un turismo che dovrebbe essere per tutti, travolto dalla multiproprietà,  di un piccolo commercio oppresso dalla grande distribuzione e di un’industria forse causa importante dell’epidemia di tumori che colpisce il Basso Molise.

Racconta di come la legge sull’immigrazione è forte con i deboli, mentre altre leggi, come ad esempio, sul nuovo diritto fallimentare, sulla produzione e commercio di armi e sul sistema bancario sono deboli con i forti.

Racconta dello Stato italiano che, paradosso dei paradossi, ti ha concesso l’indulto, facendoti perdere anche la possibilità di accedere alle misure alternative, già in arrivo.

Racconta Mohamed della paura che leggiamo nei tuoi occhi perché sai che nel tuo paese non esistono comunità.

Racconta del nostro affetto, del grido di ingiustizia che lanciamo per la legge di “Cesare”, delle domande su come rispettarla senza perdere la coscienza e la libertà che devono essere sempre al servizio di Dio.

Ti ho chiesto Mohamed di pregare insieme, nonostante le fedi diverse, l’unico Dio di Abramo, che vorremmo fosse nel vento impetuoso, nel terremoto, nel fuoco, per scuotere le coscienze degli uomini, ma che si manifesta nel mormorio di un vento leggero (1 Re 19,12). Dio sceglie la strada più difficile: parlare al cuore dell’uomo perché si svegli e si accorga delle tenebre che lo avvolgono! ☺

 

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