Collega e compagna
4 Giugno 2020
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Collega e compagna

Hai fatto di testa tua, come al solito, e hai deciso di andare. L’altro giorno mi hai detto addio al telefono chiamandomi per nome e poi il mugolio che facevamo quando eravamo tristi o quando dovevamo farci perdonare. Il “chiagnillo” lo chiamavi. In quel momento ho capito che non ti avrei più rivisto.
È difficile spiegare cosa mi univa a te. Eravamo profondamente diversi eppure profondamente uguali perché volevamo in definitiva le stesse cose. Forse l’unica cosa che ci separava davvero è il modo in cui intendiamo il lavoro: io lavoro per vivere tu vivevi per il tuo lavoro. La tua grande passione indiscussa assieme al calcio e alla squadra del Napoli.
Non avevo mai conosciuto una persona che amasse il suo lavoro come lo amavi tu, come amavi le persone e come le capivi. Con quegl’occhi gli entravi dentro e le spogliavi di tutto, dei loro pensieri, delle loro miserie, delle loro paure… eri praticamente in grado di fargli un’autopsia senza sporcarli.
Sei stata un’anima in pena, sempre in tumulto, il tuo cervello non si è fermato mai, nemmeno per dormire. Eri così potente che ti sei consumata da sola come una candela al buio. E come una candela al buio la tua luce risplendeva agli occhi di chiunque. Quegl’occhi Marianna, con quegl’occhi mi parlavi ed io capivo tutto. Ti meravigliavi di certe piccole cose come una bambina e quando lo facevi mi si apriva il cuore. Avevi la capacità di guardare il mondo cogliendone la bellezza ed ogni sfumatura di essa, di apprezzare la vita come nessuno mai.
Mi dicevi che ero un pazzo, perché mangiavo e bevevo e fumavo e mi soffermavo a perdere tempo dietro delle inezie mentre Tu non hai sprecato neanche un attimo della tua preziosa vita.
Quanto ti ho abbracciato! E questo mio modo fisico di volerti bene ti piaceva tanto. Ti ho fatto ridere e qualche volta ti ho fatto piangere e tu mi perdonavi. Perché sapevi perdonare e mi perdonavi sempre.
Mi ricordo la prima volta ad Ischia, a Sant’Angelo, il tuo Paradiso in terra. Tra le poche volte che ti ho vista davvero serena è lì, su quella bellissima terrazza a picco sul mare, il tuo mare, quello di Napoli, con davanti il Golfo e Capri e la spiaggia dei Maronti. Anche lì ti hanno voluto tutti bene sin da subito. Tutti, nessuno escluso. Hai letto che ti ha scritto la moglie di Celestino? E quello che ti ha scritto Celestino? “Ciao Marianna. Per me che credo fermamente in Dio, so che per te si sono spalancate le porte del paradiso. Sempre dolce e disponibile e dalla parte dei più deboli. Eri una persona meravigliosa”.
Ricordo quando mi hai chiesto di fare il cammello davanti a tutti e poi ho ballato senza freni, come un pazzo, e tu ridevi, ridevi che per quanto ridevi ti mettevi le manine davanti la bocca. Quasi ti vergognavi per quanto ridevi. Lì ti ho vista felice ed io ero felice. Avrei fatto qualunque cosa.
La stessa felicità e serenità che provavi quando ti facevo il Presepe su quell’angolo del soggiorno. Dicevi che era tutto al suo posto e sospiravi guardando quelle lucine rigorosamente bianche. Perché nella tua testa era tutto al suo posto.
Hai voluto bene ai miei figli. Purtroppo a causa di questi tempi calamitosi non hai potuto abbracciare Edoardo e mi chiedevi di inviarti le sue foto.
Solo l’Amore grande di cui eri capace poteva realizzare quello che è stato. Senza saperlo in quello studio si è realizzato un sogno ed io, noi, dobbiamo essere capaci di non svegliarci.
Marianna, ti prometto che quando sarà il momento racconterò ai miei figli chi eri e la vita vera che hai vissuto, una vita senza fronzoli perché tu sapevi quello che volevi e da che parte volevi stare. Racconterò loro del tuo Amore, della tua Intelligenza, della tua Rivoluzione, della tua Sofferenza che hanno cambiato la mia vita e le vite di tante persone. Sono sicuro che se avessi avuto ancora tempo avrebbero cambiato il mondo.
“Cucciolo! Non correre, vai piano” mi dicevi mentre ti accompagnavo. Io rallentavo, ma in realtà a correre sei stata sempre tu e io da lontano ti ho seguito e continuerò a seguirti come una stella.
A Dio.
Mauro Plescia

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