colpi di coda
25 Febbraio 2010 Share

colpi di coda

Siamo stati smascherati. Ebbene sì, apparteniamo a quei catto-comunisti a cui non sono bastate le televisioni per annientare la nostra coscienza politica. Già oggi possiamo scrivere: c’era una volta Berlusconi. E non è l’inizio di una fiaba, ma la consapevolezza storica che la sua stella è già tramontata, anche se il virus di cui è portatore ha infettato un po’ tutti. Da che mondo è mondo, quando il potente di turno ricorre o accentua la violenza e la repressione ottiene non l’effetto di far crescere la paura, ma quello di risvegliare le coscienze intorpidite ed è il segnale inequivocabile del suo declino. La scelta di Fini di sganciarsi, costatato che ormai è lesso, dovrebbe pur insegnare qualcosa all’ingenua sinistra.

Non ci meravigliamo più di tanto se presto a Roma farà aggiungere un terzo bambino sotto la lupa e rivelerà a porta a porta che la bestia allattava non solo Romolo e Remolo (lo chiama così, confidenzialmente, lui) ma anche Silviolo e mentre i primi due rissavano, lui partiva alla conquista di Milano perché dopotutto era il Migliore. Ci sarà sempre un Gasparri pronto ad attestarne la veridicità.Si è cucito addosso il lodo Alfano per garantirsi con l’immunità anche l’impunità. Ci sarà sempre un Ghedini ad attestarne l’opportunità.

Si è inventato il reato di clandestinità (costato già troppi morti innocenti) codificato nel pacchetto sicurezza, un mostro giuridico che la magistratura non potrà prendere in seria considerazione e presto dovrà essere cancellato. Ci sarà sempre un Maroni ad attestarne la necessità.

Ha caldeggiato i respingimenti, sempre scriteriati, per fermare la trasmigrazione dei popoli. “Non possiamo umanamente respingere l’umanità che si sposta a piedi per traversare il mondo per poi riversarsi da noi, riflette Erri De Luca. Tutto questo nostro accanirci è vano, materialmente inutile. Possiamo fare di peggio, inasprirci, incattivirci, trasformare le nostre forze dell’ordine in accaniti persecutori di viaggiatori. Ma invano. Considero la migrazione di milioni di esseri umani l’episodio più solenne e più grande del nostro tempo”. Ci sarà sempre un Bossi ad attestare che in fondo è un bel gioco.

Intimidisce i giornalisti chiamandoli farabutti, censura i programmi indigesti perché soprattutto la notte ha troppo da fare, non fa andare in onda le trasmissioni che lo oscurano perché il re sole non può non lumeggiare. Ci sarà sempre un Sansonetti ad attestare che è un ottimo interlocutore con un Vespa pronto ad ospitarlo (che non si fa con un contratto televisivo di oltre un milione di euro all’anno!).

Si spaccia per cattolico eppure i vescovi dell’Abruzzo e Molise (saranno tutti catto-comunisti?) la famigerata sera della perdonanza a L’Aquila avevano già declinato l’invito a intrattenersi a mensa col cainano, prima che esplodesse l’ennesimo scandalo che poi ha fatto accorrere solo il fido Letta a ritessere rapporti che nessuno ha intenzione di interrompere. Ci sarà sempre un card. Bertone pronto ad andare a cena con lui (per carità a fin di bene, perché fin tanto che stanno insieme non può peccare nel lettone di Putin con le escort).

Si è definito bugiardamente il presidente del consiglio più longevo della storia repubblicana italiana, nonostante gli manchi circa un anno per raggiungere De Gasperi. Ci sarà sempre un Iorio che ci crede e gli manda una letterona di felicitazioni. In fondo anche la matematica non è che un’opinione!

E là dove non arriva lui ci sarà sempre un Feltri che da fidato sicario spara cazzate su il giornale di proprietà di Berlusconi. E così accende la miccia sotto la sedia di Dino Boffo già silurato da “fuoco amico”, che in verità non rimpiangiamo per la conduzione di avvenire, anche se i guai peggiori per il quotidiano e i suoi lettori dovranno ancora arrivare.

Nel Molise, dove, rammentiamocelo, è stato eletto parlamentare, Berlusconi ha il suo clone nel presidente della giunta regionale, ora anche commissario alla sanità, perché giustamente (!) chi ha creato la voragine di centinaia di milioni di euro deve anche porvi rimedio. Ed è ben strano che il padrone assoluto del Molise, che dispensa favori e prebende, si senta minacciato da grottesche pallottole di carta, ma è ancora più strano che si corra a dargli solidarietà anziché chiedergli conto della pessima gestione della cosa pubblica.

Il 3 ottobre scenderemo in piazza per la difesa della libertà di informazione, anche per quella molisana vilmente asservita al padrone, sempre pronta a latrare su comando. È mai possibile che le grandi inchieste si riducano a mandare all’inferno o in paradiso, a consegnare oscar o tapiri e che gli avversari del capo coincidano puntualmente con le persone dileggiate dalla stampa? Un periodico costa, e noi ne sappiamo qualcosa. E allora, come è possibile che dei quotidiani vengano serviti gratuitamente nei cestini pubblici? O si sfrutta la manovalanza o qualcuno paga o l’una non esclude l’altra! Da quando in qua il cane si rivolta impunemente contro chi gli dà da mangiare?

Nient’altro che colpi di coda, gesti disperati che attestano non la vitalità, ma la fine del cavaliere e di quanti si sono avvinghiati a lui. Non è il momento, allora, di stare a guardare; lottiamo con nuovo vigore perché il futuro non resti imbrigliato fra le maglie di chi cerca in tutti i modi di ritardare il corso della storia. ☺

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