come le onde del mare
30 Aprile 2011 Share

come le onde del mare

 

Si chiamava Alice. Anzi, si chiama. Quando la conobbi aveva 6 anni, la mia stessa età. Che bella, la ricordo con quei lunghi boccoli d’oro che svolazzavano al vento del nostro paese di mare…

Quando finivo presto i compiti, la mia mamma mi portava sulla spiaggia vicino casa e ci capitava spesso di fare una sfida: lei mi inseguiva, e ogni volta che mi raggiungeva finivamo per terra lasciandoci bagnare dalle onde del mare. Ridevamo, scherzavamo: la ricordo così la mia mamma.

Un giorno intravidi una bambina sopra gli scogli; provai a raggiungerla, ma lei corse via piangendo. Non rividi “la bambina dai boccoli d’oro”per più di un anno, ma spesso le rivolgevo il pensiero. Il giorno del mio compleanno chiesi a mamma di farmi andare da sola sulla spiaggia per un po’. Avrei tanto desiderato poter rincontrare quella bambina! Non sapevo il perché… avrei potuto anche non riconoscerla, avrebbe potuto anche non essere del posto e quindi non tornare mai più su quella spiaggia. Dopo poco tempo, come per magia, la intravidi, sempre tra gli scogli: aveva gli stessi boccoli dell’anno precedente, impossibile non riconoscerla! Fissava le onde del mare. Riuscii a raggiungerla. Appena mi chiese chi ero, le spiegai di quando l’avevo vista e di come la sua immagine mi era rimasta impressa tanto da desiderare di rivederla: era il regalo più grande per quel giorno. “Perché che giorno è oggi?”, mi chiese. “Il mio compleanno!”. “Auguri! Hai già spento le candeline?”. “Sì, se ero certa di incontrarti qui ti avrei portato un pezzo della torta che mi ha fatto mamma”. “Ah, la tua mamma”. Perché, che aveva la mia mamma che non andava? “Tutto!”, mi rispose. Predominava il rumore delle onde del mare, che si girò a guardare prima di pronunciare quella parola “tutto” che avrebbe dovuto significare che era profondamente, completamente diversa dalla sua. Compresi poi che la sua mamma lavorava sempre, lasciandola con una tata. Da allora ci incontravamo su quella spiaggia qualche volta in estate: appena la vedevo dalla finestra le correvo incontro. “La spiaggia dell’amicizia” la chiamavo io.

Avevamo all’incirca 12 anni quando le chiesi il nome. In tutti quegli anni, nei quali la salutavo con un “ciao, bambina dai boccoli d’oro”, parlammo della nostra famiglia, dei nostri progetti, delle nostre idee. È buffo sapere tante cose di una persona e non conoscerne ciò che si svela al primo incontro: “Come ti chiami?”. “Alice”, mi rispose, “come Alice nel paese delle meraviglie”, che riempie la sua vita di sogni ed è alla ricerca. Chissà cosa mi riserva il destino”.

 A quel punto la bloccai dicendo: “Il destino non esiste, me l’ha detto mia madre! Il destino si avvera quando accade qualcosa di cui non siamo responsabili e non possiamo evitarlo. Ma fin quando si ha la forza di rialzarsi dopo una caduta, allora non si tratta di destino, ma di libero arbitrio”. “Il mio papà è morto a causa del destino!”. “Sì, ma il rapporto con la tua mamma non è mica già stabilito, puoi cambiarlo se lo vuoi! La vita è fatta di scelte!”. Aveva gli occhi lucidi. Si girò verso il mare. “Perché guardi sempre il mare?”, le chiesi. I suoi riccioli d’oro svolazzavano al vento. Dopo una breve esitazione mi rispose: “Guarda: è così che devi essere, promettimelo, come le onde del mare che si infrangono contro gli scogli trovando sempre la forza di riprovarci. Trova sempre la forza e il coraggio di non stancarti né abbatterti dinanzi alle difficoltà, fallo per me che invece non ci sono riuscita. Non piangerti addosso senza provare a reagire, amica mia”. “Amica mia” mi aveva chiamata! Nei suoi occhi leggevo tristezza e un accenno di felicità mista speranza.    Non sapevo risponderle. Mi prese la mano. “Chiudi gli occhi”, mi disse “senti l’odore del mare, ascolta questa pace in cui regna il ritmo delicato delle onde alternato dai versi dei gabbiani. È solo su questi scogli che, quando chiudo gli occhi, i pensieri mi abbandonano. Quando li riapro, invece, ritorno alla mia realtà”. Appena mi girai a guardarla continuò “Da quando mio padre è morto, mia madre si è gettata nel lavoro senza più starmi vicino. Siamo ricchi, non le serve lavorare dalla mattina alla sera. Credo lo faccia per non pensare. Non è di beni materiali che ho bisogno ma di affetto, che lei non mi ha più dato da quella disgrazia. Ho paura di sentirmi in colpa se le sbattessi in faccia tutta la verità”. “E invece è proprio questo che dovresti fare!”, le dissi scuotendo la testa. “Se le parli rivelando ciò che pensi realmente, forse rifletterà e cambierà atteggiamento”. “Non ho il coraggio”, mi ripose. “Tu pensi di poter cambiare le situazioni, io no. Domani parto. Mia madre è stata trasferita e devo andare insieme a lei”. “Non puoi sopportare tutto in silenzio!”. “A volte il silenzio è il rumore più forte. Io non mi sento che una goccia d’acqua in mezzo a quest’enorme mare!”,mi rispose.

L’abbracciai forte. Poi la salutai con un “ciao, bambina dai boccoli d’oro”.

Di una persona è importante conoscere la storia, non il nome! Anche se io, quel nome non lo dimenticherò mai, come quegli occhi, quei capelli, quella persona.

Qualche anno fa sono tornata su quegli scogli. Fissavo le onde del mare e mi bagnò il viso una lacrima: una piccola goccia che insieme a tante altre formava pur sempre il mare e la potenza delle sue onde. Ripensai a lei, alle sue parole; ripensai alla mia amica, alla bambina dai boccoli d’oro. ☺

maramancini94@tiscali.it

 

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