con ostinata caparbietà di Annamaria Mastropietro | La Fonte TV
A chi chiede, all’ottantasettesimo numero del nostro periodico, che cosa motivi la diffusione di queste pagine possiamo rispondere che la fonte ha la pretesa di segnalare “bisogni primari” negati, inevasi, insoluti: riassumerei così anche quanto emerso nell’annuale verifica di luglio, nel luogo simbolo del bisogno negato: la schiera dei prefabbricati dove vivono ancora, a Bonefro come in altri paesi del cratere, i terremotati del 2002.
Nell’Italia ferita in quest’ultimo decennio da ricorrenti fenomeni sismici, per i molisani come per gli aquilani e gli emiliani, possedere una casa, sia essa più o meno modesta, è esigenza di autoaffermazione, oltre che risposta ad un bisogno primario; per costruirsene una o per conservarla molti sono emigrati, in passato. Perderla equivale a vedersi sottrarre l’universo dei valori faticosamente perseguiti nel tempo, rinunciare ad angoli di vita che rinviano ciascuno alla propria storia familiare, in una parola perdere la propria identità.
Perciò ogni anno, con ostinata caparbietà, ci ripetiamo che la fonte risponde innanzitutto al bisogno, atteso con dignità ma ormai anche con rassegnazione, da dieci anni, dai terremotati del 2002 di riappropriarsi della propria casa.
Ciò che muove tutti i collaboratori è la necessità di una informazione corretta; non si predilige un settore a scapito di un altro, perché la denuncia riguarda l’ordine dell’antropologia come quello della politica e anche della spiritualità.
Ci rivolgiamo a lettori che bandiscono la politica marketing: candidati ridotti alla caricatura di se stessi, preoccupati di agghindarsi come prodotti di largo consumo, che banalizzano il linguaggio e i problemi.
Ci rivolgiamo a giovani, e sono tanti, disposti a resistere al tentativo di essere omologati e anestetizzati da idee precotte.
La fonte assume così – come è stato per altro rilevato – una funzione pedagogica di non poca importanza: vuole informare ma contemporaneamente formare, ha la pretesa di svolgere un ruolo educativo che ponga i lettori in condizione di confrontarsi con la realtà sociale e culturale del proprio territorio: leggerla criticamente, non subirla in modo acquiescente.
Non si può essere neutrali di fronte ai cambiamenti profondi che investono ciascuno di noi, a partire dalla salute, dall’ambiente, dal lavoro, né tantomeno lasciarsi affascinare dall'industria culturale che "compra" i giornalisti di maggior grido perché scrivano articoli in favore della propria linea politica.
Anche il superamento della separazione tra politica e religione è auspicato, perché l’obiettivo è il recupero di una laicità e il desiderio di una politica capaci entrambe di collegarsi organicamente al diritto e all’etica. Ce n’è per la chiesa cattolica, perché approfitti dei tempi che cambiano per abbandonare un linguaggio troppo spesso autoreferenziale, e per quegli intellettuali troppo codini e poco disposti a mettere da parte il loro narcisismo.
Di fronte a cambiamenti epocali, quali quelli che stiamo sperimentando a livello sociale, culturale, religioso, cosa può un periodico di periferia? Impedire la formattazione del pensiero e favorire il dialogo ed il ragionamento.
Per tutto ciò: si ricomincia! ☺
annama.mastropietro@tiscali.it
A chi chiede, all’ottantasettesimo numero del nostro periodico, che cosa motivi la diffusione di queste pagine possiamo rispondere che la fonte ha la pretesa di segnalare “bisogni primari” negati, inevasi, insoluti: riassumerei così anche quanto emerso nell’annuale verifica di luglio, nel luogo simbolo del bisogno negato: la schiera dei prefabbricati dove vivono ancora, a Bonefro come in altri paesi del cratere, i terremotati del 2002.
Nell’Italia ferita in quest’ultimo decennio da ricorrenti fenomeni sismici, per i molisani come per gli aquilani e gli emiliani, possedere una casa, sia essa più o meno modesta, è esigenza di autoaffermazione, oltre che risposta ad un bisogno primario; per costruirsene una o per conservarla molti sono emigrati, in passato. Perderla equivale a vedersi sottrarre l’universo dei valori faticosamente perseguiti nel tempo, rinunciare ad angoli di vita che rinviano ciascuno alla propria storia familiare, in una parola perdere la propria identità.
Perciò ogni anno, con ostinata caparbietà, ci ripetiamo che la fonte risponde innanzitutto al bisogno, atteso con dignità ma ormai anche con rassegnazione, da dieci anni, dai terremotati del 2002 di riappropriarsi della propria casa.
Ciò che muove tutti i collaboratori è la necessità di una informazione corretta; non si predilige un settore a scapito di un altro, perché la denuncia riguarda l’ordine dell’antropologia come quello della politica e anche della spiritualità.
Ci rivolgiamo a lettori che bandiscono la politica marketing: candidati ridotti alla caricatura di se stessi, preoccupati di agghindarsi come prodotti di largo consumo, che banalizzano il linguaggio e i problemi.
Ci rivolgiamo a giovani, e sono tanti, disposti a resistere al tentativo di essere omologati e anestetizzati da idee precotte.
La fonte assume così – come è stato per altro rilevato – una funzione pedagogica di non poca importanza: vuole informare ma contemporaneamente formare, ha la pretesa di svolgere un ruolo educativo che ponga i lettori in condizione di confrontarsi con la realtà sociale e culturale del proprio territorio: leggerla criticamente, non subirla in modo acquiescente.
Non si può essere neutrali di fronte ai cambiamenti profondi che investono ciascuno di noi, a partire dalla salute, dall’ambiente, dal lavoro, né tantomeno lasciarsi affascinare dall'industria culturale che "compra" i giornalisti di maggior grido perché scrivano articoli in favore della propria linea politica.
Anche il superamento della separazione tra politica e religione è auspicato, perché l’obiettivo è il recupero di una laicità e il desiderio di una politica capaci entrambe di collegarsi organicamente al diritto e all’etica. Ce n’è per la chiesa cattolica, perché approfitti dei tempi che cambiano per abbandonare un linguaggio troppo spesso autoreferenziale, e per quegli intellettuali troppo codini e poco disposti a mettere da parte il loro narcisismo.
Di fronte a cambiamenti epocali, quali quelli che stiamo sperimentando a livello sociale, culturale, religioso, cosa può un periodico di periferia? Impedire la formattazione del pensiero e favorire il dialogo ed il ragionamento.
A chi chiede, all’ottantasettesimo numero del nostro periodico, che cosa motivi la diffusione di queste pagine possiamo rispondere che la fonte ha la pretesa di segnalare “bisogni primari” negati, inevasi, insoluti: riassumerei così anche quanto emerso nell’annuale verifica di luglio, nel luogo simbolo del bisogno negato: la schiera dei prefabbricati dove vivono ancora, a Bonefro come in altri paesi del cratere, i terremotati del 2002.
Nell’Italia ferita in quest’ultimo decennio da ricorrenti fenomeni sismici, per i molisani come per gli aquilani e gli emiliani, possedere una casa, sia essa più o meno modesta, è esigenza di autoaffermazione, oltre che risposta ad un bisogno primario; per costruirsene una o per conservarla molti sono emigrati, in passato. Perderla equivale a vedersi sottrarre l’universo dei valori faticosamente perseguiti nel tempo, rinunciare ad angoli di vita che rinviano ciascuno alla propria storia familiare, in una parola perdere la propria identità.
Perciò ogni anno, con ostinata caparbietà, ci ripetiamo che la fonte risponde innanzitutto al bisogno, atteso con dignità ma ormai anche con rassegnazione, da dieci anni, dai terremotati del 2002 di riappropriarsi della propria casa.
Ciò che muove tutti i collaboratori è la necessità di una informazione corretta; non si predilige un settore a scapito di un altro, perché la denuncia riguarda l’ordine dell’antropologia come quello della politica e anche della spiritualità.
Ci rivolgiamo a lettori che bandiscono la politica marketing: candidati ridotti alla caricatura di se stessi, preoccupati di agghindarsi come prodotti di largo consumo, che banalizzano il linguaggio e i problemi.
Ci rivolgiamo a giovani, e sono tanti, disposti a resistere al tentativo di essere omologati e anestetizzati da idee precotte.
La fonte assume così – come è stato per altro rilevato – una funzione pedagogica di non poca importanza: vuole informare ma contemporaneamente formare, ha la pretesa di svolgere un ruolo educativo che ponga i lettori in condizione di confrontarsi con la realtà sociale e culturale del proprio territorio: leggerla criticamente, non subirla in modo acquiescente.
Non si può essere neutrali di fronte ai cambiamenti profondi che investono ciascuno di noi, a partire dalla salute, dall’ambiente, dal lavoro, né tantomeno lasciarsi affascinare dall'industria culturale che "compra" i giornalisti di maggior grido perché scrivano articoli in favore della propria linea politica.
Anche il superamento della separazione tra politica e religione è auspicato, perché l’obiettivo è il recupero di una laicità e il desiderio di una politica capaci entrambe di collegarsi organicamente al diritto e all’etica. Ce n’è per la chiesa cattolica, perché approfitti dei tempi che cambiano per abbandonare un linguaggio troppo spesso autoreferenziale, e per quegli intellettuali troppo codini e poco disposti a mettere da parte il loro narcisismo.
Di fronte a cambiamenti epocali, quali quelli che stiamo sperimentando a livello sociale, culturale, religioso, cosa può un periodico di periferia? Impedire la formattazione del pensiero e favorire il dialogo ed il ragionamento.
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