Confessioni di una termolese
7 Marzo 2024
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Confessioni di una termolese

Noi gente di mare cresciamo con un senso di infinito dentro, che ci accompagna per tutta la vita. Andiamo alla ricerca di spazi con orizzonti ampi e lontanissimi e, nell’intervallo tra lo sguardo ed il confine, lasciamo andare i nostri pensieri alla deriva. Il mare è il nostro compagno di viaggio e lo amiamo come si potrebbe amare un familiare stretto.
Ho sempre amato la mia città ed i ricordi più belli sono legati alla mia Termoli: ho trascorso un’infanzia indimenticabile tra i cortili assolati del mio quartiere e gli ombrelloni bianchi e verdi della spiaggia di Rio Vivo, la mia prima giovinezza ha viaggiato rapidamente sui campi da beach volley e le serate in spiaggia a cantare i Led Zeppelin accanto a un falò. Ho avuto la fortuna di poter tornare a vivere a Termoli dopo la laurea e lì mi sono accorta di quanto il mio microcosmo fosse cambiato, con la diaspora degli amici sparsi per l’Italia a cercare un lavoro giusto che qui non potevano trovare. I ricordi allora si sono tinti di un senso di impotenza e di ingiustizia, che negli anni si è amplificato e che tuttora provo.
Negli anni compresi tra il 1981 ed il 1991 – quelli della mia infanzia – Termoli ha avuto la sua espansione demografica più significativa, dopo il 1991 la crescita, anche se costante, è rallentata progressivamente. Negli ultimi anni la tendenza si sta addirittura invertendo, in sintonia con la decrescita demografica della Regione Molise. Eppure, paradossalmente, nella mia città si continua a costruire case e a consumare suolo, come chissà quale futuro ci dovesse attendere dietro l’angolo. Un futuro incerto e imprevedibile.
In queste ultime settimane, con l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale, ho pensato molto a quello che potrei fare io per la mia città, perché in questa condizione di impotenza mi sono sempre sentita stretta. Ho pensato anche un po’ a quel poco che ho fatto, attraverso la Consulta per le disabilità, i comitati di quartiere e le altre associazioni con le quali ho collaborato in questi anni. Abbiamo cercato di costruire qualcosa di nuovo e diverso, accendendo i riflettori sugli ultimi e sui più vulnerabili. Tutto questo mi ha fatto stare bene ed ha restituito un senso anche alla mia storia personale e al dolore.
So però che in questo momento oltre non posso andare, primo tra tutto perché questo non è un mondo pensato per i caregiver, perché per noi il tempo tolto ai familiari vale il doppio rispetto agli altri (nel mio caso anche il triplo), poi perché in questo momento della mia vita sento la necessità di fermarmi al mio posto, perché in fondo ci sto bene. Ho paura di perdere la vista dell’orizzonte che mi è tanto caro e penso sempre con grande disagio ad un eventuale impegno amministrativo, che potrebbe togliermi più di quanto potrei dare. Termoli merita più di questo.
Tutte queste non sono le giuste premesse per fare un salto ma per tenere ancora più salde le mie radici. In queste settimane ho sentito entusiasmo e voglia di costruire, spero che questo fiume non venga arginato dalle solite logiche personalistiche e clientelari che hanno caratterizzato la politica di questa Regione e della mia città. Però ci sono tante belle persone, portatrici di un entusiasmo disinteressato ed autentico, e c’è sempre speranza.☺

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