costruire il futuro  di Cristina Muccilli
2 Febbraio 2013 Share

costruire il futuro di Cristina Muccilli

 

“… Il nostro non è un messaggio di rassegnazione. E neanche di guerra, morte e distruzione. Il nostro messaggio è di lotta e resistenza… Sei anni dopo, due cose sono chiare: Loro non hanno bisogno di noi per fallire, Noi non abbiamo bisogno di loro per sopravvivere… In questi anni ci siamo rafforzati e abbiamo migliorato significativamente le nostre condizioni di vita… Abbiamo migliorato le nostre case senza fare scempio della natura imponendole percorsi che le sono alieni… Nei nostri villaggi, la terra, che prima serviva ad ingrassare il bestiame di allevatori e latifondisti, ora è per il mais, i fagioli e le verdure che colorano le nostre tavole… I nostri bambini e bambine vanno a una scuola che gli insegna la loro storia, quella della loro patria e del mondo, insieme alle scienze e alle tecniche necessarie per crescere senza smettere di essere indigeni. Le donne indigene zapatiste non sono vendute come mercanzie. Gli indigeni del Pri vanno ai nostri ospedali, cliniche e laboratori perché in quelli del governo non ci sono medicine, né apparecchi, né dottori, né personale qualificato” (Subcomandante Insurgente Marcos. Messico, Dicembre 2012).

Erano in quarantamila lo scorso 21 dicembre, pacifici e silenziosi hanno occupato cinque città del Chiapas per dimostrare che gli indios zapatisti sono ancora in vita.

Perché noi no?

Perché noi che non siamo perseguitati, che non abbiamo lo spettro incombente della polizia quando manifestiamo, che non siamo assassinati dalle forze dell’ordine la notte, per strada, se siamo alticci o un po’ fatti, che non rischiamo di morire di botte in carcere, che non veniamo picchiati se protestiamo per le nostre case spazzate via dal terremoto, che non veniamo processati se difendiamo il nostro territorio, che non abbiamo un solo migrante (reo soltanto di essere tale) né un tossico in galera (e per questo le nostre sono prigioni che rispettano la dignità umana); noi che viviamo allegramente senza un pensiero al mondo, che abbiamo tutti un lavoro e vediamo i nostri ragazzi procedere sereni verso la loro realizzazione professionale e umana, noi che veniamo ascoltati e rappresentati onorevolmente nelle varie sedi amministrative, che non conosciamo scandali politici di nessun genere, che siamo protetti da audaci e risolventi visioni programmatiche dei nostri partiti, noi che non conosciamo il significato dei termini corruzione e crimine organizzato, perché noi non possiamo organizzarci?

Antonio è un ragazzo di cinquant’anni e non è uno qualsiasi, alle spalle ha una laurea in Scienze economiche e bancarie conseguita a Pisa, anni di professionalità spesi in grandi aziende nazionali e una passione mai domata per la sua terra, passione che lo riporta in Molise a lavorare presso una delle nostre storiche factory poi fallita. Il nostro si reinventa la vita attraverso mille idee che attua in loco e concepisce un progetto per lo sfruttamento turistico, per iniziare solo sportivo, (e non invasivo) dell’intera regione. Inascoltato per lungo tempo dai vari poteri comprende che la soluzione è quella di partire dal basso, presenta la sua idea in una assemblea di associazioni (ancora in numero esiguo) e ora insieme a tanti di noi sta iniziando a dare voce e forma ad una ipotesi, ad un tentativo di cambiamento economico e sociale.

Antonio è un altro ragazzo della stessa età circa del primo, di professione Revisore dei conti, attivissimo nella battaglia per la ripubblicizzazione dell’acqua e in mille impegni nel sociale, fino a poco tempo fa una sua candidatura, men che meno come capolista, sarebbe stata impensabile per qualunque compagine politica, un rappresentante dei movimenti insieme a uomini di partito, una bestemmia! Ora le cose sono cambiate, la credibilità che i partiti, e soprattutto i nostri rappresentanti locali, hanno perso, si è trasferita ai movimenti che hanno dato vita all’organizzazione dei territori, nascono cosi ALBA, Cambiare si può, gli Arancioni, Rivoluzione civile e da noi Rivoluzione democratica. Si possono sprecare mille parole su questa novità elettorale (Rivoluzione Democratica), esprimere mille dubbi sulla composizione, la verità vera è, però, che rimane ultima possibilità per molti di noi di tradurre in un voto i nostri convincimenti. Ad Antonio auguro di mantenere sempre bocce ferme e sguardo basso e orizzontale, le prime per fronteggiare sia il pensiero unico di una crisi pagata dai più poveri sia la cieca protervia partitica, il secondo per cercare l’unica soluzione possibile e sostenibile alla crisi che non può prescindere dalla valorizzazione del territorio e dalla fame di democrazia e trasparenza.

Jaouad è un ragazzo di quarant’anni, laureato in Biologia, marocchino, da noi fa i lavori più disparati (mediatore culturale, contadino, edile) è il presidente di una cooperativa che sta nascendo in Molise sotto l’egida dell’associazione Primo Marzo; la terra che sarà fonte del sostentamento dei migranti, generosamente messa a loro disposizione, è stata sottratta all’abbandono cui era destinata. Il lavoro, la disponibilità, la competenza di un gruppo di sognatori sta producendo un piccolo miracolo.

E sono questi i piccoli passi da fare per costruirci un futuro. Senza mendicare aiuti da chi pensa solo al proprio tornaconto, senza aspettarci salvezza da chi non sa pensare, senza cercare ascolto presso chi ci deruba del diritto di vivere con dignità.

Perché noi no? ☺

cristina.muccilli@gmail.com

 

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