Davide: la forza della debolezza
1 Maggio 2016
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Davide: la forza della debolezza

Davide rispose al Filisteo: “Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore […] tutta la terra saprà che vi è un Dio in Israele. Tutta questa moltitudine saprà che il Signore non salva per mezzo della spada o della lancia” (1Sam 17,45.46-47).

Il primo libro di Samuele è in uno stretto contatto con 2 Samuele e 1-2 Re, libri che trattano la storia della monarchia. L’attribuzione a Samuele deriva dal ruolo da lui giocato sin dall’inizio della monarchia. Questo profeta unge sia Saul che Davide come re di Israele. I racconti di 1 Samuele mostrano la transizione dal periodo dei giudici a quello dei re e ruotano essenzialmente intorno a tre figure: Samuele, ultimo dei giudici e profeta di Israele, Saul, primo re d’Israele, e Davide suo successore. 1-2 Samuele mostrano la contrapposizione tra Saul e Davide, tra due tipi di regalità.

La monarchia viene instaurata in Israele a seguito della richiesta che le tribù muovono a Samuele che però si mostra assai riluttante: il popolo del Signore non può essere come gli altri popoli che si sottomettono a un sovrano, ma deve vivere la fiducia nel suo re che è proprio il Signore. Tuttavia dinanzi alle insistenze dei capi tribù il Signore lo invita ad accogliere la loro richiesta e Saul viene scelto come primo re che lotta contro i Filistei e li respinge nei loro confini. A lui subentra Davide che riuscirà a realizzare l’unità nazionale.

La vicenda di Saul è travagliata e complessa: sembra un uomo buono e generoso ma poi manca di pazienza e trasgredisce i comandi del Signore. Così dall’essere l’eletto del Signore viene rigettato e Dio sceglie un altro al suo posto: Davide, il più piccolo dei figli di Iesse il betlemita, un giovane pastorello, la cui elezione attesta che “l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore” (1Sam 16,7). Mentre Saul è ancora re agli occhi del popolo, c’è un altro re agli occhi di Dio, un ragazzo che si fa avanti per combattere contro il terrore di Israele, il gigante filisteo Golia. Tutti tremano dinanzi a lui, ma Davide si mostra dotato di un estremo coraggio malgrado sia solo “un ragazzo” e il Filisteo sia un “uomo d’armi fin dalla sua adolescenza” (1Sam 17,33). Davide è forte della sua esperienza di pastore perché spesso si è trovato a fronteggiare orsi e leoni, ma è soprattutto forte dell’assistenza divina che lo ha sempre liberato dai pericoli. Saul accetta la proposta di Davide e lo riveste della sua armatura, di cui però il giovane si libera presto per munirsi di armi alternative: un bastone, cinque ciottoli lisci e una fionda. È con queste armi umilissime che il pastorello affronta il gigante che si diletta a deriderlo e a disprezzarlo. Si passa così allo scontro che è assai breve: Davide con estrema destrezza lancia il ciottolo con la sua fionda e colpisce il Filisteo che cade a terra, poi estrae la spada di quel guerriero e con quella gli taglia la testa. I filistei si danno alla fuga e l’esercito di Saul li insegue per farne strage. Comincia così l’ascesa di un pastore di gregge che diviene pastore di un intero popolo.

Sono tante le sfide che si presentano nella nostra vita. Alcune ci immobilizzano a causa della loro complessità e delle difficoltà ad esse connesse. Allora ci sentiamo piccoli e fragili e ci scoraggiamo. È possibile invece, appoggiandoci all’esperienza maturata nel tempo e con la forza dell’umiltà e della fede in Dio, trasformare i nostri piccoli mezzi in strumenti vincenti. Il Golia che ci è chiesto di abbattere non è di carne e sangue, non è il prossimo o la persona dal carattere poco amabile contro cui affiliamo le nostre armi sprecando notevoli energie e sprecando addirittura la vita intera, ma è il nostro egoismo che rende malate le nostre relazioni, è il fatalismo che ci rende pigri, è la cultura del pessimismo che spegne i colori del futuro e pietrifica il presente.

 

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