dico o non dico ?
18 Aprile 2010 Share

dico o non dico ?

 

E’ scritto nella I Lettera ai Corinzi: “Le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse… Se vogliono imparare qualcosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea” (14,14-35). Ancora, nella I Lettera a Timoteo leggiamo: “La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo” (2,11-12). Mi è stato chiesto di riflettere sull’omosessualità, ma prima di dare qualche saggio di quanto la Bibbia dice a riguardo, ho voluto prendere in esame un altro argomento che nella storia cristiana ha causato milioni di vittime (fisicamente o moralmente), ma che oggi, almeno a parole, non è certo affrontato a suon di citazioni bibliche: la dignità della donna. Se noi applicassimo alle donne la stessa misura che applichiamo agli omosessuali, il fondamentalismo islamico (non il Corano, che invece, come la Bibbia, ha sia affermazioni negative che positive riguardo alla donna) ci farebbe un baffo quanto a risorse letterarie che parlano dell’inferiorità del gentil sesso. Se dovessimo ascoltare Paolo, inoltre (o chi per lui se, come dicono gli studiosi, la I Lettera ai Corinzi sarebbe stata interpolata dopo la morte di Paolo), oggi non ci sarebbe più trasmissione della fede, in quanto in chiesa ci vanno solo le donne e, tra i pochi uomini che ci vanno, sono da annoverare i preti che, come sappiamo, non sono sposati (almeno nell’occidente latino) per cui non hanno neppure una moglie che possa chiedere loro chiarimenti (al limite hanno la perpetua).

Se ci si appella all’argomento biblico sugli omosessuali, si rischia di dover rivedere tutte le nostre convinzioni di cristiani “civili” occidentali riguardo a una miriade di argomenti che oggi diamo per scontati. Vediamo quindi un piccolo saggio di quanto, sempre il Nuovo Testamento, dice (alla faccia dell’idea che mentre l’Antico Testamento parlerebbe di un Dio violento, il Nuovo parlerebbe solo di amore e perdono) riguardo all’omosessualità; sempre il solito Paolo ai Romani: “Per questo Dio li ha abbandonati (sta parlando dei pagani) a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti contro natura. Egualmente gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento” (1,26-27). E ancora, sempre Paolo (ma basta!) in 1 Cor 6,9-10: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio”. A difesa di Paolo c’è da dire che la prima citazione fa parte di una lunga argomentazione che vuole presentare un’umanità completamente immersa nel peccato per poi far emergere, al vertice del ragionamento, una frase di questo tipo: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché mentre eravamo ancora peccatori Cristo è morto per noi” (Rm 5,8); Paolo fa incetta di tutti i luoghi comuni del suo tempo riguardo ai diversi peccati per poi far risplendere l’annuncio di Dio che ama proprio questa umanità, non quella dei perfetti, dei puri, di quelli che bastano a se stessi. L’altra citazione poi, mette gli omosessuali (effeminati e sodomiti, nel linguaggio di Paolo) in buona compagnia, con tante altre categorie altrettanto attuali oggi: mi si spieghi perché le altre categorie in un modo o nell’altro possono essere giustificate mentre solo per i gay non vale la stessa indulgenza e dobbiamo assistere anche oggi al suicidio di un ragazzo preso in giro per la sua (presunta) omosessualità, in un clima sociale in cui anche chi dovrebbe difendere i deboli contribuisce all’ acuirsi di certi drammi!

Ovviamente il ragionamento ecclesiastico alto non è di questo tipo riguardo all’omosessualità, ma giustamente si parla di legge naturale e di natura biologica che vuole che l’uomo e la donna siano fatti l’uno per l’altra e anche che la vita nasca solo dall’unione di due patrimoni genetici eterosessuali (a meno che non si facciano esperimenti di laboratorio). Io non mi sento di criticare questo ragionamento della morale cattolica, in quanto sono fermamente convinto che un bambino che viene al mondo abbia bisogno di due figure di riferimento, entrambe necessarie, cioè il padre e la madre e se anche i fatti ci presentano bambini che crescono con uno solo dei genitori o senza entrambi, non per questo si può stabilire per legge qualcosa di diverso passando sulla testa del bambino, che ovviamente non ha possibilità di decidere. Ciò che mi dà fastidio è l’argomentazione sull’unione tra due persone consenzienti dello stesso sesso: se dovessimo appellarci alla natura, penso che ancora ci dovremmo svegliare dentro le caverne e inseguire gli animali a mani nude (neppure con le selci affilate, che già sono strumenti “culturali”).

L’uomo non è solo “natura”, ma è anche un essere capace di modellare la natura e vive anche attraverso il discernimento, frutto del cervello, che riesce a 

superare i vincoli della natura. Ha inventato il linguaggio attraverso cui esprime i sentimenti, che se fossero solo “naturali” si chiamerebbero istinto di conservazione, ma non amore, perdono, abnegazione, servizio, oppure esprime concetti come progetto, sogno, utopia, fraternità. Il matrimonio “naturale”, poi, è un’affermazione illogica dal punto di vista del linguaggio: nella natura esiste l’accoppiamento per la riproduzione; il matrimonio è cultura, in quanto implica la formulazione di parole, il coinvolgimento dei sentimenti, la capacità di progettare, un testo scritto che, in quanto “letteratura”, è il vertice della cultura umana! Stiamo attenti all’uso delle parole! Il matrimonio non è naturale, ma è piuttosto la vittoria sulla natura e sull’istinto bestiale che fa vedere nell’altro solo una preda da conquistare e non un essere da amare e servire!

L’obiezione che il moralista mi farà è di questo tipo: quando si parla di unione naturale ci si riferisce al significato di natura nella teologia, si intende cioè l’unione conforme alla “natura umana” secondo le categorie della filosofia tomistica: ma allora ditelo chiaramente! La gente pensa ad altro quando si parla di natura: pensa all’ambiente, agli animali, al Discovery Channel, non certo a Tommaso d’Aquino; dite che il progetto di Dio è quello di un’unione tra maschio e femmina, ma non dite poi che anche il non credente (indifferente al “progetto di Dio”) deve accettare la “legge naturale”, perché il non credente ha un’altra accezione di natura, quella della natura matrigna di Leopardi o della natura inconsciamente crudele di Darwin, non certo quella della riflessione tomista! Se non ci si intende sul linguaggio, ci sarà solo un dialogo tra sordi, cioè due monologhi e basta. Una volta chiarito di che natura si sta parlando, diciamo anche che Tommaso e gli altri come lui parlano di una natura che porta l’uomo alla sua autorealizzazione, che si esprime soprattutto nel riflettere l’immagine di Dio (che nell’immaginario cristiano non ha una presenza femminile all’interno, stranamente!) e cioè nel vivere l’amore, in quanto Dio è amore. Ma l’amore che in modo sublime ci è rivelato da Gesù Cristo consiste nella riproduzione sessuale (allora anche gli animali sarebbero immagine di questo amore) o nel servizio, nella stima dell’altro, nell’abnegazione, nella fedeltà all’impegno preso? Ovviamente la seconda che ho detto; se un uomo, infatti, picchia la moglie, la fa sentire la schiava di casa, magari riserva una dose di botte anche ai figli, tradisce la partner, tuttavia fa l’amore senza fantasia erotica, cioè solo in modo “naturale”, sta a posto con Dio? Se invece un uomo o una donna sono completamente legati a un’altra persona dello stesso sesso e non solo “fanno l’amore” ma amano anche nel momento del bisogno, rinunciano a se stessi per l’altro, progettano insieme, sono contro la volontà di Dio? Io non rispondo perché penso che sia evidente, partendo da S. Tommaso, che cosa sia veramente naturale, cioè corrispondente alla “natura” dell’uomo, in senso teologico.

Diversa è la questione dei figli: certo come tanti genitori si ritrovano figli omosessuali (quando lo sanno) ci sono tanti figli che, grazie al perbenismo ipocrita che impone anche agli omosessuali di sposarsi con uno dell’altro sesso, inguaiando delle famiglie, hanno un genitore (a volte entrambi) omosessuale e non per questo si devono sentire depauperati, in quanto comunque hanno un padre e una madre. Il vero punto di partenza per la questione figli non è se si è secondo natura o contro natura, ma il diritto fondamentale di chi viene al mondo di avere tutte le componenti necessarie per la propria maturazione psicologica, che deve avvenire nel confronto con entrambe le figure genitoriali. Se questo, in realtà, a volte non avviene, è fondamentale non creare una legge che avalli le disfunzioni sociali. A monte della questione, quindi, non c’è l’omosessualità (perché, ripeto, tanti hanno genitori omosessuali!) ma il diritto del più debole, cioè il bambino, ad avere garantite dalla società entrambe le figure parentali. La conclusione di tutto il ragionamento è che il criterio per agire deve essere sempre quello di partire dagli ultimi: tra il minore e l’omosessuale adulto, l’ultimo è il minore; tra l’omosessuale e “gli altri”, l’ultimo è l’omosessuale e penso che, dopo il dramma dei campi di sterminio, gli omosessuali, al pari di altre categorie, si siano meritati sul campo (qualora ce ne fosse stato bisogno) la dignità di essere riconosciuti nei diritti fondamentali da tutte le persone civili: il “mai più” che è stato pronunciato per gli ebrei deve valere anche per gli omosessuali, non dimenticando che tuttora ci sono paesi in cui si è condannati a morte (Arabia Saudita, ad esempio) o al carcere duro per il “reato” di omosessualità.

Se dal punto di vista della morale cattolica ci sono mille ragioni per accettare l’atto sessuale solo all’interno del matrimonio celebrato in chiesa (perché, per chi non lo sapesse o se ne fosse dimenticato, da quando i vescovi difendono con foga il matrimonio anche solo civile, questo dice la morale cattolica e cioè che, anche chi è sposato solo civilmente, è pubblico peccatore e non può né ricevere l’assoluzione sacramentale né la comunione!), escludendo ogni altro rapporto sessuale, sia eterosessuale che, ovviamente, omosessuale (ma qui subentrano motivazioni squisitamente religiose con cui i credenti cattolici devono fare i conti), stiamo attenti a non trasferire un universo concettuale teologico nell’agone laico della società civile, che obbedisce ad altri linguaggi e filosofie che solo in parte sono collegabili con la morale interna della chiesa cattolica romana; altrimenti, nulla vieta che un giorno si possa discutere di nuovo, come è avvenuto nell’Europa cristiana del II millennio, se i negri o le donne hanno l’anima, e quindi dei diritti.

Che non mi si dica, poi: “che c’azzecca?”. Perché la stessa domanda dovreste rivolgerla a Bagnasco che ha detto che se oggi approviamo i Di.Co. domani approveremo per legge l’incesto e la pedofilia. Permettete anche a me, povero prete di periferia, di dire delle bufale!☺

 

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