Una “Lettera aperta di un terremotato sopravvissuto”, firmata da don Antonio Di Lalla, apre il numero di novembre del mensile la fonte (www.lafonte2004.it). Il testo è di particolare attualità perché collega come in un fil rouge disastri che, seppur non prevedibili, si potevano sicuramente contenere nei loro drammatici esiti. La fonte, infatti, è un periodico di “resistenza umana” nato dopo il terremoto del 31 ottobre 2002, che in Molise ha lacerato muri e coscienze, mentre ad ormai dodici anni dal sisma la ricostruzione è ancora solo cominciata. Non potendo e non volendo rassegnarsi, un gruppo di persone, riunite attorno al direttore della testata, don Antonio di Lalla, parroco a Bonefro (Cb) nel 2004 ha deciso di dare vita a un giornale che richiamasse anzitutto la necessità di dare notizie attendibili, a cominciare dai paesi vittime del sisma e dai temi legati alla ricostruzione morale e civile delle comunità colpite da sisma. «Genova – scrive Di Lalla nella sua lettera aperta – è un caso eclatante, ma il nostro territorio è quasi tutto a rischio idrogeologico». «Non posso non arrabbiarmi di fronte a una regione che non si dota di un piano energetico e poi i consiglieri regionali, presi con le mani nella melassa, fanno voti perché si sospenda la costruzione delle centrali a biomasse nelle valli del Matese. Senza i cittadini a fare muro non si sarebbero interrotti i lavori e allora se è il popolo a dover difendere il territorio, ci sarebbe da concludere che i politici ci stanno solo per fare scempi!».
Adista segni nuovi n.43 pag.15
Una “Lettera aperta di un terremotato sopravvissuto”, firmata da don Antonio Di Lalla, apre il numero di novembre del mensile la fonte (www.lafonte2004.it). Il testo è di particolare attualità perché collega come in un fil rouge disastri che, seppur non prevedibili, si potevano sicuramente contenere nei loro drammatici esiti. La fonte, infatti, è un periodico di “resistenza umana” nato dopo il terremoto del 31 ottobre 2002, che in Molise ha lacerato muri e coscienze, mentre ad ormai dodici anni dal sisma la ricostruzione è ancora solo cominciata. Non potendo e non volendo rassegnarsi, un gruppo di persone, riunite attorno al direttore della testata, don Antonio di Lalla, parroco a Bonefro (Cb) nel 2004 ha deciso di dare vita a un giornale che richiamasse anzitutto la necessità di dare notizie attendibili, a cominciare dai paesi vittime del sisma e dai temi legati alla ricostruzione morale e civile delle comunità colpite da sisma. «Genova – scrive Di Lalla nella sua lettera aperta – è un caso eclatante, ma il nostro territorio è quasi tutto a rischio idrogeologico». «Non posso non arrabbiarmi di fronte a una regione che non si dota di un piano energetico e poi i consiglieri regionali, presi con le mani nella melassa, fanno voti perché si sospenda la costruzione delle centrali a biomasse nelle valli del Matese. Senza i cittadini a fare muro non si sarebbero interrotti i lavori e allora se è il popolo a dover difendere il territorio, ci sarebbe da concludere che i politici ci stanno solo per fare scempi!».
Una “Lettera aperta di un terremotato sopravvissuto”, firmata da don Antonio Di Lalla, apre il numero di novembre del mensile la fonte.
Una “Lettera aperta di un terremotato sopravvissuto”, firmata da don Antonio Di Lalla, apre il numero di novembre del mensile la fonte (www.lafonte2004.it). Il testo è di particolare attualità perché collega come in un fil rouge disastri che, seppur non prevedibili, si potevano sicuramente contenere nei loro drammatici esiti. La fonte, infatti, è un periodico di “resistenza umana” nato dopo il terremoto del 31 ottobre 2002, che in Molise ha lacerato muri e coscienze, mentre ad ormai dodici anni dal sisma la ricostruzione è ancora solo cominciata. Non potendo e non volendo rassegnarsi, un gruppo di persone, riunite attorno al direttore della testata, don Antonio di Lalla, parroco a Bonefro (Cb) nel 2004 ha deciso di dare vita a un giornale che richiamasse anzitutto la necessità di dare notizie attendibili, a cominciare dai paesi vittime del sisma e dai temi legati alla ricostruzione morale e civile delle comunità colpite da sisma. «Genova – scrive Di Lalla nella sua lettera aperta – è un caso eclatante, ma il nostro territorio è quasi tutto a rischio idrogeologico». «Non posso non arrabbiarmi di fronte a una regione che non si dota di un piano energetico e poi i consiglieri regionali, presi con le mani nella melassa, fanno voti perché si sospenda la costruzione delle centrali a biomasse nelle valli del Matese. Senza i cittadini a fare muro non si sarebbero interrotti i lavori e allora se è il popolo a dover difendere il territorio, ci sarebbe da concludere che i politici ci stanno solo per fare scempi!».
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