Diritto alla ribellione
17 Gennaio 2020
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Diritto alla ribellione

Sono reduce da un pellegrinaggio a piedi.

Da Larino al santuario di Santa Lucia a Sassinoro (BN), passando per Sant’Elia, Monacilioni, Jelsi e Santa Croce del Sannio. Quattro giorni di pacificazione, in cui le dimensioni di spazio e tempo hanno assunto quei valori consoni alla natura umana. Nell’era della tecnica, dove l’efficienza è il nuovo paradigma, il virtuale inchioda milioni di persone ai monitor di un PC, fare centinaia di chilometri a piedi è per i più anacronistico, per altri una moda, per altri ancora una ricerca di assoluto. Qualunque sia la categoria entro cui si viene collocati, la consapevolezza dell’essere pellegrini consente di leggere la realtà con altri occhi e maturare relazioni disinteressate che dischiudono l’essere umano.

Tina e Sebastiano hanno un’azienda agricola di alcune decine di ettari. I loro occhi pieni di vita cercano una strada per non soccombere. I conti non tornano più, le pastoie burocratiche sono sempre più insopportabili e le tasse da pagare rosicchiano i loro risparmi. I figli sono andati via e la loro solitudine li spinge a chiedersi perché fare sacrifici i cui utili vanno nelle casse dello Stato. Sebastiano si vanta di essere meridionale e accusa i tanti governi che si sono succeduti di aver affamato il meridione a vantaggio delle regioni del nord.

“L’ultima porcata è questa richiesta di autonomia regionale differenziata” afferma e dopo un attimo di esitazione: “siamo uno Stato, oppure no?”. Parliamo della legge sul federalismo fiscale voluta dal leghista Calderoli e dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni), vale a dire i livelli dei servizi essenziali ai quali hanno diritto tutti i cittadini. Ci diciamo che lo Stato non ha provveduto alla determinazione dei LEP e si è continuato con il precedente criterio in base al quale “tanto spendi, tanto ti viene riconosciuto dallo Stato”. La moglie lo invita a moderare i toni, ma Sebastiano si infervora ancora di più quando ricorda che alla spesa media pro-capite di 67 euro, stabilita dal SOSE spa, vengono aggiunti o tolti degli euro in funzione di “variabili dummy regionali”, al punto che, per comuni anche popolosi, come Caivano e Casoria, in provincia di Napoli, 70-80 mila abitanti, il fabbisogno riconosciuto è zero virgola zero zero. “È una ingiustizia!”

“Scoprire”, denuncia Marco Esposito, giornalista del Mattino, “che ci sono variabili territoriali, variabili razziste, come vogliamo dire, che in base al fatto di essere residente in un territorio ti spetta meno e quindi ti tolgo dei soldi da un anno all’altro, è stato agghiacciante”. Ci lasciamo con una stretta di mano. Il paesaggio, il freddo e la pioggia incalzante allontanano dalla mente riflessioni sui discorsi fatti e mi sento parte integrante dell’universo.

Più avanti faccio una sosta. Marisa titolare di un bar non ne può più. “Tasse, tasse e poi di nuovo tasse. Io non dico che le tasse non si devono pagare, ma oggi abbiamo una pressione fiscale e una burocrazia inaccettabile a fronte di servizi inesistenti. Vedi la sanità, la viabilità, per non parlare della giustizia. Un disastro. “Loro” e sottolinea il “loro” con il tono della voce, “possono bloccarci i conti correnti e le carte di credito, sequestrarci automezzi ed altri beni, senza neanche avvertirci”. Un signore attempato, barba incolta, ben coperto e con un cappello di lana pesante, dopo un sorso di birra esordisce: “l’uomo è prima dello Stato. Dall’uomo deriva lo Stato. Esso ha un solo compito, quello di servire l’uomo”. Dopo aver mandato giù un altro sorso di birra, aggiunge: “Ma non è così. Questa sovrastruttura giuridica e politica, al di sopra della cosiddetta società civile, esercita tutto il suo potere per perpetuare la sua esistenza, venendo meno al fondativo compito di servire l’uomo”.

Un autista di un’azienda di trasporti molisana riferisce che molti di loro non prendono lo stipendio per mesi e che per farsi pagare devono ricorrere a decreti ingiuntivi. “In un paese civile, dove lo stato di diritto è reale, queste cose non ci sono” e con rabbia sbotta “ci vuole la rivoluzione”. “È nostro diritto ribellarsi ai soprusi, alle iniquità”, riprende il signore con il cappello di lana pesante.“È un diritto e dovere dei cittadini esercitare quella sovranità sancita dall’articolo 1 della Costituzione”. Versa l’ultima goccia di Forst nel bicchiere e con occhi lucidi ricorda che già san Tommaso d’Aquino affermava: “chi uccide il tiranno è lodato e merita un premio”.

Devo riprendere il cammino e mi lascio alle spalle quel malessere che percepisco essere diffuso. Penso alle parole di Papa Francesco: “persistono oggi nel mondo numerose forme di ingiustizia” al punto che “mentre una parte dell’umanità vive nell’opulenza, un’altra parte vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata o calpestata e i suoi diritti fondamentali ignorati o violati”. Sì! il desiderio di un mondo migliore nasce proprio dalla percezione di ingiustizie nei diversi ambiti del consorzio umano e dovremmo esercitare quel diritto/dovere proposto da Giuseppe Dossetti nell’art. 50 del progetto di Costituzione e non approvato per opportunità politica. “Quando i pubblici poteri violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”.☺

 

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