Due cuori
29 Agosto 2017
laFonteTV (3191 articles)
Share

Due cuori

Non sono bolognese anche se vivo qui dal ‘71-72, anche se amo profondamente Bologna, i suoi portici, le vie che a settembre sanno di tigli, anche se amo i suoi tramonti, gli alberi, la nebbia, il caldo appiccicoso, l’ombra che scende da via de’ Chiari per arrivare in via Castiglione, via Rizzoli, la libreria Feltrinelli e prima la libreria antiquaria la Palmaverde, compagna di quaranta anni della mia vita, l’amo perché nel ‘73, io provinciale, camminavo per le strade con il senso della conquista e con la fiducia che tutto, tutto il mondo, potesse cambiare. E Bologna lo prometteva con la sua politica, le sue affermazioni nell’arte e nella scuola, io con le partecipazioni continue in campo scolastico dove ho compiuto, con gloriose colleghe, rivoluzioni con passione e lotte prometeiche; l’amo perché mi ha permesso di esistere nella scrittura e di vivere per trentanni con il teatro e con il resto dell’Italia teatrale e poetica, potendo far incontri che non avrei mai avuto se non fossi stata qui; l’amo perché ha fortificato la mia essenza politica che nell’adolescenza e giovinezza si era plasmata agli ascolti soprattutto di Amalia e Franco, i miei genitori, e di una Campobasso che fino agli anni sessanta/sessantacinque, era una città che voleva fiorire; l’amo perché mi ha dato consensi nelle mie idee teatrali, nella poetica civile e scontro politico in senso ampio e con larga partecipazione. Al teatro del guerriero, e parlo della cantina gloriosa dove dal ’77 al ‘93, tutti scendevano: poeti, artisti, scrittori, curiosi e pubblico fedele, arricchendo la mia anima e nello stesso tempo permettendomi di rispecchiarmi in loro. Sono una scrittrice perché scrivo da quando avevo cinque anni ma anche perché mi son confrontata-incontrata con nomi come Roberto Roversi, amico e mio padre putativo, che di me ha scritto per anni, vigile e partecipe.

I testi poetici di Loredana Alberti, fin dall’inizio si sono attestati sullo “zoccolo duro” di un problematico scontro-incontro con la realtà mutevole e precipitosa dei sentimenti. Non certo esemplificativi come dati soggettivi di una esistenza mai quieta anche a livello personale, ma come drammatico ed inevitabile incontro oggettivo con la realtà esistenziale in tutti i dettagli dei suoi elementi. La scrittura è dunque alta, nell’urgenza del caricare i propri segni del maggiore potenziale semantico possibile e i testi sono spesso allargati per cercare di intraprendere viaggi (o cammini) in tutte le direzioni di ricerca, di interesse culturale, di speranza sociale possibili o probabili. (…)la poesia di Loredana Alberti fra le varie tendenze attuali, è nella direzione della poesia “epica” (cioè poesia di ricerca totale)che dovrebbe essere o venire riconosciuta (Roberto Roversi 15 marzo 1997).

annotazioni e riflessioni

È la parola che tende, cerca di separarsi dall’immagine; ha questa costrizione vera, lucida. Tensione nel tendere, nel chiedere, nel volere (questo sì) scindersi dal suo rapporto con il sentimento della parola. Delle parole. Che non cercano più la cosa in sé, ma il sentimento del mondo in sé. Le immagini sono la parola che diventa, che si fa, che risuona e si propone. Come la campana che suona collegata alla sua lunga corda di canapa che non si spezza.

Le parole, dunque, sono fatte (dette) per sempre. Le parole da sempre non sono fatte se non c’è il sentimento dell’ autore/autrice che le porta; le inventa, le sostiene. Le consegna.

Il fuoco della guerra sarà spento dal fuoco delle parole che rinascono o nascono, caute o violente. La parola è. La parola vuole il corpo della cosa compiuta e non affidarsi a una suprema ma nebulosa fantasia di sogno. Il fuoco del mondo sarà spento dal fuoco delle parole; come già le parole hanno soffocato il fuoco della guerra, che è una parte del fuoco del mondo.

I piedi che attraversano l’acqua attraversano il fiume delle parole. Io vedo (sento) la parola come dentro al fuoco, al fiume della battaglia. Vicina ad essere soffocata o uccisa ma sempre salva per un ultimo miracoloso guizzo del suono.

La parola si frantuma dentro al suono; la parola non presiede ma sovrasta la cosa, la realtà. Essa insegue se stessa, essa parola cerca di pacificare, esaltandola, la propria stanchezza. Esaurita dai palpiti delle cose, la parola/cervo, la parola/Athena, la parola/farfalla, prima di consumarsi vuole esaltarsi nella luce di un’ultima palla di fuoco. Fuoco che non uccide ma esalta (tende ad esaltare) la ragione del cuore. Dove albergano gli ultimi sentimenti.

 

Una guerra dei mondi.

Il fuoco, nelle immagini, diventato solo colore.

Tutto brucia?

Tutto è già stato bruciato!

Tutto grida?

Tutto già stato gridato.

Tutto piange?

Tutto è già stato pianto!

“Annotazioni vere di uno spettatore anno 1991( the shock)” – Roberto Roversi

Ma ho le radici altrove e questo altrove è Campobasso ventosa, piena di neve, e di primavere con la villa de Capoa incombente nella mia vita e il Corso dove tutti ci ritrovavamo per vivere e vivere significava costruire anche la propria identità politica e sociale.

Che per me vuole dire giornate, anni vissuti in una casa che era bottega di curiosità, di cultura e di vita, anche sofferta, ma vita. La musica del pianoforte suonato giornalmente da mia madre, gli amici che arrivavano nei lunghi pomeriggi invernali per discutere di politica e di cultura mentre io mi crogiolavo al caldo della stufa e bevevo le loro parole: l’ironia del professore Carozza, la timidezza acuta e intelligente di Berto di Muzio, la vivacità di Aldo Biscardi e di Sasà Mastropaolo, la filosofia del professor Telmon. Cultura e vita mi impastavano. Mentre Amalia costruiva le trame della mia vita.☺

 

laFonteTV

laFonteTV