Due questioni epocali
14 Novembre 2019
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Due questioni epocali

Cercare la luce in fondo al tunnel in questi tempi è molto, molto difficile.

La prima delle ragioni di questo stato di cose è l’ipocrisia e la viltà di quei politicanti che hanno militarmente occupato la Politica. Politicanti che sono maestri dello schiamazzo, professionisti della manipolazione della pancia di una grande parte del popolo, profittatori delle paure e delle difficoltà sociali della gente comune. Nelle esternazioni continue di questi signori la realtà cambia di colore e perde la sua ragion d’essere. In particolare su due epocali questioni il comportamento di questi avventurieri è altamente immorale e politicamente disdicevole: le migrazioni dei “dannati della terra” e il collasso ambientale del pianeta. Per costoro l’Africa, il Medio Oriente sono solo delle espressioni geografiche, luoghi lontani dove non esiste storia, da dove partono i nuovi barbari che vogliono contaminare la nostra civiltà e partecipare del nostro benessere. Il colonialismo dei secoli passati, le guerre occidentali dei nostri anni, lo sfruttamento di materie prime che ancora oggi continua nei paesi africani, i disastri ambientali che il nostro dissennato sviluppo ha prodotto e produce nel mondo, tutto ciò per questi masanielli della politica è acqua fresca e le migliaia di morti nel Mediterraneo sono solo dei numeri, dei corpi senza identità. Nella sostanza non esistono. La ineffabile coppia Salvini-Meloni, due autentici ladri di verità, due buoni confinanti con i nazisti di Casa Pound hanno organizzato un grande raduno della destra xenofoba a Piazza del Popolo. È bene non guardare con sufficienza questi mestatori di professione che ogni giorno avvelenano i pozzi della nostra democrazia e delle nostre comunità, dietro di loro vi è una protesta reale, vi sono contraddizioni e sofferenze sociali.

Né le cose vanno meglio sull’altra grande questione dei nostri tempi: il cambiamento climatico e la crisi ambientale del pianeta. Ormai in molti, salvo Trump e i suoi cortigiani, parlano della gravissima crisi ambientale, ogni giorno assistiamo a un diluvio di parole, i nostri oceani sono pieni di tante buone intenzioni e di tanti impegni solenni. Ma la distanza fra il dire e il fare è enorme e poco o nulla cambia, e comunque troppo poco rispetto all’emergenza e all’urgenza dei problemi. Vi è una questione fondamentale sulla quale vi è silenzio, rimozione e ipocrisia. Se si vuole realmente affrontare la tragedia del cambiamento climatico non si può ignorare il ruolo centrale dell’agricoltura, vi è un nesso stringente fra agricoltura e anidride carbonica che va ben oltre l’infamia della deforestazione. In una importante conferenza scientifica della FAO del 2017 si è a lungo parlato di quel laboratorio biochimico della vita che è nei primi 70 centimetri del suolo: in quei pochi centimetri si gioca una partita decisiva per il futuro del pianeta, lì è concentrata molta più anidride carbonica di quella presente nell’atmosfera. Se questo polmone del vivente umano e non umano venisse compromesso, se il suolo fosse trasformato in un deposito chimico il danno sarebbe immenso. Di ciò non si parla. Si denuncia il comportamento irresponsabile di Bolsonaro per il disastro ambientale in Amazzonia, ma poco si dice dei milioni di tonnellate di pesticidi e di concimi chimici di sintesi che ogni anno vengono utilizzati in agricoltura. La ragione di questa doppiezza e di questa rimozione è elementare: nel primo caso si denuncia il comportamento infame di un novello dittatore latino-americano, nel secondo caso si dovrebbero chiamare in causa le gravi responsabilità dell’industria chimica, del sistema di corruzione e di potere che la sostiene. Le dieci maggiori associazioni ambientaliste del nostro paese denunciano che l’attuale bozza del PAN (piano di azione nazionale), con la quale il governo dovrebbe esprimere la sua strategia e la sua visione generale dell’agricoltura, non indica con chiarezza la necessità della riduzione sull’uso dei pesticidi e nulla decide su quell’erbicida micidiale, quale è il glifosate che è stato e sarà vietato in diversi paesi europei. La proposta del governo e della nuova Ministra dell’agricoltura non è neppure coerente con le finalità indicate con la Direttiva europea 2009/128 sull’uso “sostenibile dei pesticidi”.

La musica cambia, se noi andiamo a vedere ciò che si muove nei territori, dove in mezzo a grandi difficoltà e contraddizioni qualcosa di buono resiste e si organizza. Il 5 di settembre l’assemblea dei sindaci di tredici comuni della Tuscia che sono parte del Biodistretto della via Amerina, ha approvato una delibera, con la quale i comuni si impegnano a emettere ordinanze per vietare il glifosate e perché si abbia un uso molto restrittivo dei fitofarmaci. Non è un fatto isolato, tante cose sul confine della Politica si muovono in Italia e anche nel nostro Molise. Il problema – di ciò bisognerebbe discutere – è come superare quel confine, come occupare il cuore della Politica senza perdere l’anima. La grande questione all’ordine del giorno è come affermare una buona politica virtuosa nei comportamenti e capace di interpretare il popolo, non le corporazioni sociali e i poteri forti.☺

 

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