Elogio del papa’
1 Marzo 2014 Share

Elogio del papa’

È straordinario il mio papà Bruno con i Suoi 91 anni! Sì, ho ancora un papà dolcissimo nella sua sofferenza, ma sempre dignitoso, come quando tornava con pernici, quaglie e fagiani, presi nelle sue escursioni di caccia. È un papà che condivido lievemente ed amichevolmente con i suoi figli. Io mi ritengo, mi perdoneranno i figli, adottato già dai miei tempi giovanili quando con un suo figlio condividevo strade impervie di preghiera, studio, allegria, solitudine e travagli giovanili.

Che meraviglia, che dolcezza la sua mano che ha stretto la mia dicendomi: non lo so se ci rivedremo. Ho lasciato scorrere le lacrime e gli ho risposto ma, caro Bruno, quando verrà quel tempo, sicuramente da qualche parte ci rincontreremo. Ho accarezzato la sua fronte, ho stretto di più la sua mano ed ho assaporato quella cosa indescrivibile di chi sa e vorrebbe che la propria esistenza su questa terra si concludesse a breve perché la sua sofferenza di non poter dialogare con gli altri e gli inconvenienti della malattia gli rendono difficile il percorso di vecchiaia.

Ma lui non sa cosa può regalare a chi gli sta vicino! L’11 febbraio ha festeggiato il suo 91° anno. Impossibilitato a muoversi per la sua malattia, trascorre i suoi giorni assistito da sua moglie, dai suoi figli, nuore e nipoti. Entusiasta e felice dei suoi nipoti è apparso un po’ preoccupato del suo prossimo pronipote: Questi ragazzi non sanno aspettare. Io e mia moglie per avere i nostri, abbiamo aspettato 3 anni. Questi non aspettano, anzi anticipano, ma la vita poi diventa più impegnativa e con più responsabilità.

“Portiere” in uno di quei palazzoni di Roma, sor Bruno era una risorsa. Aveva sempre qualcosa da fare ed adesso che la malattia lo costringe a rimanere fermo, tra poltrona e letto, il cacciatore fa fatica ad accettare una condizione che accomuna molti papà che, avanti negli anni, incontrano malattia e sofferenza.

Il mio se n’è andato subito, troppo presto, corroso da una ferita alla testa inferta dalle ultime pallottole di quella guerra che ci portò a quella che chiamano Repubblica. Ho vaghi ricordi di lui, perché dopo che io sono nato, anche lui perse le sue funzioni vitali. Gli piacevano i fichi secchi e di questi anch’io sono goloso. Nel vedere papà  Bruno in condizioni simili, la memoria si è fatta triste e malinconica. Avrei voluto anch’io portarmi il piacere di assistere mio padre, ma a me piccolo di quattro anni non fu mai permesso. Invidio questa condizione, come ai tempi dei nostri studi quando io invidiavo l’allegria contagiosa e la capacità di fare festa del figlio, e lui la mia capacità organizzativa e spartana (… e se non ricordo male il nomignolo “Sparta”, fu coniato da lui). Ci confessammo le nostre invidie e diventammo grandi amici, un tesoro di cui sono orgoglioso e geloso.

Nella mia nostalgica memoria, di mio padre è rimasto solo il giorno in cui mi hanno permesso di vederlo disteso su una pietra di marmo gelida in un ospedale anonimo e freddo. No, non auguro di vedere un papà così, né di stare lontano da lui, ma di poterlo assistere con quella imperturbabile voglia di vivere, comunicare e di essere utile; con le battute, tra lo sconforto ed il disincanto, per i disagi che la malattia porta, assaporando le emozioni che il cuore regala ai viaggiatori della vita, consapevoli sempre che oltre le contraddizioni di ciascuno, accudire, assistere ed amare le persone a noi care riempie l’esistenza e l’arricchisce.

Il nostro portiere sor Bruno dello stabile de Roma, mi pare ci apra le porte a comprendere che a lui, ed a tutti noi, la malattia di un genitore assistito riempie e scalda i cuori di chi con lui ha condiviso il viaggio, a tempo determinato per tutti, in questo nostro angolo di esistenza dove con facilità facciamo della malattia un inconveniente.

Ma forse, è vero ciò che ci si racconta quando si dice che la sofferenza è una risorsa per quelli che non l’hanno incontrata o che la rimuovono. Certo, affrontata con determinata consapevolezza, come ogni attimo della nostra vita, ci permette di salire lungo quel pendio che ci porta lassù dove il cuore s’immerge nell’infinito delle emozioni e ci apre l’imperscrutabile orizzonte di un cielo fatto di stelle, nuvole tempestose ed albe che scaldano, con emozioni insostituibili, il freddo di quelle notti, comuni e conosciute ad ogni viandante della vita. Grazie papà Bruno! ☺

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