enea il migrante
17 Aprile 2010 Share

enea il migrante

 

Sono stanco, molto stanco. Finalmente in salvo, ma sento ancora i corpi dei miei compagni schiacciati l’uno contro l’altro su quella barca. Troppe le notti, troppi i giorni di navigazione; ce l’ho ancora sotto i piedi quella barca, così piccola, così fragile da non riuscire a contenerci tutti.

“Chi sei, straniero, e da dove vieni?” E’ una lingua che non mi appartiene quella che ascolto.

 Negli occhi invece le fiamme e il fumo che avvolge Troia, i volti spauriti dei bambini e degli anziani. Mi implorano di salvarli, si attaccano alle mie vesti, non riesco a camminare. La piccola mano di  Ascanio stringe la mia, sulle spalle il vecchio padre  Anchise  mi implora di abbandonarlo al suo destino e di pensare solo alla mia salvezza. Creùsa è al mio fianco, ma ogni tanto si ferma perché il fumo le impedisce di respirare. Dappertutto le urla: dei compagni che chiamano a raccolta i superstiti, dei nemici che infieriscono senza pietà. Non è tempo di indugiare, non ci si può fermare. L’unica via di scampo è il mare.

“Chi sei  straniero, e da dove vieni?” Il tono non è aggressivo, ma  di chi  vuole forse solo conoscere il mio nome. Come riuscire a farmi capire? Come dirgli che lontano da qui tanti muoiono, dilaniati dalla guerra, da odi insanabili, da lotte fratricide? Come raccontare la fine di decine di persone  durante la traversata?

Qualcuno mi porge del cibo. Finalmente! Da quanti giorni non mangio? Mi vergogno perché sono tentato di prendere solo per me quello che mi offrono; ma riaffiora il mio dovere di padre: prima il piccolo Ascanio, poi Anchise. E Creùsa? Dov’è Creùsa? Come dimenticare i suoi occhi, capaci di leggere i miei pensieri più segreti. Ad un tratto non l’ho vista più, lei così forte, sicura, capace di badare a se stessa. Mi era accanto, confortava e spronava i dubbiosi, rincuorava gli sfiduciati. Poi non l’ho più vista! Sarà stato quando entrammo nell’ombra; fu allora che io, che ignoravo che cosa fosse la paura, temetti per la prima volta, d’improvviso, ogni soffio, tremai ad ogni suono: per il vecchio che avevo sopra di me, per il bambino che tenevo per mano.

“Alzati e seguici, straniero!” Ora il tono si è fatto più perentorio, mi assale di nuovo lo sgomento e il ricordo della mia disattenzione. Forse è caduta, Creùsa, inciampando nei cadaveri dei compagni uccisi, forse si è fermata a soccorrere qualcuno. E mi volgo indietro, rifaccio i miei passi mentre tutto intorno è incendi e saccheggi. Infine mi sembra di vederla…, no, è solo un’ombra…, forse ha raggiunto gli altri al luogo convenuto. Partire, condurre in salvo tutti quegli sventurati che hanno riposto fiducia in me, che sperano di sfuggire a questo orrore. Al tempio di Cerere, dunque! Lì mi aspettano uomini e donne pronti ad affrontare il mare. Con sé solo pochi bagagli, l’indispensabile.

Dimmi, amico, dove sono? Non ottengo risposta; a gesti mi fanno cenno di seguirli e ci incamminiamo. Mi guardo attorno e non vedo mura a chiudere le città, né città, né templi arroccati;  solo campi appena dissodati, qualche palude e tanti boschi. In questa terra che pure mi accoglie voglio imparare a costruire relazioni, a risolvere conflitti, a condividere regole.

Per non essere considerato straniero.

Così il mito ci restituisce l’autenticità dell’esperienza umana, la vicenda di un uomo, profugo da Troia, e l’allontanamento forzato dalla sua terra e dagli affetti più cari: è quello che ancora oggi accade a tanti, uomini e donne, che pur di rivendicare il diritto ad una esistenza dignitosa, non esitano ad affrontare i disagi di un viaggio spesso senza speranza.

E’ vecchia quanto il mondo la storia del migrante, perché da sempre gli uomini hanno fuggito la precarietà e inseguito sicurezze. Peccato però che di questo archetipo si sia impossessato il grande burattinaio della storia, il potere globalizzato dell’epoca, commissionando al poeta Virgilio l’epopea della grandezza di Roma. Fu così che Enea, sconosciuto esule dell’epica classica, si vide prescelto per legittimare il rapporto di continuità tra la cultura greca e quella latina, designato a dare lustro alla dinastia dei Cesari, celebrato al punto tale da diventare l’emblema dell’imperialismo romano. ☺

annama.mastropietro@tiscali.it

 

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