Geologia in tavola
12 Maggio 2019
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Geologia in tavola

Il 2018 è stato l’anno del cibo e se è pur vero che una delle sue espressioni, con maggiori implicazioni per il paesaggio e l’ambiente, è quella costituita dal vino ovvero dai vigneti di provenienza, non possiamo non sottolineare che l’evidente diversità, nel Paese Italia, della produzione agricola riguarda allo stesso modo uliveti, frutteti, orti, prati, boschi, cerealicolture, l’insieme, cioè, dei molteplici paesaggi, custodi della secolare cultura alimentare italiana in cui storia e geografia si amalgamano vicendevolmente.

È, ad esempio, risaputo che il grano, prodotto alimentare per eccellenza, preferisce, quello tenero, il clima più fresco e piovoso del nord, mentre quello duro si adatta meglio agli ambienti aridi e ai terreni aventi buona ritenzione idrica, presenti al sud. Non solo, ma è possibile marcare le varietà di cereali più resistenti, meglio radicate in uno specifico territorio e più adatte al particolare microclima di quell’area ben definita ed omogenea, dal punto di vista ambientale e paesaggistico, per estrarne la sua tipica naturale espressione e riversarla nei derivati più prossimi, quali il pane e la pasta. E, ancora, se pensiamo che a determinare il valore della pasta, gli elementi caratterizzanti, dal punto di vista nutrizionale e organolettico, sono l’acqua e la ventilazione, non possiamo non restare affascinati dal notare la cura impiegata dai produttori, per la sua essiccazione, quando l’operazione avveniva in modo naturale e all’aperto. In particolare, è emblematica la scelta della posizione della via principale della città di Gragnano ovvero la direzione che meglio potesse incanalare le brezze che spiravano tra il golfo sottostante e le alture dell’abitato.

Stesso discorso vale per la birra, se si considera che l’ingrediente più importante per la sua produzione, cioè quello che ne determina in modo più netto il carattere, è il malto e quindi, il cereale da cui deriva. Se quello comunemente utilizzato continua ad essere l’orzo è pur vero che, specie per le produzioni artigianali, si va sempre più affermando il far uso di altre graminacee, comunque strettamente legate ai diversi, specifici fattori geologico-ambientali dei luoghi di provenienza. Come pure è importante la presenza del luppolo, l’ingrediente che fornisce la frazione amara del sapore della bevanda, che meglio si adatta agli ambienti freschi, umidi, non troppo ventosi, non oltre i 1.200  metri di altitudine, in suoli soffici e ben drenati. E, infine, l’acqua che, per i sali minerali disciolti e per il suo Ph, risulta fondamentale per il sapore e il colore.

Per l’olio e le olive, anche se la geografia italiana dell’ulivo è concentrata per circa il 70% al di sotto della linea ideale Bari-Napoli, i contesti che meglio evidenziano l’ interdipendenza tra il prodotto e i paesaggi in cui sono inseriti sono quelli settentrionali. Infatti, essi coincidono, ad esempio, con quei versanti collinari, originati dalla deposizione di morene glaciali, che offrono terreni sciolti e ben drenati, i cui pendii esposti a sud sono adeguatamente riscaldati e capaci di diradare presto le nebbie mattutine. Come pure, fondamentale per la creazione di condizioni microclimatiche favorevoli alla coltivazione, è la presenza dei laghi prealpini, come nel caso del lago Maggiore, tra Stresa e Arona. E, ancora, si realizzano ulteriori elementi positivi, per la produzione, là dove si frappongono catene montuose disposte in senso trasversale alle correnti fredde settentrionali, come alcuni versanti soleggiati della Valtellina o quelli protetti dall’altopiano di Asiago, del Grappa e dalle Prealpi Trevigiane. È ovviamente scontato prevedere che l’aumento delle temperature, legato ai cambiamenti del clima, avrà buon gioco nel processo di consolidamento degli impianti, sperimentali e non, degli uliveti “sub-alpini”.

Nell’Italia Centro-meridionale è generalmente la collina il palcoscenico su cui sono incastonate le piantagioni di ulivo. È in questi luoghi che si manifesta l’armonia tra i paesaggi e la consistenza dei suoli, là dove, l’olivicoltura ha contribuito, e tuttora contribuisce, a sostenere la precaria stabilità dei terreni arenaceo-argillosi su cui spesso è impiantata. Nei casi in cui a dominare la scena è la presenza di costoni e pareti subverticali, i paesaggi si arricchiscono della scenografia dei caratteristici terrazzi in essi inseriti, che il paziente, continuo e costante lavoro dell’uomo ha contribuito a plasmare nel corso di secoli.   ☺

 

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