i crediti dei dipendenti  di Pietro D’Adamo – Marianna Salemme
30 Dicembre 2011 Share

i crediti dei dipendenti di Pietro D’Adamo – Marianna Salemme

 

Il D.Lgs n. 276/2003 (riforma Biagi) contiene un articolo molto importante (art. 29) che consente ai dipendenti di una Società (appaltatrice) alla quale sono stati commissionati i lavori (opere o servizi) da altro soggetto (committente) di agire in giudizio nei confronti di quest'ultimo, al fine di recuperare le retribuzioni non pagate dal loro datore di lavoro, purché l'azione giudiziale venga avviata entro 2 anni dalla fine dell'appalto.

Il meccanismo sopra descritto, però, secondo alcuni, non è applicabile agli appalti pubblici: cioè i dipendenti di una Società che svolge lavori per un Ente pubblico (Comuni, Regioni, ASL, Province ecc.) non possono (potrebbero) attivare il procedimento citato al fine di recuperare le retribuzioni dall'Ente.

L'esclusione del regime di responsabilità solidale nel settore pubblico deriverebbe – sempre secondo la tesi accreditatasi subito dopo l'entrata in vigore del D.Lgs 276/2003 – dal carattere perentorio dell'art. 1, comma 2 del testo normativo medesimo, che non ricomprende nel suo campo di applicazione la pubblica amministrazione e il suo personale. Invero la norma di apertura del Decreto dice che l'intera riforma non si applica al pubblico impiego.

Tuttavia importantissime e recenti sentenze di alcuni Tribunali del Nord Italia sono intervenute sul tema e hanno accolto l'opposto orientamento.

Il primo intervento riguarda una decisione del Tribunale di Pavia che ha riconosciuto l'applicazione del regime di responsabilità solidale nel settore pubblico sulla base dell'art. 6, comma 1, “Legge delega” n. 30/03 (la legge con la quale il Parlamento ha delegato il Governo a legiferare in materia di riforma del mercato del lavoro e che ha consentito all'esecutivo di porre in essere il decreto legislativo in commento) nella parte in cui esclude dal campo di applicazione della nuova normativa i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e non la pubblica amministrazione come Ente istituzionale.

Secondo il giudice lombardo, se non si estendesse la responsabilità solidale nei confronti del committente pubblico si incorrerebbe in un eccesso di delega che renderebbe incostituzionale l'intero D.Lgs 276/2003.

La norma deve pertanto interpretarsi nel senso di escludere che ai rapporti di pubblico impiego possano applicarsi le forme contrattuali previste dal D.Lgs 276/2003 per i contratti di diritto privato.

Infatti, l'art. 1 comma 2, farebbe riferimento alla pubblica amministrazione come datore di lavoro (poiché l'attuazione della legge delega impone di differenziare la disciplina tra rapporti di lavoro pubblici e privati) e non alla pubblica amministrazione come Ente istituzionale, nei cui confronti opera la responsabilità solidale per i lavori conferiti nell'appalto, tant'è che i dipendenti impiegati nell'appalto hanno rapporti di lavoro facenti capo alle imprese esecutrici e non sono dipendenti del committente pubblico.

Qualora dovesse accreditarsi ulteriormente tale orientamento i lavoratori utilizzati negli appalti pubblici avrebbero un'ulteriore garanzia per i crediti vantati nei confronti del datore di lavoro, quella facente capo, anche all'Ente che ha commissionato i lavori che risponderebbe – indipendentemente dal debito che ha nei confronti dell'appaltatore (ecco il superamento dell'art. 1676 cod. civ.) – purché gli stessi agiscano entro due anni dalla fine dell'appalto ☺

marx73@virgilio.it

 

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