I tre cardinali
9 Giugno 2022
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I tre cardinali

Nella Roma festosa di Urbano VIII Barberini (1623-1667), tra le diverse esperienze religiose in contrasto con le diffuse pratiche mondane, la nobildonna Felice Zacchia Rondinini, committente stimata per intelligenza e vivacità intellettuale, aveva progettato di rendere la Chiesa dell’Immacolata Concezione ai Monti una sorta di Pantheon di famiglia, un edificio in seguito demolito nel 1873. Il complesso era un convento di vita claustrale, povero di avvenimenti esteriori, ma ricco di spiritualità e ascetismo nel quale dominava suor Francesca Farnese (1593-1651), autrice tra l’altro di rime sacre, protetta dal cardinale Francesco Barberini.

Suor Francesca era conosciuta negli ambienti spirituali romani tanto da coinvolgere anche altre figure femminili che, forti del proprio ruolo, cercavano di impegnarsi in prima persona nel reperire fondi per sostenere ricostruzioni e il mantenimento  dei loro monasteri. La marchesa Felice Zacchia aveva contribuito a finanziare personalmente il monastero dell’Immacolata ai Monti, sulla scorta di questa figura di donna “versata in ogni sorta di scienza e di costumi santissimi”. Gruppi eterogenei della nobiltà romana, sulla sua stregua, si fecero promotrici di opere pie e di luoghi di carità. In questo modo quelle “donne badesse” si guadagnarono uno spazio proprio in pieno contrasto con l’immagine passiva comunicata dal clima post-tridentino. Vissero un’esperienza religiosa speculare e opposta alle diffuse pratiche mondane del fastoso mondo ecclesiastico gravitante intorno alla corte papale del lungo pontificato di Urbano VIII.

Affascinante l’universo in cui si mossero queste nobildonne che seppero unire committenza artistica e devozione, come stare nel mondo e come liberarsene per volare verso i più  alti cieli. Tra queste opere spicca il monumento ai Tre Cardinali. Il gruppo scultoreo, di proprietà della famiglia Massimo Lancellotti, è costituito di un unico blocco di marmo bianco di Carrara di notevoli dimensioni, conservato nell’archivio di famiglia, situato nell’omonimo palazzo di piazza Navona a Roma.

La raffinata scultura opera di Domenico Guidi, identificata come il triplice ritratto dei cardinali Paolo Emilio Zacchia, Laudivio Zacchia e Paolo Emilio Rondinini, fu restaurata in sede per le difficoltà sia economiche che connesse al trasferimento. L’analisi dei restauratori ha messo in luce un sorprendente percorso della lavorazione del Guidi: una sfida dell’artista con la rigida materia del marmo, trattata virtuosamente a rendere morbidezza di incarnato, panneggio e preziose trine. Subbie, gradine e scalpelli si sono susseguiti nella resa delle forme sottolineate da visioni ottenute con unghietto. Rape e abrasivi hanno contribuito a raggiungere la levigatura del marmo su cui spiccano i fori del trapano che caratterizzano, in particolare, le geometrie delle verdure dei cuscini e delle maniche.

Domenico Guidi, allievo preferito di Alessandro Algardi, era rimasto nello studio del maestro fino alla sua morte nel 1654. Da quest’opera barocca discendono preziose ricostruzioni della storia dei costumi dell’epoca, spaziando dalla curiosa quanto diffusa compresenza di mondanità e religiosità nei personaggi coinvolti nell’opera, ad approfondimenti sull’intenso commercio del marmo dalle cave di Massa e Carrara a Roma. Lo scultore Guidi fu l’artista di fiducia della marchesa Felice Zacchia Rondinini (1593-1667) nipote, figlia e madre dei tre cardinali effigiati nel monumento. ☺

 

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