Il debito pubblico
6 Dicembre 2017
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Il debito pubblico

Quando parliamo di debito pubblico parliamo del debito della pubblica amministrazione. Ci riferiamo al governo centrale, ma anche al debito dei comuni, delle province e delle regioni, precisando che però il 95% del debito pubblico è in carico al governo. Questo gran parlare che si fa degli enti locali come motivo d’ indebitamento, è molto marginale. Oggi il debito pubblico italiano ammonta a circa 2.300 miliardi di euro, ovvero a 40 mila euro a testa.

Le cause che l’hanno formato si perdono lontano nella storia, ma l’anno che ha segnato il punto di svolta è stato il 1992: prima di quell’anno ci rendiamo conto che, effettivamente, lo Stato spendeva più di quanto non incassasse da un punto di vista del gettito tributario. Dopo il 1992, invece, notiamo che la collettività italiana è entrata in una fase di risparmio e da allora, in quasi tutti gli anni abbiamo risparmiato. Quindi questo mito che noi ci siamo indebitati perché viviamo al di sopra delle nostre possibilità, è una grande balla e tutti la ripetono. Se mettiamo a confronto il gettito fiscale e le spese che il governo fa a vantaggio dei cittadini, notiamo tutti gli anni uno scarto a volte di 20, a volte di 30 o di 40 miliardi di euro, dipende dalle annate. Il punto è che il risparmio che noi realizziamo, non basta a coprire l’intera spesa per interessi – che oscilla tra i 65 e gli 85 miliardi di euro sulla base di come si muove la speculazione – e tutti gli anni continuiamo a indebitarci per pagare la quota degli interessi che non riusciamo a coprire e che crescono come la panna montata. Non usciremo mai da questo meccanismo. Ad aumentare il nostro debito pubblico si aggiungono poi altre voci, come il salvataggio delle banche – per il quale l’anno scorso lo stato italiano ha stanziato 20 miliardi di euro – o la partecipazione dello stato italiano ai fondi europei per salvare altri stati in difficoltà, come la Grecia.

Ma perché è necessario occuparsi della questione del debito pubblico? Il debito provoca impoverimento, disuguaglianze e disoccupazione. Provoca impoverimento perché lo stato aumenta le tasse, ma la via principale attraverso la quale passa il processo di impoverimento è il taglio dei servizi. Diminuiscono tutti i servizi che offrono i comuni, i quali garantiscono non soltanto i contributi per alleviare le situazioni più difficili, ma anche servizi essenziali i cui tagli ci rendono più poveri costringendoci a spendere di più per ottenere i servizi altrove. E l’Istat, analizzando i poveri, distingue 5 milioni di persone in povertà assoluta – il 6% della popolazione che non riesce a soddisfare i bisogni fondamentali tra cui quello dell’alimentazione. Ma non solo: tra i poveri effettivi e quelli a rischio, abbiamo 20 milioni di persone – un terzo della popolazione italiana – che ruotano sulla linea di povertà. Siamo in una situazione preoccupante.

Inoltre, il debito aumenta le disuguaglianze perché è una macchina di redistribuzione alla rovescia. Prende a tutti e concentra nelle mani dei più ricchi. A loro vanno quei famosi 65-85 miliardi di euro di interessi, che corrispondono al 15% del nostro gettito tributario. Ma chi sono i creditori dello Stato? Banche, assicurazioni e fondi pensione sia esteri che italiani. Possiamo renderci conto di come la ricchezza venga distribuita in maniera iniqua in Italia anche solo concentrandoci sul patrimonio privato nazionale, con il 20% più ricco della popolazione che ha un reddito medio che è di sei volte superiore al 20% più povero e con il 10% delle famiglie che detiene il 50% della ricchezza nazionale e il 50% più povero della popolazione che si spartisce solo il 10% di ricchezza esistente. Il debito aggrava le disuguaglianze, perché pompa ricchezza dal basso verso l’alto. E questo è un grido d’allarme che lanciano tutti, a partire da istituzioni quali il Fondo monetario internazionale.

Infine, il debito provoca disoccupazione in quanto il nostro è un sistema fondato sulle vendite delle aziende, che tengono i lavoratori sulle loro linee produttrici nella misura in cui riescono a vendere i loro prodotti. I lavoratori che vengono lasciati a casa e rimangono disoccupati oscillano attualmente tra i 6 e i 7 milioni.

A questo punto, poniamoci l’ interrogativo su come sia possibile uscirne. Fino ad oggi è stata fatta passare la logica del “continuiamo a indebitarci” e del “tiriamo a campare”, ma questa strada non risolve i problemi. Innanzitutto, se qualcuno deve pagare gli interessi, devono pagarli i più forti e poi dovrebbe essere accettato che lo stato li possa congelare. E poi, se bisogna aumentare le tasse, aumentiamole ai ricchi attraverso un’imposizione progressiva. Inoltre, è necessario tamponare l’evasione fiscale, fermare la corruzione e le spese inutili come quelle militari. Oggi purtroppo le famiglie, al pari degli stati e delle aziende, se devono fare delle spese straordinarie, non hanno altri referenti se non le banche private, che fanno valere la loro forza. Il debito è uno strumento che è stato già sperimentato in America latina e in Africa ma che ora viene applicato come modello di dominazione anche in Europa e in Italia.

Dobbiamo condividere questo sapere collettivo affinché varie forze popolari possano essere messe in campo per affrontare questa lotta che si presenta come cruciale per il futuro dell’umanità. ☺

 

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