il diritto del re
24 Febbraio 2010 Share

il diritto del re

Si racconta, nelle favole democratiche, che “l’elemento essenziale di ogni ordinamento giuridico sia la presenza di regole che orientano gli associati nel loro agire e che queste nel loro insieme si chiamano norme giuridiche. Queste sono valide per l’intero corpo, ovvero: tutti sono uguali davanti alla legge”. Gli studiosi, quelli di oggi in particolare, hanno identificato anche i caratteri di tali norme: imperatività (sono un comando, un dovere che non si può disattendere); coercibilità (prevedono l’irrogazione di una sanzione laddove si eluda il dovere); generalità (riguardano sempre la totalità degli associati senza distinzione di ceto, razza, religione e quant’altro); astrattezza (rappresentano sempre un numero astratto e superano il tempo di applicazione, salvo la disapplicazione, che dovrebbe valere sempre per tutti e non per una parte o peggio per uno); novità (rappresentano ed evidenziano norme che non erano scritte prima, ma che naturalmente non possono, meglio non potrebbero, modificare, alterare o disattendere il contratto originario tra gli associati, in genere le Costituzioni); esteriorità (interven- gono cioè nella sfera esteriore, nei comportamenti reali assunti dagli individui, non nella individualità esistenziale); positività (sono poste, individuate dagli organi preposti e previsti dal contratto di connivenza, sempre, in genere, le Costituzioni); intersubbiettività (perché regolano i rapporti tra soggetti diversi e differenziati).

Naturalmente i soliti studiosi hanno identificato anche le classificazioni, la pluralità di ordinamenti… hanno setacciato, cioè, le norme per distribuirle adeguatamente sulle azioni possibili degli associati a livello costituzionale, civile, penale e amministrativo. Molto spesso, nelle Costituzioni dei paesi europei in particolare, si sono richiamati “anche” i diritti universali e simili. Per capirci basterebbe citare il ripudio della guerra come elemento di soluzione dei conflitti umani; come a dire, basta con la pistola del far west e le frecce degli indiani: ci sono altre vie per garantire l’inviolabilità della persona e dell’uomo fine e mai mezzo.

E qui sorge il nodo che non è stato risolto, ma “segue sempre l’altra via, quella del muscolo e/o del potere economico, anche se con la diplomazia”: stabiliti i diritti universali, che guarda caso non si poteva scrivere che essi valgono per alcuni e non per altri, come la mettiamo quando uno viene in casa tua e dice che è la sua? Lo mettiamo in una riserva? Chi? L’occcupante o il padrone di casa? Come la mettiamo quando uno dovesse dire che “il potere sono io” e quando altri confermano con il voto che “siamo d’accordo: il Potere è lui!”? cioè, la “novità” nel diritto, diventa l’ineccepibile tutela tecnica del Diritto per me e per i miei affari, stabilita con una legge positiva, scritta, cioè, dagli aventi diritto ad emanarla o che si sono autorizzati ad emanarla con il Diritto della forza e/o del potere economico. E se qualcuno osasse dire il contrario, fosse anche un Giudice, la Corte costituzionale, la Corte dei Diritti Universali o le varie Corti Internazionali, questi verrebbero additati come responsabili del “dagli all’untore”! Si, questo significa deriva populistica, che ha sempre spianato la strada alle dittature; ha sostenuto i regni dei Re e dei Papi; ha tacitato e manipolato le coscienze, trovando sostenitori entusiasti anche tra le chiese, che solo dopo si sono ravveduti. La storia dell’umanità è piena, zeppa di ravveduti del giorno dopo!

Le masse di sempre, eviscerate della loro identità e dignità, non più “folla selvaggia” (Kant, l’Antropologia pragmatica) e, riconvertito in termini di funzionale al potere lo stesso “agere per turbas” (Kant, annotazioni del 1785-1789 M 8043, 8044, 8046 pag. 57 “Stato di diritto e società civile” Editori Riuniti 1982), diventano la minaccia a chi osa solo ricordare che la Legge, se Legge è, in una Democrazia è sempre uguale per tutti! Avanza sottesa l’idea che “…pure un despota amministra legittimamente il Diritto e che è sacro obbligo di coscienza obbedire all’autorità che ha in mano il potere” (Gustav Hugo, Manuale di Diritto naturale 1799). Brunetta docet!

Ben venga l’insegnamento di “Costituzione e cittadinanza”, purché l’insegnamento resti libero e non “vassallizzato” e “satrapinizzato” al potente di turno o tagliato strategicamente delle sue risorse vitali; ovvero resti e sia coerente con quanto previsto nella Costituzione Repubblicana e non con quella che si vuole restaurare a colpi di maggioranza, per fortuna sempre più esigue, ma “rinforzate e legittimate” dall’assenza e omissione ingiustificabile (!) di chi doveva e dovrebbe opporsi.

“Nostra autem res pubblica non unius esset ingenio sed multorum nec una hominum vita sed aliquot constituta saeculis et aetatibus” (Cicerone, De re pubblica, II, ii): la nostra repubblica non è l’opera dell’ingegno di un solo uomo, ma di molti. Non fu creata nel corso di una vita umana, ma ci vollero secoli, tanto sangue e sacrifici… e per dirlo anche Cicerone qualche secolo fa, forse è il caso di “alzare gli scudi” ora, non domani!  ☺

polsmile@tin.it

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