Si racconta, nelle favole democratiche, che “l’elemento essenziale di ogni ordinamento giuridico sia la presenza di regole che orientano gli associati nel loro agire e che queste nel loro insieme si chiamano norme giuridiche. Queste sono valide per l’intero corpo, ovvero: tutti sono uguali davanti alla legge”. Gli studiosi, quelli di oggi in particolare, hanno identificato anche i caratteri di tali norme: imperatività (sono un comando, un dovere che non si può disattendere); coercibilità (prevedono l’irrogazione di una sanzione laddove si eluda il dovere); generalità (riguardano sempre la totalità degli associati senza distinzione di ceto, razza, religione e quant’altro); astrattezza (rappresentano sempre un numero astratto e superano il tempo di applicazione, salvo la disapplicazione, che dovrebbe valere sempre per tutti e non per una parte o peggio per uno); novità (rappresentano ed evidenziano norme che non erano scritte prima, ma che naturalmente non possono, meglio non potrebbero, modificare, alterare o disattendere il contratto originario tra gli associati, in genere le Costituzioni); esteriorità (interven- gono cioè nella sfera esteriore, nei comportamenti reali assunti dagli individui, non nella individualità esistenziale); positività (sono poste, individuate dagli organi preposti e previsti dal contratto di connivenza, sempre, in genere, le Costituzioni); intersubbiettività (perché regolano i rapporti tra soggetti diversi e differenziati).
Naturalmente i soliti studiosi hanno identificato anche le classificazioni, la pluralità di ordinamenti… hanno setacciato, cioè, le norme per distribuirle adeguatamente sulle azioni possibili degli associati a livello costituzionale, civile, penale e amministrativo. Molto spesso, nelle Costituzioni dei paesi europei in particolare, si sono richiamati “anche” i diritti universali e simili. Per capirci basterebbe citare il ripudio della guerra come elemento di soluzione dei conflitti umani; come a dire, basta con la pistola del far west e le frecce degli indiani: ci sono altre vie per garantire l’inviolabilità della persona e dell’uomo fine e mai mezzo.
E qui sorge il nodo che non è stato risolto, ma “segue sempre l’altra via, quella del muscolo e/o del potere economico, anche se con la diplomazia”: stabiliti i diritti universali, che guarda caso non si poteva scrivere che essi valgono per alcuni e non per altri, come la mettiamo quando uno viene in casa tua e dice che è la sua? Lo mettiamo in una riserva? Chi? L’occcupante o il padrone di casa? Come la mettiamo quando uno dovesse dire che “il potere sono io” e quando altri confermano con il voto che “siamo d’accordo: il Potere è lui!”? cioè, la “novità” nel diritto, diventa l’ineccepibile tutela tecnica del Diritto per me e per i miei affari, stabilita con una legge positiva, scritta, cioè, dagli aventi diritto ad emanarla o che si sono autorizzati ad emanarla con il Diritto della forza e/o del potere economico. E se qualcuno osasse dire il contrario, fosse anche un Giudice, la Corte costituzionale, la Corte dei Diritti Universali o le varie Corti Internazionali, questi verrebbero additati come responsabili del “dagli all’untore”! Si, questo significa deriva populistica, che ha sempre spianato la strada alle dittature; ha sostenuto i regni dei Re e dei Papi; ha tacitato e manipolato le coscienze, trovando sostenitori entusiasti anche tra le chiese, che solo dopo si sono ravveduti. La storia dell’umanità è piena, zeppa di ravveduti del giorno dopo!
Le masse di sempre, eviscerate della loro identità e dignità, non più “folla selvaggia” (Kant, l’Antropologia pragmatica) e, riconvertito in termini di funzionale al potere lo stesso “agere per turbas” (Kant, annotazioni del 1785-1789 M 8043, 8044, 8046 pag. 57 “Stato di diritto e società civile” Editori Riuniti 1982), diventano la minaccia a chi osa solo ricordare che la Legge, se Legge è, in una Democrazia è sempre uguale per tutti! Avanza sottesa l’idea che “…pure un despota amministra legittimamente il Diritto e che è sacro obbligo di coscienza obbedire all’autorità che ha in mano il potere” (Gustav Hugo, Manuale di Diritto naturale 1799). Brunetta docet!
Ben venga l’insegnamento di “Costituzione e cittadinanza”, purché l’insegnamento resti libero e non “vassallizzato” e “satrapinizzato” al potente di turno o tagliato strategicamente delle sue risorse vitali; ovvero resti e sia coerente con quanto previsto nella Costituzione Repubblicana e non con quella che si vuole restaurare a colpi di maggioranza, per fortuna sempre più esigue, ma “rinforzate e legittimate” dall’assenza e omissione ingiustificabile (!) di chi doveva e dovrebbe opporsi.
“Nostra autem res pubblica non unius esset ingenio sed multorum nec una hominum vita sed aliquot constituta saeculis et aetatibus” (Cicerone, De re pubblica, II, ii): la nostra repubblica non è l’opera dell’ingegno di un solo uomo, ma di molti. Non fu creata nel corso di una vita umana, ma ci vollero secoli, tanto sangue e sacrifici… e per dirlo anche Cicerone qualche secolo fa, forse è il caso di “alzare gli scudi” ora, non domani! ☺
polsmile@tin.it
Si racconta, nelle favole democratiche, che “l’elemento essenziale di ogni ordinamento giuridico sia la presenza di regole che orientano gli associati nel loro agire e che queste nel loro insieme si chiamano norme giuridiche. Queste sono valide per l’intero corpo, ovvero: tutti sono uguali davanti alla legge”. Gli studiosi, quelli di oggi in particolare, hanno identificato anche i caratteri di tali norme: imperatività (sono un comando, un dovere che non si può disattendere); coercibilità (prevedono l’irrogazione di una sanzione laddove si eluda il dovere); generalità (riguardano sempre la totalità degli associati senza distinzione di ceto, razza, religione e quant’altro); astrattezza (rappresentano sempre un numero astratto e superano il tempo di applicazione, salvo la disapplicazione, che dovrebbe valere sempre per tutti e non per una parte o peggio per uno); novità (rappresentano ed evidenziano norme che non erano scritte prima, ma che naturalmente non possono, meglio non potrebbero, modificare, alterare o disattendere il contratto originario tra gli associati, in genere le Costituzioni); esteriorità (interven- gono cioè nella sfera esteriore, nei comportamenti reali assunti dagli individui, non nella individualità esistenziale); positività (sono poste, individuate dagli organi preposti e previsti dal contratto di connivenza, sempre, in genere, le Costituzioni); intersubbiettività (perché regolano i rapporti tra soggetti diversi e differenziati).
Naturalmente i soliti studiosi hanno identificato anche le classificazioni, la pluralità di ordinamenti… hanno setacciato, cioè, le norme per distribuirle adeguatamente sulle azioni possibili degli associati a livello costituzionale, civile, penale e amministrativo. Molto spesso, nelle Costituzioni dei paesi europei in particolare, si sono richiamati “anche” i diritti universali e simili. Per capirci basterebbe citare il ripudio della guerra come elemento di soluzione dei conflitti umani; come a dire, basta con la pistola del far west e le frecce degli indiani: ci sono altre vie per garantire l’inviolabilità della persona e dell’uomo fine e mai mezzo.
E qui sorge il nodo che non è stato risolto, ma “segue sempre l’altra via, quella del muscolo e/o del potere economico, anche se con la diplomazia”: stabiliti i diritti universali, che guarda caso non si poteva scrivere che essi valgono per alcuni e non per altri, come la mettiamo quando uno viene in casa tua e dice che è la sua? Lo mettiamo in una riserva? Chi? L’occcupante o il padrone di casa? Come la mettiamo quando uno dovesse dire che “il potere sono io” e quando altri confermano con il voto che “siamo d’accordo: il Potere è lui!”? cioè, la “novità” nel diritto, diventa l’ineccepibile tutela tecnica del Diritto per me e per i miei affari, stabilita con una legge positiva, scritta, cioè, dagli aventi diritto ad emanarla o che si sono autorizzati ad emanarla con il Diritto della forza e/o del potere economico. E se qualcuno osasse dire il contrario, fosse anche un Giudice, la Corte costituzionale, la Corte dei Diritti Universali o le varie Corti Internazionali, questi verrebbero additati come responsabili del “dagli all’untore”! Si, questo significa deriva populistica, che ha sempre spianato la strada alle dittature; ha sostenuto i regni dei Re e dei Papi; ha tacitato e manipolato le coscienze, trovando sostenitori entusiasti anche tra le chiese, che solo dopo si sono ravveduti. La storia dell’umanità è piena, zeppa di ravveduti del giorno dopo!
Le masse di sempre, eviscerate della loro identità e dignità, non più “folla selvaggia” (Kant, l’Antropologia pragmatica) e, riconvertito in termini di funzionale al potere lo stesso “agere per turbas” (Kant, annotazioni del 1785-1789 M 8043, 8044, 8046 pag. 57 “Stato di diritto e società civile” Editori Riuniti 1982), diventano la minaccia a chi osa solo ricordare che la Legge, se Legge è, in una Democrazia è sempre uguale per tutti! Avanza sottesa l’idea che “…pure un despota amministra legittimamente il Diritto e che è sacro obbligo di coscienza obbedire all’autorità che ha in mano il potere” (Gustav Hugo, Manuale di Diritto naturale 1799). Brunetta docet!
Ben venga l’insegnamento di “Costituzione e cittadinanza”, purché l’insegnamento resti libero e non “vassallizzato” e “satrapinizzato” al potente di turno o tagliato strategicamente delle sue risorse vitali; ovvero resti e sia coerente con quanto previsto nella Costituzione Repubblicana e non con quella che si vuole restaurare a colpi di maggioranza, per fortuna sempre più esigue, ma “rinforzate e legittimate” dall’assenza e omissione ingiustificabile (!) di chi doveva e dovrebbe opporsi.
“Nostra autem res pubblica non unius esset ingenio sed multorum nec una hominum vita sed aliquot constituta saeculis et aetatibus” (Cicerone, De re pubblica, II, ii): la nostra repubblica non è l’opera dell’ingegno di un solo uomo, ma di molti. Non fu creata nel corso di una vita umana, ma ci vollero secoli, tanto sangue e sacrifici… e per dirlo anche Cicerone qualche secolo fa, forse è il caso di “alzare gli scudi” ora, non domani! ☺
Si racconta, nelle favole democratiche, che “l’elemento essenziale di ogni ordinamento giuridico sia la presenza di regole che orientano gli associati nel loro agire e che queste nel loro insieme si chiamano norme giuridiche. Queste sono valide per l’intero corpo, ovvero: tutti sono uguali davanti alla legge”. Gli studiosi, quelli di oggi in particolare, hanno identificato anche i caratteri di tali norme: imperatività (sono un comando, un dovere che non si può disattendere); coercibilità (prevedono l’irrogazione di una sanzione laddove si eluda il dovere); generalità (riguardano sempre la totalità degli associati senza distinzione di ceto, razza, religione e quant’altro); astrattezza (rappresentano sempre un numero astratto e superano il tempo di applicazione, salvo la disapplicazione, che dovrebbe valere sempre per tutti e non per una parte o peggio per uno); novità (rappresentano ed evidenziano norme che non erano scritte prima, ma che naturalmente non possono, meglio non potrebbero, modificare, alterare o disattendere il contratto originario tra gli associati, in genere le Costituzioni); esteriorità (interven- gono cioè nella sfera esteriore, nei comportamenti reali assunti dagli individui, non nella individualità esistenziale); positività (sono poste, individuate dagli organi preposti e previsti dal contratto di connivenza, sempre, in genere, le Costituzioni); intersubbiettività (perché regolano i rapporti tra soggetti diversi e differenziati).
Naturalmente i soliti studiosi hanno identificato anche le classificazioni, la pluralità di ordinamenti… hanno setacciato, cioè, le norme per distribuirle adeguatamente sulle azioni possibili degli associati a livello costituzionale, civile, penale e amministrativo. Molto spesso, nelle Costituzioni dei paesi europei in particolare, si sono richiamati “anche” i diritti universali e simili. Per capirci basterebbe citare il ripudio della guerra come elemento di soluzione dei conflitti umani; come a dire, basta con la pistola del far west e le frecce degli indiani: ci sono altre vie per garantire l’inviolabilità della persona e dell’uomo fine e mai mezzo.
E qui sorge il nodo che non è stato risolto, ma “segue sempre l’altra via, quella del muscolo e/o del potere economico, anche se con la diplomazia”: stabiliti i diritti universali, che guarda caso non si poteva scrivere che essi valgono per alcuni e non per altri, come la mettiamo quando uno viene in casa tua e dice che è la sua? Lo mettiamo in una riserva? Chi? L’occcupante o il padrone di casa? Come la mettiamo quando uno dovesse dire che “il potere sono io” e quando altri confermano con il voto che “siamo d’accordo: il Potere è lui!”? cioè, la “novità” nel diritto, diventa l’ineccepibile tutela tecnica del Diritto per me e per i miei affari, stabilita con una legge positiva, scritta, cioè, dagli aventi diritto ad emanarla o che si sono autorizzati ad emanarla con il Diritto della forza e/o del potere economico. E se qualcuno osasse dire il contrario, fosse anche un Giudice, la Corte costituzionale, la Corte dei Diritti Universali o le varie Corti Internazionali, questi verrebbero additati come responsabili del “dagli all’untore”! Si, questo significa deriva populistica, che ha sempre spianato la strada alle dittature; ha sostenuto i regni dei Re e dei Papi; ha tacitato e manipolato le coscienze, trovando sostenitori entusiasti anche tra le chiese, che solo dopo si sono ravveduti. La storia dell’umanità è piena, zeppa di ravveduti del giorno dopo!
Le masse di sempre, eviscerate della loro identità e dignità, non più “folla selvaggia” (Kant, l’Antropologia pragmatica) e, riconvertito in termini di funzionale al potere lo stesso “agere per turbas” (Kant, annotazioni del 1785-1789 M 8043, 8044, 8046 pag. 57 “Stato di diritto e società civile” Editori Riuniti 1982), diventano la minaccia a chi osa solo ricordare che la Legge, se Legge è, in una Democrazia è sempre uguale per tutti! Avanza sottesa l’idea che “…pure un despota amministra legittimamente il Diritto e che è sacro obbligo di coscienza obbedire all’autorità che ha in mano il potere” (Gustav Hugo, Manuale di Diritto naturale 1799). Brunetta docet!
Ben venga l’insegnamento di “Costituzione e cittadinanza”, purché l’insegnamento resti libero e non “vassallizzato” e “satrapinizzato” al potente di turno o tagliato strategicamente delle sue risorse vitali; ovvero resti e sia coerente con quanto previsto nella Costituzione Repubblicana e non con quella che si vuole restaurare a colpi di maggioranza, per fortuna sempre più esigue, ma “rinforzate e legittimate” dall’assenza e omissione ingiustificabile (!) di chi doveva e dovrebbe opporsi.
“Nostra autem res pubblica non unius esset ingenio sed multorum nec una hominum vita sed aliquot constituta saeculis et aetatibus” (Cicerone, De re pubblica, II, ii): la nostra repubblica non è l’opera dell’ingegno di un solo uomo, ma di molti. Non fu creata nel corso di una vita umana, ma ci vollero secoli, tanto sangue e sacrifici… e per dirlo anche Cicerone qualche secolo fa, forse è il caso di “alzare gli scudi” ora, non domani! ☺
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