senza fare usura
14 Aprile 2010 Share

senza fare usura

 

Il denaro ha un ruolo importante nella Scrittura e persino Gesù ne parla, usandolo come esempio nelle parabole, oppure quando commenta l’obolo della vedova. Il Dio della bibbia non è alieno dalla terra, non insegna a sfuggire le tentazioni del mondo o le sue illusioni, ma piuttosto interpella su come l’uomo sta al mondo, su come fa uso di quanto la creazione o il suo ingegno gli mette a disposizione. L’uomo è chiamato innanzitutto a condividere con il povero una parte di quanto possiede e ciò a titolo assolutamente gratuito: in questo tipo di condivisione troviamo ad esempio l’elemosina, che è un modo per restituire i beni a Dio, attraverso i suoi luogotenenti sulla terra (i poveri), oppure la colletta che Paolo fa tra le sue comunità per quella di Gerusalemme, giustificandola con il fatto che essi hanno donato il vangelo, per cui hanno diritto a ricevere un sostegno materiale in un momento di difficoltà (Rm 15,26-27).

Ma accanto a questa forma di transazione la Scrittura non ignora né proibisce il prestito, che tuttavia non deve innescare l’usura. Il testo più antico, a questo proposito, è quello di Es 22,24, all’interno del codice dell’alleanza: “Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovrete imporgli alcun interesse”. Questo comando viene ripreso anche nelle riscrittura di questo codice, in Dt 23,20-21 e Lv 25,35-37, come a dire che il problema in Israele era tutt’altro che scomparso, se c’è stato bisogno di conservare una tale norma. È vero, tuttavia, che successivamente, soprattutto quando gli ebrei hanno dovuto lottare per mantenere l’identità, giungendo a un forte senso di solidarietà interna, questa legge è stata molto seguita, in quanto essa proibisce l’usura verso i membri del popolo, ma non verso i non ebrei. La lettura cristiana dell’Antico Testamento ha fatto il resto: siccome i cristiani erano soggetti alle stesse norme bibliche, la commercializzazione del denaro è stata lasciata a un gruppo “esterno”, cioè gli ebrei. In tal senso la norma è stata creata per contenere il male ma, usata alla lettera, non ha fatto altro che farlo dilagare. Nel momento in cui le strutture preposte alla gestione del denaro (le banche) si sono staccate dal retroterra religioso, diventando sempre più laiche, si è avviato quel processo che ha portato alla situazione attuale, in cui l’economia è sostanzialmente basata sul debito, sui prestiti e soprattutto sugli interessi esorbitanti dei prestiti. La situazione economica attuale è quindi la diretta discendente di una cattiva interpretazione della Scrittura, usata per lo più dai potenti come giustificazione del loro operato. E così si parla, oltre che di indebitamento privato, anche di debito pubblico e di debito internazionale, cosicché anche chi non avesse mai fatto una cambiale o chiesto un prestito, si ritrova fin dalla nascita con un debito consistente sulle spalle.

La differenza, poi, tra l’usura e gli interessi bancari è solo quella che passa tra legale e illegale, ma la filosofia è assolutamente identica e spesso gli stessi agenti legali fanno da tramite per l’illegalità. Ovviamente se il debito dei paesi poveri è creato dalle politiche di organismi internazionali (come il fondo monetario o la banca mondiale) di cui le grandi e “giuste” democrazie occidentali fanno parte e che hanno tutto l’interesse (è il caso di dirlo) a far indebitare paesi ricchi di risorse naturali, non ci si può attendere che a livello interno siano attente a non favorire l’usura sia legale che illegale. Di fronte a questa crescita esponenziale dei debiti, favorita dall’invito al consumismo, con lo specchietto per le allodole della rateizzazione, e la bella ultima invenzione delle finanziarie, ogni tipo di reazione sembra sproporzionatamente inadeguata. Tuttavia alcuni sentieri (non autostrade!) sono percorribili da parte di chi anche nell’economia e nella finanza vuole agire da discepolo di Gesù e da difensore del debole: innanzitutto creare delle aree di economia virtuosa, attraverso la creazione di banche a carattere etico, l’incentivazione del microcredito, la creazione di fondi di solidarietà. Tutto questo sta già avvenendo grazie all’impegno di molti, anche all’interno delle chiese.

Accanto a questo è necessario ancora una volta creare una cultura alternativa, che smascheri la falsa bontà dei consumi, e sottolinei il primato dei valori non commerciabili: è l’utopia della religione biblica che, nonostante la reiterazione dell’usura, non si stanca di ripresentare l’istanza etica. Ma soprattutto è necessaria la denuncia e la chiarezza nel ribadire che non ci può essere mai un connubio tra la fede e l’immoralità economica, tra Dio e mammona, anche a costo di diventare antieconomici per il sistema. Concludo con le parole del Salmo 15: “Signore chi salirà il santo monte?…Chi presta denaro senza fare usura”. Se è giusto difendere la vita al suo nascere e al suo tramonto, è altrettanto giusto un impegno chiaro per quella parte della vita (cioè la parte assolutamente più importante) che sta tra la nascita e la morte. I cristiani e le chiese in questo senso, devono ricordare il prosieguo del salmo: “Non accetta doni contro l’innocente”. Se, in nome dei privilegi accordati a chi tace di fronte all’ingiusti- zia, chiudiamo gli occhi, siamo automaticamente esclusi dalla presenza di Dio, anche se ci illudiamo di averlo dalla nostra parte entrando nei nostri templi sontuosi, che non sono altro che un monumento al nostro egoismo. ☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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