Nei secoli XII-XIV l’Europa conosce profonde trasformazioni sia economiche che sociali. Superata la società feudale, emergono nuove classi sociali, commercianti e banchieri.
Gli umanisti italiani usarono il termine gotico come sinonimo di barbarico, per distinguerlo dal romanico, poiché proveniente dalle regioni d’oltralpe.
In pittura si assiste allo sviluppo dei dipinti su tavola. La committenza è adesso anche da parte di nobili e ricchi borghesi. Il clero invece commissiona dipinti su tavola, detti pale d’altare, o se costituiti da più tavole polittici. Il polittico è la forma tipica della pittura gotica; ogni scomparto è generalmente definito da un arco acuto, che può essere trilobato e poggiante su colonnine esili.
Tutto richiama all’architettura.
La costruzione di grandi cattedrali impegna per diversi secoli intere generazioni di scalpellini, maestri vetrai, muratori e carpentieri che seguendo il Magister raggiungono una sorprendente praticità perfino nel trovare soluzioni quali l’innalzamento del materiale ad altezze vertiginose. L’architettura si snellisce e dal romanico si evolve verso spazi di ampio respiro in altezza, dove la luce assume un ruolo fondamentale. L’arco acuto conferisce all’edificio lo slancio e le navate sono sorrette dall’esterno da archi rampanti, soluzione nuova per la stabilità della costruzione. Le cattedrali francesi di Rouen, Bourges, Chartres sono alcuni esempi dello splendore e dell’effetto decorativo delle linee che s’innalzano possenti nei pinnacoli, nelle torri campanarie e guglie. I portali strombati, santi e profeti scolpiti in ordine frontale, hanno la funzione di accompagnare il credente alla visione della realtà celeste espressa all’interno dalla luce filtrata dalle vetrate dai colori di fantastica bellezza.
Il bestiario dei gocciolatoi, animali mitologici, grifoni e demoni avevano funzione di richiamare a non lasciarsi sedurre dalla tentazione del maligno, che nella cultura popolare è fortemente presente. Le pareti degli edifici si rivestono dei cicli di storie dell’Antico e Nuovo Testamento, abbandonando l’arte musiva per optare per l’affresco. Così la lettura visiva della Sacra Scrittura si imprime più come fatto immaginario che come conoscenza letterale, riservata al clero, monaci ed eruditi.
Un esempio di Gotico Molisano
La Cattedrale di Larino, sorta su un edificio preesistente, nel borgo medievale, presenta una pianta asimmetrica imposta da costruzioni anteriori e forse per inserirsi nel tessuto urbano. È divisa in tre navate da pilastri che reggono altrettanti archi a sesto acuto, cinque sulla destra e quattro sulla sinistra. La navata centrale è coperta da capriate, le due laterali da volte a crociera. La facciata, obliqua rispetto alla fabbrica, ha il prospetto orizzontale scandito in due zone: quella inferiore con l’unico ricchissimo portale strombato con timpano, quella superiore con al centro un rosone con tredici colonnine a raggi e ai lati due bifore. Il possente campanile, situato a destra, si erge su arco ogivale. Le parti decorative si trovano prevalentemente nella facciata, motivi floreali a spirali e intrecci, si susseguono nel portale, nelle bifore e nel rosone; sul portale leoni e grifi, teste e animali fantastici. La lunetta ospita la scena della crocifissione. All’interno, spoglio, si possono notare tracce di affreschi del tardo trecento.
La Cripta dell’Annunziata di Jelsi
Se Assisi, Padova, Roma e Napoli hanno la testimonianza del genio di Giotto e della sua scuola, possiamo con fondatezza attribuire le opere della cripta dell’Annunziata di Jelsi (1363) all’incontro di tale Maestro con la bottega giottesca. È illuminante lo studio di Franco Valente (“Le pitture del Maestro della cripta di Jelsi”, in AA.VV. Jelsi, storia e tradizioni di una comunità, Foggia 2005) che, partendo da una citazione del Vasari circa la permanenza di Giotto a Napoli presso il complesso monastico di S. Chiara, cita pitture ad affresco sulla vita di Cristo ispirate al Nuovo Testamento: con verità si può ipotizzare che il Maestro della cripta di Jelsi viene dall’esperienza napoletana della bottega del Cavallini e di Giotto. L’impianto compositivo è riducibile al ciclo di affreschi dedicati alla vita di Cristo nella Cappella degli Scrovegni in Padova.
Analizzando i personaggi e i paesaggi notiamo delle analogie. Pur nelle dimensioni ridotte, nelle posture dei corpi e acconciature dei capelli dei riquadri della visitazione e presentazione al tempio, e della coronazione di spine, ricorre il panneggio morbido pur sempre ampio. Esaminando i singoli volti, il Maestro di Jelsi è rimasto attratto dalle innovazioni giottesche nel voler realizzare le scene quasi per esaltare l’elemento dinamico del racconto. Le quadrature decorative sono ispirate alle pitture delle grandi basiliche napoletane.
Intorno alla metà del XIII sec. con il sorgere dei movimenti laicali e l’espandersi degli Ordini Mendicanti si assiste ad una cultura nuova, che tenta di attrarre alle opere di solidarietà evangelica la nuova borghesia e le corporazioni delle arti.
La chiesa di S. Pietro in Vincoli di S. Angelo in Grotte (IS) racchiude una modesta cripta, situata sotto il pavimento, nella quale si ammira un raro esempio di ciclo completo di affreschi dedicato alle sette Opere di Misericordia (cfr. F.Valente, Le opere di misericordia nella cripta di S. Angelo in Grotte). Nulla sappiamo della committenza del ciclo, sebbene la tematica faccia supporre il contributo di una Confraternita. Unica rappresentazione del genere nel XIII sec., la cappella sotterranea non ha funzione funeraria, ma di oratorio per la presenza di un altare di ridotte dimensioni. La parete che avvolge, con una volta a sesto ribassato, è riquadrata da cornici che accolgono finte lastre di marmo con intarsi multicolori. La fascia mediana è occupata dalla serie delle sette opere di misericordia corporali, partendo dal piccolo altare lungo la parete destra per finire sulla sinistra con l’immagine dell’astro radioso dal volto umano. Il Maestro della cripta di S. Angelo in Grotte si avvale certamente della provenienza formativa di botteghe giottesche.☺
Nei secoli XII-XIV l’Europa conosce profonde trasformazioni sia economiche che sociali. Superata la società feudale, emergono nuove classi sociali, commercianti e banchieri.
Gli umanisti italiani usarono il termine gotico come sinonimo di barbarico, per distinguerlo dal romanico, poiché proveniente dalle regioni d’oltralpe.
In pittura si assiste allo sviluppo dei dipinti su tavola. La committenza è adesso anche da parte di nobili e ricchi borghesi. Il clero invece commissiona dipinti su tavola, detti pale d’altare, o se costituiti da più tavole polittici. Il polittico è la forma tipica della pittura gotica; ogni scomparto è generalmente definito da un arco acuto, che può essere trilobato e poggiante su colonnine esili.
Tutto richiama all’architettura.
La costruzione di grandi cattedrali impegna per diversi secoli intere generazioni di scalpellini, maestri vetrai, muratori e carpentieri che seguendo il Magister raggiungono una sorprendente praticità perfino nel trovare soluzioni quali l’innalzamento del materiale ad altezze vertiginose. L’architettura si snellisce e dal romanico si evolve verso spazi di ampio respiro in altezza, dove la luce assume un ruolo fondamentale. L’arco acuto conferisce all’edificio lo slancio e le navate sono sorrette dall’esterno da archi rampanti, soluzione nuova per la stabilità della costruzione. Le cattedrali francesi di Rouen, Bourges, Chartres sono alcuni esempi dello splendore e dell’effetto decorativo delle linee che s’innalzano possenti nei pinnacoli, nelle torri campanarie e guglie. I portali strombati, santi e profeti scolpiti in ordine frontale, hanno la funzione di accompagnare il credente alla visione della realtà celeste espressa all’interno dalla luce filtrata dalle vetrate dai colori di fantastica bellezza.
Il bestiario dei gocciolatoi, animali mitologici, grifoni e demoni avevano funzione di richiamare a non lasciarsi sedurre dalla tentazione del maligno, che nella cultura popolare è fortemente presente. Le pareti degli edifici si rivestono dei cicli di storie dell’Antico e Nuovo Testamento, abbandonando l’arte musiva per optare per l’affresco. Così la lettura visiva della Sacra Scrittura si imprime più come fatto immaginario che come conoscenza letterale, riservata al clero, monaci ed eruditi.
Un esempio di Gotico Molisano
La Cattedrale di Larino, sorta su un edificio preesistente, nel borgo medievale, presenta una pianta asimmetrica imposta da costruzioni anteriori e forse per inserirsi nel tessuto urbano. È divisa in tre navate da pilastri che reggono altrettanti archi a sesto acuto, cinque sulla destra e quattro sulla sinistra. La navata centrale è coperta da capriate, le due laterali da volte a crociera. La facciata, obliqua rispetto alla fabbrica, ha il prospetto orizzontale scandito in due zone: quella inferiore con l’unico ricchissimo portale strombato con timpano, quella superiore con al centro un rosone con tredici colonnine a raggi e ai lati due bifore. Il possente campanile, situato a destra, si erge su arco ogivale. Le parti decorative si trovano prevalentemente nella facciata, motivi floreali a spirali e intrecci, si susseguono nel portale, nelle bifore e nel rosone; sul portale leoni e grifi, teste e animali fantastici. La lunetta ospita la scena della crocifissione. All’interno, spoglio, si possono notare tracce di affreschi del tardo trecento.
La Cripta dell’Annunziata di Jelsi
Se Assisi, Padova, Roma e Napoli hanno la testimonianza del genio di Giotto e della sua scuola, possiamo con fondatezza attribuire le opere della cripta dell’Annunziata di Jelsi (1363) all’incontro di tale Maestro con la bottega giottesca. È illuminante lo studio di Franco Valente (“Le pitture del Maestro della cripta di Jelsi”, in AA.VV. Jelsi, storia e tradizioni di una comunità, Foggia 2005) che, partendo da una citazione del Vasari circa la permanenza di Giotto a Napoli presso il complesso monastico di S. Chiara, cita pitture ad affresco sulla vita di Cristo ispirate al Nuovo Testamento: con verità si può ipotizzare che il Maestro della cripta di Jelsi viene dall’esperienza napoletana della bottega del Cavallini e di Giotto. L’impianto compositivo è riducibile al ciclo di affreschi dedicati alla vita di Cristo nella Cappella degli Scrovegni in Padova.
Analizzando i personaggi e i paesaggi notiamo delle analogie. Pur nelle dimensioni ridotte, nelle posture dei corpi e acconciature dei capelli dei riquadri della visitazione e presentazione al tempio, e della coronazione di spine, ricorre il panneggio morbido pur sempre ampio. Esaminando i singoli volti, il Maestro di Jelsi è rimasto attratto dalle innovazioni giottesche nel voler realizzare le scene quasi per esaltare l’elemento dinamico del racconto. Le quadrature decorative sono ispirate alle pitture delle grandi basiliche napoletane.
Intorno alla metà del XIII sec. con il sorgere dei movimenti laicali e l’espandersi degli Ordini Mendicanti si assiste ad una cultura nuova, che tenta di attrarre alle opere di solidarietà evangelica la nuova borghesia e le corporazioni delle arti.
La chiesa di S. Pietro in Vincoli di S. Angelo in Grotte (IS) racchiude una modesta cripta, situata sotto il pavimento, nella quale si ammira un raro esempio di ciclo completo di affreschi dedicato alle sette Opere di Misericordia (cfr. F.Valente, Le opere di misericordia nella cripta di S. Angelo in Grotte). Nulla sappiamo della committenza del ciclo, sebbene la tematica faccia supporre il contributo di una Confraternita. Unica rappresentazione del genere nel XIII sec., la cappella sotterranea non ha funzione funeraria, ma di oratorio per la presenza di un altare di ridotte dimensioni. La parete che avvolge, con una volta a sesto ribassato, è riquadrata da cornici che accolgono finte lastre di marmo con intarsi multicolori. La fascia mediana è occupata dalla serie delle sette opere di misericordia corporali, partendo dal piccolo altare lungo la parete destra per finire sulla sinistra con l’immagine dell’astro radioso dal volto umano. Il Maestro della cripta di S. Angelo in Grotte si avvale certamente della provenienza formativa di botteghe giottesche.☺
Nei secoli XII-XIV l’Europa conosce profonde trasformazioni sia economiche che sociali. Superata la società feudale, emergono nuove classi sociali, commercianti e banchieri.
Gli umanisti italiani usarono il termine gotico come sinonimo di barbarico, per distinguerlo dal romanico, poiché proveniente dalle regioni d’oltralpe.
In pittura si assiste allo sviluppo dei dipinti su tavola. La committenza è adesso anche da parte di nobili e ricchi borghesi. Il clero invece commissiona dipinti su tavola, detti pale d’altare, o se costituiti da più tavole polittici. Il polittico è la forma tipica della pittura gotica; ogni scomparto è generalmente definito da un arco acuto, che può essere trilobato e poggiante su colonnine esili.
Tutto richiama all’architettura.
La costruzione di grandi cattedrali impegna per diversi secoli intere generazioni di scalpellini, maestri vetrai, muratori e carpentieri che seguendo il Magister raggiungono una sorprendente praticità perfino nel trovare soluzioni quali l’innalzamento del materiale ad altezze vertiginose. L’architettura si snellisce e dal romanico si evolve verso spazi di ampio respiro in altezza, dove la luce assume un ruolo fondamentale. L’arco acuto conferisce all’edificio lo slancio e le navate sono sorrette dall’esterno da archi rampanti, soluzione nuova per la stabilità della costruzione. Le cattedrali francesi di Rouen, Bourges, Chartres sono alcuni esempi dello splendore e dell’effetto decorativo delle linee che s’innalzano possenti nei pinnacoli, nelle torri campanarie e guglie. I portali strombati, santi e profeti scolpiti in ordine frontale, hanno la funzione di accompagnare il credente alla visione della realtà celeste espressa all’interno dalla luce filtrata dalle vetrate dai colori di fantastica bellezza.
Il bestiario dei gocciolatoi, animali mitologici, grifoni e demoni avevano funzione di richiamare a non lasciarsi sedurre dalla tentazione del maligno, che nella cultura popolare è fortemente presente. Le pareti degli edifici si rivestono dei cicli di storie dell’Antico e Nuovo Testamento, abbandonando l’arte musiva per optare per l’affresco. Così la lettura visiva della Sacra Scrittura si imprime più come fatto immaginario che come conoscenza letterale, riservata al clero, monaci ed eruditi.
Un esempio di Gotico Molisano
La Cattedrale di Larino, sorta su un edificio preesistente, nel borgo medievale, presenta una pianta asimmetrica imposta da costruzioni anteriori e forse per inserirsi nel tessuto urbano. È divisa in tre navate da pilastri che reggono altrettanti archi a sesto acuto, cinque sulla destra e quattro sulla sinistra. La navata centrale è coperta da capriate, le due laterali da volte a crociera. La facciata, obliqua rispetto alla fabbrica, ha il prospetto orizzontale scandito in due zone: quella inferiore con l’unico ricchissimo portale strombato con timpano, quella superiore con al centro un rosone con tredici colonnine a raggi e ai lati due bifore. Il possente campanile, situato a destra, si erge su arco ogivale. Le parti decorative si trovano prevalentemente nella facciata, motivi floreali a spirali e intrecci, si susseguono nel portale, nelle bifore e nel rosone; sul portale leoni e grifi, teste e animali fantastici. La lunetta ospita la scena della crocifissione. All’interno, spoglio, si possono notare tracce di affreschi del tardo trecento.
La Cripta dell’Annunziata di Jelsi
Se Assisi, Padova, Roma e Napoli hanno la testimonianza del genio di Giotto e della sua scuola, possiamo con fondatezza attribuire le opere della cripta dell’Annunziata di Jelsi (1363) all’incontro di tale Maestro con la bottega giottesca. È illuminante lo studio di Franco Valente (“Le pitture del Maestro della cripta di Jelsi”, in AA.VV. Jelsi, storia e tradizioni di una comunità, Foggia 2005) che, partendo da una citazione del Vasari circa la permanenza di Giotto a Napoli presso il complesso monastico di S. Chiara, cita pitture ad affresco sulla vita di Cristo ispirate al Nuovo Testamento: con verità si può ipotizzare che il Maestro della cripta di Jelsi viene dall’esperienza napoletana della bottega del Cavallini e di Giotto. L’impianto compositivo è riducibile al ciclo di affreschi dedicati alla vita di Cristo nella Cappella degli Scrovegni in Padova.
Analizzando i personaggi e i paesaggi notiamo delle analogie. Pur nelle dimensioni ridotte, nelle posture dei corpi e acconciature dei capelli dei riquadri della visitazione e presentazione al tempio, e della coronazione di spine, ricorre il panneggio morbido pur sempre ampio. Esaminando i singoli volti, il Maestro di Jelsi è rimasto attratto dalle innovazioni giottesche nel voler realizzare le scene quasi per esaltare l’elemento dinamico del racconto. Le quadrature decorative sono ispirate alle pitture delle grandi basiliche napoletane.
Intorno alla metà del XIII sec. con il sorgere dei movimenti laicali e l’espandersi degli Ordini Mendicanti si assiste ad una cultura nuova, che tenta di attrarre alle opere di solidarietà evangelica la nuova borghesia e le corporazioni delle arti.
La chiesa di S. Pietro in Vincoli di S. Angelo in Grotte (IS) racchiude una modesta cripta, situata sotto il pavimento, nella quale si ammira un raro esempio di ciclo completo di affreschi dedicato alle sette Opere di Misericordia (cfr. F.Valente, Le opere di misericordia nella cripta di S. Angelo in Grotte). Nulla sappiamo della committenza del ciclo, sebbene la tematica faccia supporre il contributo di una Confraternita. Unica rappresentazione del genere nel XIII sec., la cappella sotterranea non ha funzione funeraria, ma di oratorio per la presenza di un altare di ridotte dimensioni. La parete che avvolge, con una volta a sesto ribassato, è riquadrata da cornici che accolgono finte lastre di marmo con intarsi multicolori. La fascia mediana è occupata dalla serie delle sette opere di misericordia corporali, partendo dal piccolo altare lungo la parete destra per finire sulla sinistra con l’immagine dell’astro radioso dal volto umano. Il Maestro della cripta di S. Angelo in Grotte si avvale certamente della provenienza formativa di botteghe giottesche.☺
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